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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo II.   L’AZIONE DEI PROPRIETARI
        • § 107. — Azione dei proprietari.
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Capitolo II.

 

L’AZIONE DEI PROPRIETARI

 

 

 

§ 107. — Azione dei proprietari.

Entrando ora nel campo di azione riservato all’iniziativa individuale, cominceremo dal rivolgerci ai proprietari. Essi forse avranno l’animo alquanto irritato contro di noi, per qualche verità detta loro troppo crudamente in queste pagine; ma non temiamo che una tale irritazione possa indurre mai coloro che sentono nobilmente a chiudere volontariamente gli occhi alle sciagure che li attorniano, o far sì che essi non pesino con imparzialità ogni consiglio e ogni proposta che miri a togliere o a diminuire quei mali.

Chi cresce in mezzo a un ambiente di oppressione e di dolori è troppo incline a considerare quelle condizioni come una fatalità ineluttabile; e se di animo sensibile, sfugge talvolta quei contatti che l’addolorano, oppure rivolge tutta la sua energia a lenire particolari sofferenze individuali, senza sognare alla possibilità di una cura più radicale e più energica delle malattie sociali, intesa a prevenire il male, anzichè ad alleviarlo. Agli animi miti, fiacchi, che sentono vivo l’amor proprio, e a cui non bastando l’approvazione della propria coscienza, riesce quasi di necessità la lode dei compagni; a tali nature che pullulano ora nel nostro paese, ripugna di farla da novatori, di lanciarsi in vie nuove e spinose, in cui dovrebbero perseverare in mezzo a mille disgusti, a difficoltà finanziarie, e andando incontro per giunta al biasimo di tutti quelli che li circondano.

Non è a questi che ci rivolgiamo; ma invece a quei proprietari, e ve ne sono in Sicilia come altrove, che deplorando i mali bramano di adoperarsi con tutte le loro forze per apporvi un rimedio; e pei quali basta che venga loro additato dove sta veramente la piaga, e quali sono i mezzi più atti per guarirla, perchè non esitino un momento a esporre e riputazione e averi per la causa dell’umanità. Noi non parleremo loro, come è moda oggigiorno, in nome del solo tornaconto individuale; non diremo che le riforme da introdursi debbano necessariamente accrescere le loro rendite, che basti sempre di cercare il proprio vantaggio, perchè ne risulti il vantaggio di tutti. Ciò potrebbe esser vero in parte, e in parte no. È il falso supposto che il loro tornaconto personale armonizzi sempre necessariamente, fatalmente, coll’interesse sociale, che ha spinto tante nature generose ed energiche ad occuparsi esclusivamente in agricoltura della questione della produzione, senza darsi pensiero delle forme di distribuzione della ricchezza prodotta. Invochiamo l’istinto della socievolezza, e non quello dell’egoismo; ed è nel nome del dovere, che spesso implica il sagrifizio, che supplichiamo i proprietari di occuparsi della condizione dei loro contadini, e non per far loro la carità, ma per regolare i propri rapporti con essi in modo che di carità non ci sia bisogno fuorchè in via eccezionale e straordinaria. E siccome la legge morale è la legge sociale, osiamo predire, senza pretenderla a profeti, che se questo faranno, ne verrà gran bene al paese, e se no, tutti ne soffriranno, gli oppressori come gli oppressi. Ma torniamo alle forme umili del nostro ragionamento.

 

 




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