§ 105. — Emigrazione.
Diremo
ora soltanto che ogni impedimento che lo Stato opponga alla libera emigrazione
dal Regno, equivale a un ingiustificato intervento a danno del lavoro, nella
lotta — giusta finchè pacifica — fra esso e il capitale. Riteniamo perciò come
atto altamente lodevole il ritiro, recentemente avvenuto per fatto del
Ministero di Sinistra, della circolare Lanza del 18 gennaio 1873, la quale
esigeva dagli emigranti la prova — che essi abbiano i mezzi, oltrechè per fare
il viaggio, anche per provvedere alla propria sussistenza durante il tempo
che può presumersi necessario e non breve per trovar lavoro nel luogo ove
intendono recarsi, e che presentino persona solvente la quale si obblighi per
iscritto a pagare, occorrendo, il viaggio di ritorno285; e ciò pel
caso che essi avessero ad essere rimpatriati a spese dei Consolati italiani. Si
esigeva insomma dall’emigrante che provasse di possedere un capitale, la
mancanza del quale è il motivo principale per cui emigra! Gli effetti di quella
disposizione erano stati in primo luogo di rovinare il nostro nascente
commercio di trasporti marittimi a cui toglieva tutta la emigrazione svizzera e
della Germania del Sud, e di più di ricacciare i contadini nella casa da cui li
cacciò la miseria e la disperazione, oppure di spingerli all’emigrazione
clandestina. E gli emigranti clandestini che s’imbarcano nei porti di Francia,
vanno incontro a ogni inganno e ad ogni sopruso, ignoranti come sono della
lingua del paese e timorosi di reclamare presso i Consoli italiani perchè sanno
di aver violato le patrie leggi. Stivati a centinaia nei bastimenti a vela, si
fan loro soffrire la fame ed ogni più crudele patimento; e per colmo di
sciagura vengono spesso sbarcati nell’America del Nord, mentre era stato
pattuito di trasportarli a Buenos Ayres, o in qualche altro porto dell’America
del Sud. Quell’intervento dello Stato nostro nell’emigrazione era una vera
iniquità, e violava uno dei diritti più preziosi del libero
cittadino286.
Si faccia, sì, una legge di tutela per gli
emigranti, ma una legge di vera tutela, e non una legge restrittiva
dell’emigrazione. Lo Stato intervenga pure, e a nome dell’umanità, con
provvedimenti intesi a impedire gl’inganni e i soprusi cui vanno soggetti i
nostri poveri emigranti per opera degl’incettatori, delle agenzie, dei capitani
di veliere, e anche dei Governi di oltremare; e vi aggiunga consigli e
informazioni; e tuteli nelle lontane spiaggie i nostri connazionali; e, ove
voglia che la nostra emigrazione rechi il maggior utile al paese, provveda pure
colonie italiane a cui dirigere la corrente degli emigranti. Questi sono
interventi dello Stato che nessuno troverà ingiusti, nè contrari ai precetti
dell’Economia politica.
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