§ 95. — L’enfiteusi secondo
il Codice.
Quanto al contratto di enfiteusi abbiamo già
accennato come in Sicilia, se non in tutta Italia, potrebbe essere opportuno di
limitare l’assoluta affrancabilità delle enfiteusi, col permettere che le parti
possano convenire la non affrancabilità per un termine di dicasi 30 o 40 anni
dal giorno della primitiva costituzione dell’enfiteusi, come pure la
stipulazione che per lo stesso termine o per altro minore l’enfiteuta non possa
cedere ad altri il suo diritto senza il consenso del domino diretto. In questo modo,
senza derogare a quelle ragioni d’interesse pubblico che consigliano a togliere
quanto più è possibile i vincoli feudali alla libera proprietà della terra,
potrebbesi evitare in parte l’attuale danno di veder abbandonata affatto dai
proprietari una forma di contratto che già è stata cagione del maggior bene che
abbia avuto l’economia agricola in Sicilia, e che potrebbe ancora arrecare
tanti beneficii in avvenire per la coltura più intensiva di vaste zone ora
quasi incolte, per la diffusione delle case nella campagna, e per il
miglioramento della condizione economica e sociale di quella popolazione
agricola. Il costituire ora un’enfiteusi a basso canone sopra un fondo incolto
equivale ad una vendita di quel fondo a bassissimo prezzo, poichè qualunque capitalista
può per pochi soldi acquistare dall’enfiteuta il suo diritto, e quindi
affrancare il fondo.
Per evitare pure le presenti arti usate dai
domini diretti per riprendersi a buon mercato i fondi già concessi in
enfiteusi, anderebbe modificato il secondo alinea dell’art. 1566 del Codice, in
cui si prescrive che nel caso di devoluzione avvenuta per colpa dell’enfiteuta,
il compenso dovuto a questi per i miglioramenti fatti nel fondo si debba
computare nella minor somma tra lo speso ed il migliorato al tempo del rilascio
del fondo. Questa disposizione avvantaggia ingiustamente il domino diretto,
poichè spesso le spese che si possono computare per un miglioramento fatto sono
minime di fronte al profitto positivo che se ne può ricavare: così per un
oliveto già cresciuto, le spese che si possono calcolare per la piantagione son
ben lontane dal rappresentare l’aumentato valore della proprietà. Il compenso
pei miglioramenti dovrebbe sempre calcolarsi sul valore dei miglioramenti
stessi, o tutto al più si potrebbe ammettere il disposto del secondo alinea
dell’art. 1566, colla limitazione «e purchè la somma dello speso non sia minore
dei quattro quinti del valore dei miglioramenti, chè in questo caso il compenso
sarà dovuto fino alla concorrenza dei quattro quinti di questo valore».
Opportuna ci parrebbe pure una disposizione di legge che limitasse a soli tre
anni il termine della prescrizione di ogni credito di canone d’enfiteusi non
stato regolarmente reclamato dal domino diretto.
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