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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo III.   MEZZI D’AZIONE DEI CONTADINI
        • § 105) quale ci pare essere l’ufficio dello Stato e il limite della giusta sua ingerenza di fronte all’emigrazione. Quanto poi alla questione se questa giovi o no alla condizione dei contadini in Italia, già dall’anno scorso avemmo occasione di dichiararci in tèsi generale per l’affermativa.
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§ 105) quale ci pare essere l’ufficio dello Stato e il limite della giusta sua ingerenza di fronte all’emigrazione. Quanto poi alla questione se questa giovi o no alla condizione dei contadini in Italia, già dall’anno scorso313 avemmo occasione di dichiararci in tèsi generale per l’affermativa.

In alcuni punti della Basilicata, e del Novarese, nell’alto Comasco, e nel Varesotto, l’emigrazione dei contadini ha già contribuito sensibilmente ad elevare le condizioni della classe agricola; e in queste due ultime regioni a creare una classe numerosa di contadini proprietari.

Nella Valtellina poi l’emigrazione dei contadini ha prodotto una vera rivoluzione sociale. Dalla bella Memoria del Jacini: Sulle condizioni economiche della provincia di Sondrio, scritta nel 1858, si può rilevare a quali tristissime condizioni era ridotta quella regione per l’azione di varie cause, e specialmente per l’imposizione del nuovo censo austriaco, e per la crittogama che aveva rovinato i vitigni. Tutta la classe dei proprietari, che prima viveva di rendita, era rovinata, e i contadini morivano letteralmente di fame. Cominciò allora, per le relazioni di alcuni Valtellinesi con degli Svizzeri, l’emigrazione dei contadini per l’Australia, ed andò poi progressivamente aumentando. Arrivati in Australia quei contadini vivevano sobriamente, e accumulavano in pochi anni qualche migliaio di lire: allora tornavano in patria, e pagavano i loro debiti, restituendo i denari che avevan presi in prestito per poter emigrare. Quindi ripartivano per l’Australia, e riunito di nuovo un piccolo capitale, se ne ritornavano nuovamente in Valtellina, dove compravano le terre che vendevano i proprietari rovinati. Dapprima i prezzi delle terre erano bassi, ma sono sempre andati crescendo: i contadini però badano poco al prezzo, e siccome si prefiggono di lavorare sul proprio, non distinguono nei profitti sperati il salario dal frutto dei capitali, onde impiegano volentieri i loro denari anche all’uno per cento. Si è così formata una classe molto numerosa di contadini proprietari, e la Valtellina sotto questo riguardo somiglia ora in gran parte a un cantone della Svizzera. È accaduta insomma in pochi anni una liquidazione generale, che mediante l’emigrazione oltremare ha salvato quella provincia da una crisi funestissima.

I fatti recenti dell’emigrazione dal Mantovano e dal basso Veronese hanno fatto gridare a molti: — che lo Stato deve provvedere; che convien esigere delle garanzie dagli agenti di emigrazione, e d’altra parte informare gli emigranti di tutti i pericoli e i guai cui vanno incontro; e che società private debbono pure formarsi per meglio tutelarli e dirigerli. — Tutte queste sono cose buone e sante, ma vorremmo che qualcuno si occupasse pure della condizione di quegli infelici nella loro patria, e studiasse le cause che li muovono ad andar incontro a tanti pericoli, e a tanti patimenti. La condizione del contadino del basso Mantovano e del basso Veronese, è delle più infelici; è indegna di esseri umani: — che meraviglia dunque se egli presta l’orecchio ad ogni voce lusinghiera che gli parla di paesi lontani, in cui lavorando potrà guadagnarsi da vivere decentemente, e se va dietro ad ogni più ingannevole miraggio! E quegli uomini egregi che domandano tanti provvedimenti per parte dell’autorità, perchè non vigilano essi a far meglio rispettare le disposizioni dei regolamenti provinciali sulle risaie, a costituire società, a promuovere pubblicazioni che abbiano per iscopo e per obietto di svergognare quei proprietari e quegli affittuari delle più ricche terre d’Italia, che permettono che i coltivatori di esse dormano in abitazioni di fronte alle quali sono palazzi le stalle e perfino i porcili delle loro fattorie? —

Finora in tutta la bassa vallata del Po si osservava come i contadini benchè infelici non emigrassero314, e questo fatto veniva addotto a prova che essi erano contenti della loro sorte, e che quella sorte non poteva quindi essere tanto infelice; mentre invece esso altro non dimostra, senonchè lo stato di abiezione e di abbrutimento a cui è ridotta quella povera gente. Ora comincia il movimento nel Mantovano, e Dio voglia che si estenda a tutta la Valle del Po, e in proporzioni tali da costringere i nostri profondi politici a lasciare per un momento le bizantine questioni di organizzazione dei partiti nella Camera, per rivolgere la loro attenzione a quelle che riguardano la salute morale e fisica di milioni di Italiani; e da obbligare i proprietari piemontesi, lombardi e veneti ad occuparsi attivamente della sorte dei loro contadini, quand’anche perciò dovesse apparire qualche equipaggio elegante di meno in Piazza d’Arme o sui bastioni di Porta Nuova, o qualche palco rimanesse chiuso al Teatro della Scala.

 

Emigrazioni periodiche.

Oltre le emigrazioni permanenti, vi hanno le numerose emigrazioni periodiche, anche al di dei confini del Regno, le quali arrecano tanto giovamento alle popolazioni di parecchie provincie dell’Alta Italia, e specialmente agli abitanti delle Alpi e delle prealpi. La sola provincia di Udine contava nel 1872 circa 22,000 persone le quali andavano a lavorare durante l’estate all’estero per poi tornare a passar l’inverno presso le loro famiglie, che nutrivano coi risparmi guadagnati fuori. Nella provincia di Belluno l’emigrazione periodica per l’estero sommava in quello stesso anno a circa 10,000 individui; in quella di Como a più di 5000, di Torino a circa 7000, di Bergamo a circa 2000315. Se il Governo volesse in qualunque modo inceppare l’emigrazione, come potrebbe distinguere quella periodica e di breve durata da quella a lungo termine o permanente? E inceppando la prima ridurrebbe alla disperazione una numerosa popolazione che vi trova regolarmente i mezzi di sussistenza, e toglierebbe allo Stato una larga fonte di ricchezza.

Come apprezzamento generale sull’emigrazione dei contadini italiani, ci contentiamo di riportare il giudizio che ne una mente acuta, spassionata e temperata come quella dell’Ellena316. Egli così scrive: «Guardando particolarmente all’Italia, l’emigrazione può esser considerata con favore, anche per un altro rispetto. Abbiamo avvertito che le relazioni tra i proprietari di terre ed i fittaiuoli da una parte, e i lavoratori dall’altra, sono stabilite talvolta in maniera poco umana e non senza ragione s’invocano leggi che, a somiglianza di quelle adottate per l’Irlanda, allontanino i pericoli che da questa condizione di cose possono scaturire. Ma quando udiamo i proprietari di terre lagnarsi della mancanza di braccia cagionata dall’emigrazione e alcune rappresentanze (le Camere di commercio di Catanzaro e di Foggia ad esempio) chiedere che si impedisca l’emigrazione, noi intravediamo in essa la possibile risoluzione di un problema gravissimo. E ci pare che, se i proprietari cominceranno a temer davvero di perdere i servi della gleba, si indurranno a mostrarsi più generosi». Ed altrove317: «Del resto quel pubblico che forma la sua opinione con la lettura dei giornali, non bada che alle sciagure dell’emigrazione di cui si ingemmano i Fatti diversi; ma raramente pondera se sian l’eccezione o la regola. Invece le classi che forniscono più largo contingente all’emigrazione si fondano, quando non sono sedotte da disonesti agenti d’emigrazione, sulle notizie personali degli emigrati e, diciamolo pure, sono meglio informate».

 

 




313 Vedi: lettera al giornale La Nazione nel del 13 aprile 1875.



314 Nel 1870 non fuvvi emigrazione alcuna dalla provincia di Mantova, nel 1871 non sorpassò le 214 persone, e nel 1872 scese a una cinquantina. Vedi: Leone Carpi, Delle Colonie e dell’Emigrazione d’Italiani all’estero. Milano, 1874, pagg. 18 e 31, e quadro A in fondo al primo volume.



315 Vedi per alcuni curiosi particolari su tali emigrazioni periodiche: L. Bodio, L’Italia Economica nel 1873. Roma, 1873, a pagina 656 in nota.



316 Vedi: Dell’Emigrazione e delle sue leggi, nell’Archivio di Statistica. Roma, 1876, anno I, fasc. a pag. 42.



317 Vedi loc. cit., pag. 32.






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