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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE         Capitolo I. CONDIZIONI GENERALI
      • II. LE PROVINCE INFESTATE DAI MALFATTORI
        • § 20. — Potenza dei briganti e dei malfattori in genere.
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§ 20. — Potenza dei briganti e dei malfattori in genere.

Se non manca ai signori residenti in provincia l’apparato esterno della forza, manifestato da un numero più o meno grande di campieri armati, addetti alla guardia dei loro fondi e delle loro persone quando vanno in campagna, si scorge quanto poco la realtà risponda alle apparenze appena si venga a discorrere con loro del brigantaggio; e ciò avviene spesso, perchè nell’interno della Sicilia, qualunque conversazione lasciata andare per la sua china dopo pochi minuti cade quasi inevitabilmente in tale soggetto. A questo fan capo tutti i discorsi che hanno relazione coglinteressi e colle condizioni dell’Isola; l’argomento sempre presente, sempre stringente s’impone alle menti.

E intorno a questo si sentono i racconti e i giudizi più strani e più incredibili. Sarebbe difficile esprimere la sorpresa che prova una persona avvezza ad altre condizioni sociali, nell’assistere alle relazioni regolari che, nelle provincie siciliane infestate dai malfattori, corrono fra la popolazione e l’infinita varietà di facinorosi che, sotto il nome di briganti, di malandrini, di mafiosi, esercitano in vari modi l’industria del delitto. Diverse nella forma e nel fine a seconda delle circostanze, secondo che i malfattori sono più o meno temuti; amichevoli od ostili, queste relazioni sono continue. Si direbbe quasi che il brigantaggio è, in quella condizione di società, un’istituzione regolare e riconosciuta, più o meno volentieri secondo i casi, ma sempre ammessa e tenuta in conto.

Si sente soprattutto parlare di briganti. Pure il numero dei briganti propriamente detti, di fronte a quello dei facinorosi d’ogni specie, è minimo; nei momenti dove più fiorisce il brigantaggio, i capi banda sono tutt’al più cinque o sei in tutta l’Isola. Le loro comitive stabili, più o meno numerose secondo i tempi e le circostanze, non lo sono mai molto. Pure la loro azione si combina in un modo così inestricabile con quella degli altri malfattori di ogni qualità che il distinguerle è impossibile. Il piccolo numero delle bande brigantesche vere e proprie può essere cagione che sia efficace un modo di repressione, piuttosto che un altro. Per il rimanente, parlare di briganti, di malandrini, di mafiosi è tutt’uno; con questa sola distinzione, che dove i malfattori sono riuniti intorno ad un capo famoso, sono più temuti e più potenti.

Nella sterminata solitudine della campagna siciliana i veri padroni sono i malfattori. Stanno a loro discrezione i grandi armenti che vagano pascolando, l’estate su pei monti, l’inverno nelle colline basse e nei piani delle marine, le mèssi mature, le vigne, i mandorli, le case e le ville perse in mezzo al deserto. Basta uno di loro con un mazzo di fiammiferi per distruggere la ricchezza di un uliveto prodotta da secoli. Appartengono a loro la vita e le sostanze dei viandanti che si avventurano isolati per i sentieri e per le strade maestre. Montati su cavalli che non son loro, armati di schioppi e di revolver che non han comprati, giran da signori per i monti e per le valli, per i colli e per le pianure. Se si fermano a una masserìa, a un feudo, s’aprono per loro tutte le porte; il fittaiuolo, il fattore, tutti gl’impiegati si affrettano intorno a loro; la cantina, la dispensa, la scuderia sono messe a loro disposizione. Nelle parti dove sono soliti passare, conoscono tutti e sono da tutti conosciuti; non v’è proprietario il quale si occupi dei suoi fondi, che non pratichi con loro. Abbisognano di armi, di munizioni? non hanno che da chiederne. Fu trovato accanto al cadavere di un brigante ucciso un fucile di prezzo comprato pubblicamente in una delle città dell’Isola da un ricco proprietario. I più bei cavalli sono a loro disposizione. Il proprietario G.... escito in campagna a cavallo s’imbatte in un brigante, il quale gli viene incontro, lo saluta rispettosamente, poi gli chiede il cavallo che monta. Dietro l’osservazione che l’essere il proprietario costretto a tornare in paese a piedi sarebbe considerato dai suoi parenti, amici e aderenti come un insulto, ed esporrebbe il brigante al loro odio e alla loro vendetta, questo si lascia persuadere, e riman convenuto che avrà il cavallo più tardi. Poi, invita il proprietario a entrare in una vicina casa di campagna, dove questo trova i principali capi banda della contrada a tavola; è ricevuto con ogni modo di cortesia, invitato a bere; beve, si trattiene a chiacchiera, e per dimostrare che non prova diffidenza, si leva il revolver di fianco e lo regala a uno di loro. Pochi giorni dopo il cavallo fu mandato in pastura e sparì. Hanno bisogno di denari? Scrivono una lettera a qualche persona facoltosa, ed è ben difficile che s’incontri chi sia tanto ardito da rifiutare. Trovano, dove vogliono, amici, alleati, ricettatori, spie. Nessuno ambisce la gloria pericolosa di rifiutare la proficua alleanza; i malfattori quando abbiano saputo farsi temere, han libera la scelta degli amici. I proprietari, i fittaiuoli, i fattori, tutti gl’impiegati delle aziende agricole sono per la forza delle cose complici e ricettatori dei briganti. Del resto, per avere ovunque intelligenze nelle campagne i malfattori non hanno bisogno di ricorrere all’aiuto di estranei. I proprietari sanno che il miglior modo di garantire il più che sia possibile i loro fondi dai danni del brigantaggio è di affidarli alla custodia di campieri che siano stati un po’ briganti anch’essi, o che abbiano almeno qualche omicidio sulla coscienza, e facciano parte di quella gran lega che, senza regole, senza statuti, senza concerto preventivo, pure unisce al bisogno tutti i facinorosi d’ogni specie.

Il regno dei malfattori non si limita alle campagne. Senza parlare delle continue ed intime relazioni che hanno con Palermo molti fra i facinorosi delle provincie, non sono pochi quelli che abitano nei paesi, esercitano la loro industria e dentro l’abitato, e fuori. Sono in continua relazione coi briganti e i malandrini che scorazzano all’aperto, dànno loro aiuto coll’opera e colle informazioni, e ne ricevono a vicenda. Gli uni e gli altri approfittano delle informazioni e degli aiuti di quei benestanti, che nei paesi sono complici dei malfattori e soci nei loro guadagni. I malfattori della campagna trovano sicuro ricovero ed ospitalità così nei paesi dell’interno come in mezzo alla folla ed alla confusione di Palermo, ed il fatto non è nuovo di briganti, che abbiano abitato per mesi una casa in mezzo a un grosso borgo, senza che l’autorità ne sapesse nulla. In ogni paese trovano notizie sui movimenti dei proprietari contro i quali meditano un ricatto, trovano incettatori di cose e di persone. Una persona sequestrata fu una volta ritrovata in una casa nel centro di un capoluogo di circondario. Ognuno in Sicilia si rammenta ancora come nel 1865 un’accozzaglia di briganti di mestiere e d’occasione di vari paesi, capitanata dal brigante Pugliese, eccitata, informata e guidata da un benestante del paese stesso, entrò di notte sparando fucilate in San Giovanni di Cammarata, contornò una casa, ne forzò l’ingresso, la saccheggiò, ne torturò il vecchio padrone per ottener rivelazione dei denari che potesse tener nascosti, e se ne andò dopo tre ore senza essere seriamente molestata18.

 

 




18 Vedi: Resoconto del processo di Angelo Pugliese, per l’avvocato Antonino Ajello. Atto di accusa del sostituto procuratore generale Vincenzo Noce, pag. 14 e seg. Palermo, 1868.






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