§ 8. — L’autorità pubblica.
Tutto questo accade nell’interno
e nelle vicinanze di una gran città. Non siamo in tempo di rivoluzione, niun
cataclisma sta sconvolgendo la società. La gente gira tranquillamente per le
strade, va ai propri affari o ai propri piaceri; chi si guarda d’intorno vede
pur lo stemma d’Italia sulle porte di Corti di Giustizia e di uffizi di
polizia. Osserva che per le strade della città sono guardie di pubblica
sicurezza e carabinieri; in campagna vede carabinieri e truppa, molta truppa;
pattuglie in perlustrazione per tutte le vie. Sente nominare il Prefetto in
ufficio, ne sente discutere i meriti e paragonarli a quelli dei suoi sedici o
diciassette predecessori venuti in Palermo dal ’61 in poi. Sono gli stessi in
Sicilia come nel Continente d’Italia quegli ordinamenti giudiziari ed
amministrativi che devono assicurare l’applicazione delle leggi; sono le stesse
le leggi, e qualificano per delitti quei fatti, che qui sono pure il fondamento
della vita sociale. Ma per prevenire i delitti, per punirli, per mantenere
l’ordine e l’osservanza delle leggi di ogni specie, la polizia, la
magistratura, l’autorità pubblica insomma, ha bisogno di querele, di denuncie,
di testimonianze, del verdetto dei giurati, ha bisogno quasi ad ogni passo
della cooperazione dei cittadini.
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