§ 20. — Potenza dei
briganti e dei malfattori in genere.
Se non manca ai signori
residenti in provincia l’apparato esterno della forza, manifestato da un numero
più o meno grande di campieri armati, addetti alla guardia dei loro
fondi e delle loro persone quando vanno in campagna, si scorge quanto poco la
realtà risponda alle apparenze appena si venga a discorrere con loro del
brigantaggio; e ciò avviene spesso, perchè nell’interno della Sicilia,
qualunque conversazione lasciata andare per la sua china dopo pochi minuti cade
quasi inevitabilmente in tale soggetto. A questo fan capo tutti i discorsi che
hanno relazione cogl’interessi e colle condizioni dell’Isola; l’argomento
sempre presente, sempre stringente s’impone alle menti.
E intorno a questo si sentono i
racconti e i giudizi più strani e più incredibili. Sarebbe difficile esprimere
la sorpresa che prova una persona avvezza ad altre condizioni sociali,
nell’assistere alle relazioni regolari che, nelle provincie siciliane infestate
dai malfattori, corrono fra la popolazione e l’infinita varietà di facinorosi
che, sotto il nome di briganti, di malandrini, di mafiosi, esercitano in
vari modi l’industria del delitto. Diverse nella forma e nel fine a seconda
delle circostanze, secondo che i malfattori sono più o meno temuti; amichevoli
od ostili, queste relazioni sono continue. Si direbbe quasi che il brigantaggio
è, in quella condizione di società, un’istituzione regolare e riconosciuta, più
o meno volentieri secondo i casi, ma sempre ammessa e tenuta in conto.
Si sente soprattutto parlare di
briganti. Pure il numero dei briganti propriamente detti, di fronte a quello
dei facinorosi d’ogni specie, è minimo; nei momenti dove più fiorisce il
brigantaggio, i capi banda sono tutt’al più cinque o sei in tutta l’Isola. Le
loro comitive stabili, più o meno numerose secondo i tempi e le circostanze,
non lo sono mai molto. Pure la loro azione si combina in un modo così
inestricabile con quella degli altri malfattori di ogni qualità che il
distinguerle è impossibile. Il piccolo numero delle bande brigantesche vere e
proprie può essere cagione che sia efficace un modo di repressione, piuttosto
che un altro. Per il rimanente, parlare di briganti, di malandrini, di mafiosi
è tutt’uno; con questa sola distinzione, che dove i malfattori sono riuniti
intorno ad un capo famoso, sono più temuti e più potenti.
Nella sterminata solitudine
della campagna siciliana i veri padroni sono i malfattori. Stanno a loro
discrezione i grandi armenti che vagano pascolando, l’estate su pei monti,
l’inverno nelle colline basse e nei piani delle marine, le mèssi mature, le
vigne, i mandorli, le case e le ville perse in mezzo al deserto. Basta uno di
loro con un mazzo di fiammiferi per distruggere la ricchezza di un uliveto
prodotta da secoli. Appartengono a loro la vita e le sostanze dei viandanti che
si avventurano isolati per i sentieri e per le strade maestre. Montati su
cavalli che non son loro, armati di schioppi e di revolver che non han
comprati, giran da signori per i monti e per le valli, per i colli e per le
pianure. Se si fermano a una masserìa, a un feudo, s’aprono per loro tutte le
porte; il fittaiuolo, il fattore, tutti gl’impiegati si affrettano intorno a
loro; la cantina, la dispensa, la scuderia sono messe a loro disposizione.
Nelle parti dove sono soliti passare, conoscono tutti e sono da tutti
conosciuti; non v’è proprietario il quale si occupi dei suoi fondi, che non
pratichi con loro. Abbisognano di armi, di munizioni? non hanno che da
chiederne. Fu trovato accanto al cadavere di un brigante ucciso un fucile di
prezzo comprato pubblicamente in una delle città dell’Isola da un ricco
proprietario. I più bei cavalli sono a loro disposizione. Il proprietario G....
escito in campagna a cavallo s’imbatte in un brigante, il quale gli viene
incontro, lo saluta rispettosamente, poi gli chiede il cavallo che monta.
Dietro l’osservazione che l’essere il proprietario costretto a tornare in paese
a piedi sarebbe considerato dai suoi parenti, amici e aderenti come un insulto,
ed esporrebbe il brigante al loro odio e alla loro vendetta, questo si lascia
persuadere, e riman convenuto che avrà il cavallo più tardi. Poi, invita il
proprietario a entrare in una vicina casa di campagna, dove questo trova i
principali capi banda della contrada a tavola; è ricevuto con ogni modo di
cortesia, invitato a bere; beve, si trattiene a chiacchiera, e per dimostrare
che non prova diffidenza, si leva il revolver di fianco e lo regala a uno di
loro. Pochi giorni dopo il cavallo fu mandato in pastura e sparì. Hanno bisogno
di denari? Scrivono una lettera a qualche persona facoltosa, ed è ben difficile
che s’incontri chi sia tanto ardito da rifiutare. Trovano, dove vogliono,
amici, alleati, ricettatori, spie. Nessuno ambisce la gloria pericolosa di
rifiutare la proficua alleanza; i malfattori quando abbiano saputo farsi
temere, han libera la scelta degli amici. I proprietari, i fittaiuoli, i
fattori, tutti gl’impiegati delle aziende agricole sono per la forza delle cose
complici e ricettatori dei briganti. Del resto, per avere ovunque intelligenze
nelle campagne i malfattori non hanno bisogno di ricorrere all’aiuto di
estranei. I proprietari sanno che il miglior modo di garantire il più che sia
possibile i loro fondi dai danni del brigantaggio è di affidarli alla custodia
di campieri che siano stati un po’ briganti anch’essi, o che abbiano
almeno qualche omicidio sulla coscienza, e facciano parte di quella gran lega
che, senza regole, senza statuti, senza concerto preventivo, pure unisce al
bisogno tutti i facinorosi d’ogni specie.
Il regno dei malfattori non si limita alle campagne. Senza
parlare delle continue ed intime relazioni che hanno con Palermo molti fra i
facinorosi delle provincie, non sono pochi quelli che abitano nei paesi,
esercitano la loro industria e dentro l’abitato, e fuori. Sono in continua
relazione coi briganti e i malandrini che scorazzano all’aperto, dànno loro
aiuto coll’opera e colle informazioni, e ne ricevono a vicenda. Gli uni e gli
altri approfittano delle informazioni e degli aiuti di quei benestanti, che nei
paesi sono complici dei malfattori e soci nei loro guadagni. I malfattori della
campagna trovano sicuro ricovero ed ospitalità così nei paesi dell’interno come
in mezzo alla folla ed alla confusione di Palermo, ed il fatto non è nuovo di
briganti, che abbiano abitato per mesi una casa in mezzo a un grosso borgo,
senza che l’autorità ne sapesse nulla. In ogni paese trovano notizie sui
movimenti dei proprietari contro i quali meditano un ricatto, trovano
incettatori di cose e di persone. Una persona sequestrata fu una volta
ritrovata in una casa nel centro di un capoluogo di circondario. Ognuno in
Sicilia si rammenta ancora come nel 1865 un’accozzaglia di briganti di mestiere
e d’occasione di vari paesi, capitanata dal brigante Pugliese, eccitata,
informata e guidata da un benestante del paese stesso, entrò di notte sparando
fucilate in San Giovanni di Cammarata, contornò una casa, ne forzò l’ingresso,
la saccheggiò, ne torturò il vecchio padrone per ottener rivelazione dei denari
che potesse tener nascosti, e se ne andò dopo tre ore senza essere seriamente
molestata18.
|