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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo I.   L’AZIONE DELLO STATO
        • § 96. — Disposizioni limitatrici della libertà di contrattare.
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§ 96. — Disposizioni limitatrici della libertà di contrattare.

Esaminate così alcune piccole riforme che si potrebbero facilmente introdurre nella nostra legislazione, e che diciamo piccole non perchè le crediamo poco importanti, ma perchè non potrebbero sollevare alcuna questione di principii, giacchè non importano alcuna maggiore limitazione alla libertà dei contratti, dobbiamo ora accennare a varie proposte state fatte di provvedimenti più radicali, con cui in qualche modo il legislatore a nome dell’interesse pubblico verrebbe a limitare di più la libera disposizione, il jus abutendi se non quello utendi, della proprietà privata del suolo, o la libertà delle contrattazioni.

Nessuno contesta il diritto nel legislatore di introdurre tali limitazioni, e non vi è titolo del Codice che già non ne contenga, come per esempio quando si vieta il patto di non affrancabilità delle enfiteusi, oppure si annulla nel contratto di soccida qualunque convenzione per cui il conduttore abbia nella perdita una parte più grande del guadagno, ecc. La sola questione che si possa fare è sulla opportunità, sull’utilità pratica e sull’efficacia di tali disposizioni limitative. E portata la questione in questo campo, non vi è elemento di fatto nelle condizioni generali di un paese, che non abbia valore per determinare se e in quanto il legislatore debba nell’interesse generale limitare con speciali provvedimenti la libertà delle contrattazioni private relative alla coltivazione del suolo. Ciò ben intendono gl’Inglesi, ai quali non reca alcuna maraviglia, che una legge decretata per l’Irlanda a nome della giustizia e dell’equità, non venga estesa pure all’Inghilterra, per la sola ragione che questa si trova in condizioni di fatto diverse; e ciò benchè i mali dell’Irlanda dipendessero in gran parte da quella stessa legislazione economica che vige tuttora in Inghilterra. E questo non intendono generalmente gl’Italiani, ai quali sembra che l’unità politica debba necessariamente condurre ad una presunzione juris et de jure che i bisogni e i mali economici e sociali delle diverse provincie siano identici, e debbano curarsi cogli identici rimedi. I nostri legislatori potrebbero in ciò spesso rassomigliarsi a un medico, che chiamato in una famiglia a curare uno dei membri di essa, e accorgendosi che l’ammalato ha bisogno di un salasso, si credesse in dovere, per non rallentare i legami di famiglia, di cavare qualche oncia di sangue a tutti quanti di casa. Ma veniamo all’esame delle singole riforme state proposte da vari scrittori. Diremo soltanto delle principali, e nell’ordine seguente: della proibizione della coltura delle risaie; dell’imposizione per legge di determinate forme di contratto agricolo, sia di fitto, sia di mezzadria; della dichiarazione per legge del diritto del coltivatore al compenso per i miglioramenti da esso introdotti nel fondo; dei provvedimenti speciali da adottarsi per l’attuazione delle riforme.

 

 




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