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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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69. ALLA MADRE ABBADESSA ED ALLE MONACHE DEL MONASTERO DELLA SSMA ANNUNZIATA IN FOGGIA.

Il Santo dimostra la pratica del canto figurato ne' monasteri essere un abuso.

 

Viva Gesù e Maria!

 

[PRINCIPIO DELL'ANNO 1746].

 

Molto Revda Madre Abbadessa e Signore Religiose,

 

Avendo avuto noi l'onore, contro ogni nostro merito, di servire cotesta santa vostra Comunità cogli esercizî spirituali,1 ci è pervenuto a notizia che alcune nostre proposizioni siano state sinistramente e confusamente intese. Onde, per onore della verità e disgravio delle nostre coscienze, abbiamo stimato di notare, in questo foglio, quello che abbiamo detto intorno così al canto figurato, come alle spese particolari delle officiali.

In quanto al canto, diciamo che il canto figurato affatto non conviene a persone religiose e molto meno alle sacre vergini, come consta dalle istituzioni di tutte le santissime Religioni; e se una tale pratica si usa in qualche monastero, comunemente è condannata per abuso. Se poi si considerano le circostanze, è moralmente impossibile che possa praticarsi senza qualche peccato,


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per ragione delle sollecitudini, vanità, distrazioni, spese, inosservanze di Regola; oltre gli altri disordini che inevitabilmente ne derivano, dentro e fuori del monastero. E tal colpa può esser maggiore o minore, secondo sono gli sconcerti che ne nascono; e, conforme comunemente si dice in questa città e fuori, non erano pochi quelli che per tal motivo già ne avvenivano.

In quanto poi alle spese delle officiali, abbiamo detto che la lettera della S. Congregazione dei 26 di gennaio 1742, scritta d'ordine di Sua Santità N. S. e diretta agli Ordinari, contiene ed esprime un positivo precetto a tutte le Religiose officiali, che non facciano minima spesa o donativo nelle feste o ne' loro officii, né dentro né fuori del monastero; e le parole della lettera sono le seguenti: Dichiarando che la Santità di N. S. intende che inviolabilmente debba il tutto osservarsi da qualunque monastero, benché esente ecc., sotto la pena, in caso di contravvenzione, della privazione dell'officio e della voce attiva e passiva da incorrersi ipso facto. E perciò S. S. impone ai vescovi che incarichino, con precetto formale di santa obbedienza a tutte le officiali, l'osservanza di detto ordine, che ne procurino l'esatto adempimento e ne diano avviso dell'operato.

Ed in fatti, Monsignore Illmo, ai 27 d'aprile 1742, come Delegato apostolico ed in adempimento dell'ordine di S. S., per eseguire le sue sante paterne ordinazioni, come si legge nella lettera di esso Monsignore Illmo, col precetto formale di obbedienza ve ne incaricò l'osservanza, spiegando che le pene di sopra espresse, se mai si fossero incorse per l'inosservanza, sarebbero durate non già a suo arbitrio, essendo egli esecutore, ma ad arbitrio della S. Congregazione, come appunto prescrive il Sommo Pontefice.

Sicché, a vista di cose così chiare, noi abbiamo detto che le Signore officiali erano obligate sub gravi di obbedire agli ordini di S. S.; e perché si opponeva che la Comunità non potesse fare tutte le spese necessarie, e che non vi erano vitalizii tali da poter supplire, come ordinava anche S. S., perciò, nella consaputa


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sessione, da noi si disse che, stante le suddette circostanze, se ne facesse relazione alla S. Congregazione, e che frattanto, supposto che le suddette spese non patissero dilazione per ragione delle necessità occorrenti del monastero, interpretando benignamente l'ordine di S. S., appena si potesse permettere (trattandosi già d'interpretazione che deve farsi nel modo più stretto) che le officiali facessero le sole spese necessarie, e che affatto non si potessero fare le superflue, come in fatti si notarono molte spese superflue che si facevano dalle Signore officiali in codesto monastero. Né a tutto ciò si oppose altro che l'uso in contrario: e a ciò si rispose che, per lo passato, aveva potuto scusare la buona fede; ma che presentemente, essendosi meglio chiarite le cose, il suddetto uso non si poteva più permettere senza colpa, e colpa grave.

Questo è quello che noi uniformemente abbiamo detto. Del resto, non presumiamo noi di far sentenze né fare i maestri, ma solo abbiamo parlato per discaricare la nostra coscienza, col prestare quell'obbedienza che si deve agli ordini del Vicario di Gesù Cristo.

 

Conforme all'edizione romana.




1 Questi esercizî furono dati nel mese di dicembre 1745, in occasione della celeberrima missione di Foggia.




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