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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE         Capitolo I. CONDIZIONI GENERALI
      • I. PALERMO E I SUOI DINTORNI
        • § 12. — Inefficacia e danni del sistema degli arbitrii illegali.
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§ 12. — Inefficacia e danni del sistema degli arbitrii illegali.

È inviato in Palermo un rappresentante del Governo munito dei poteri più estesi sulle forze militari di tutta l’Isola e sull’amministrazione civile della provincia di Palermo, con mandato di fare ogni sforzo per ristabilire l’ordine. Giunge pieno di buona volontà e di desiderio di conseguire il fine prefissogli. Giunto, si guarda intorno, cerca chi possa dargli informazioni, aiutarlo a conoscere le cagioni dei disordini e scuoprirne gli autori, a reprimere gli uni e punire gli altri. Negli uffici governativi, trova ignoranza completa di ciò che egli ha bisogno di conoscere. Nel paese invece, trova organizzazioni potenti che fanno a gara nell’offrirgli di servirlo colla loro profonda cognizione delle condizioni locali nei loro più reconditi particolari e coi loro mezzi di azione pronti e sicuri, senza sembrar di chiedergli altro compenso che l’onore di servirlo. Trova una quantità innumerevole di gente dedita al sangue, pronta ad uccidere per chiunque la paghi. Trova esempi antichi e recenti di repressioni operate da agenti del Governo, ma più somiglianti ad assassinii che a punizioni. In siffatta condizione di cose, è portato, per così dire, fatalmente, ad appoggiarsi sulla sola forza che trovi vicino a ; riprende le tradizioni non mai del tutto interrotte, del governo Borbonico, permette che si arruolino malandrini nella forza armata governativa, mette loro addosso la divisa, apre loro gli ufficii di pubblica sicurezza; lascia che le amministrazioni locali, e tutti gli organismi pubblici vengano in potere delle persone influenti da cui riceve appoggio.

Messasi in mano a siffatto istrumento, l’autorità governativa si trovò colla sua ignoranza delle circostanze locali, coll’impotenza che ne derivava, di fronte a quella camarilla cui essa stessa aveva fornite armi e che aveva rivestita della propria autorità. E così diventarono nemici pubblici i nemici di questa, interessi pubblici i suoi interessi, e mezzi di governo i mezzi che sono soliti adoperare in Sicilia cotali leghe di persone.

E allora si vide il malandrinaggio stipendiato dal Governo assumere, per così dire, a cottimo l’impresa di assassinare i malviventi non patentati, ed assassinarli ogniqualvolta non si alleasse con loro e non dividesse il provento dei loro delitti. Si videro uomini vestiti di divisa ufficiale commetter delitti per conto proprio, i rappresentanti del Governo costretti a non esaminare tanto da vicino i modi di procedere di istrumenti così pericolosi, e ridotti a chiudere gli occhi sui loro misfatti più orrendi, a coprirli colla autorità del Governo italiano.

Queste mostruosità finirono per essere palesate all’Italia intera, e malgrado i rancori personali, le ire e gl’interessi di partito, che da ogni lato, e da ogni parte della Camera concorsero a scemare l’efficacia della verità, l’effetto fu tale che seguì una trasformazione nell’indirizzo del sistema di governo della Sicilia.

Furono mandati nuovi uomini a regger l’Isola, si principiò a depurare il personale dipendente dal Ministero dell’interno. Si cercò di tornare il più possibile nella legalità e di usare quegli arbitrii soli che le leggi o le loro interpretazioni permettessero: l’ammonizione cioè dei sospetti e il loro invio a domicilio coatto.

 

 




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