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S. Alfonso Maria de Liguori L'amore delle anime IntraText CT - Lettura del testo |
CAPITOLO XII. - Della Crocifissione di Gesù.
1. Eccoci alla crocifissione, all'ultimo tormento che diede morte a Gesù Cristo; eccoci al Calvario fatto teatro dell'amor divino, dove un Dio lascia la vita in un mar di dolori. Et postquam venerunt in locum, qui vocatur Calvariae, ibi crucifixerunt eum (Luc. XXIII, 33). Arrivato che fu il Signore a grande stento vivo sul monte, gli strappano la terza volta con violenza le sue vesti, attaccate alle piaghe delle sue lacere carni, e lo gittano sopra la croce. L'Agnello divino si stende su quel letto di tormento; presenta a' carnefici le mani e i piedi per esservi inchiodato; ed alzando gli occhi al cielo presenta al suo Eterno Padre il gran sacrificio della sua vita per la salute degli uomini. Inchiodata una mano, si ritirano i nervi; onde bisognò che a forza con funi, come fu rivelato a S. Brigida, stirassero l'altra mano e i piedi al luogo de' chiodi; e con ciò vennero allora a stendersi e rompersi con grande spasimo i nervi e le vene. Manus et pedes cum fune trahebant ad loca clavorum. ita ut nervi et venae extenderentur et rumperentur.1 Così la rivelazione. - In modo tale che se gli poteano numerare tutte l'ossa, come già predisse Davide: Foderunt manus meas et pedes meos, dinumeraverunt omnia ossa mea (Ps. XXI, 17, 18).
Ah mio Gesù, da chi mai vi furono inchiodate le mani e i piedi su questo legno, se non dall'amore portato agli uomini? Voi col dolore delle mani trafitte voleste pagare tutti i peccati che gli uomini han fatti col tatto, e col dolore de' piedi voleste pagare tutti i nostri passi da noi dati per andare ad offendervi. Deh amor mio crocifisso, con queste mani trafitte beneditemi! Deh inchiodate a' vostri piedi questo mio cuore ingrato, acciocché
io non parta più da voi, e resti sempre confitta ad amarvi questa mia volontà che tante volte si è ribellata da voi. Fate che niun'altra cosa mi muova che il vostro amore e il desiderio di darvi gusto. Benché vi miro appeso a questo patibolo, io vi credo per Signore del mondo, per vero Figliuolo di Dio e Salvatore degli uomini. Per pietà, Gesù mio, non mi abbandonate mai in tutta la mia vita, e specialmente nel punto della mia morte; in quell'ultime agonie e contrasti coll'inferno voi assistetemi e confortatemi a morire nel vostro amore. V'amo, amor mio crocifisso, v'amo con tutto il cuore.
2. S. Agostino dice non esservi morte più acerba che la morte di croce: Peius nihil fuit in genere mortium (Tract. XXXVI in Io.).2 Poiché, come riflette S. Tommaso (P. III, qu. 46, a. 6), i crocifissi sono trafitti nelle mani e ne' piedi, luoghi che per essere tutti composti di nervi, muscoli e vene sono sensibilissimi al dolore; e lo stesso peso del corpo che pende fa che il dolore sia continuo e sempre più s'aumenti sino alla morte.3 Ma i dolori di Gesù superarono tutti gli altri dolori, mentre dice l'Angelico che 'l corpo di Gesù Cristo, essendo perfettamente complessionato, era più vivace e sensibile a' dolori:4 corpo che gli fu adattato dallo Spirito Santo apposta per patire secondo egli predisse, come attesta l'Apostolo: Corpus autem aptasti mihi (Hebr. X, 5).5 Di più dice S. Tommaso che Gesù Cristo assunse un dolore così grande che fu proporzionato a soddisfare la pena che meritavano temporalmente i peccati di tutti gli uomini.6 Porta il Tiepoli che nella crocifissione gli
furono date ventotto martellate sulle mani e trentasei sui piedi.7
Anima mia, mira il tuo Signore, mira la tua vita che pende da quel legno: Et erit vita tua quasi pendens ante te (Deut. XXVIII, 66). Vedilo come sopra quel patibolo doloroso, appeso a quei crudeli uncini, non trova sito né riposo. Ora s'appoggia sulle mani, ora su i piedi, ma dove s'appoggia cresce lo spasimo. Va egli girando l'addolorato capo ora da una parte, ora da un'altra; se l'abbandona sul petto, le mani col peso vengono a più squarciarsi; se l'abbassa sulle spalle, le spalle vengono trafitte dalle spine; se l'appoggia sulla croce, le spine entrano più addentro alla testa. Ah Gesù mio, e che morte amara è questa che fate!
Redentor mio crocifisso, io vi adoro su questo trono d'ignominie e di pene. Leggo su questa croce scritto che voi siete re: Iesus Nazarenus rex Iudaeorum (Io. XIX, 19). Ma fuori di questo titolo di scherno, qual contrassegno mai voi dimostrate di re? Ah che queste mani inchiodate, questo capo spinoso, questo trono di dolore, queste carni lacerate, vi fan ben conoscere per re, ma re d'amore. Mi accosto dunque umiliato ed intenerito a baciare i vostri sacri piedi trafitti per amor mio, m'abbraccio a questa croce, in cui fatto voi vittima d'amore voleste per me sacrificarvi alla divina giustizia: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philip. II, 8). - O felice ubbidienza che ottenne a noi il perdono de' peccati! E che ne sarebbe di me, o mio Salvatore, se voi non aveste pagato per me? Vi ringrazio, amor mio, e, per li meriti di questa sublime ubbidienza, vi prego di concedermi la grazia di ubbidire in tutto alla divina volontà. Desidero il paradiso solo per amarvi sempre e con tutte le mie forze.
3. Ecco il re del cielo, che pendente da quel patibolo già sen va morendo. Domandiamogli pure col profeta: Quid sunt
plagae istae in medio manuum tuarum? (Zach. XIII, 6). Ditemi, Gesù mio, che son queste piaghe in mezzo alle vostre mani? Risponde per Gesù Ruperto abbate: Sunt monumenta caritatis, pretia redemptionis.8 Sono segni, dice il Redentore, del grande amore che vi porto; sono il prezzo col quale io vi libero dalle mani de' nemici e dalla morte eterna. -Ama dunque, o anima fedele, ama il tuo Dio che tanto t'ha amato, e se mai tu dubiti del suo amore, guarda, dice S. Tommaso da Villanova, guarda quella croce, quei dolori e quella morte acerba ch'egli per te ha patito, ché tali testimoni ben ti faranno sapere quanto t'ama il tuo Redentore: Testis crux, testes dolores, testis amara mors quam pro te sustinuit (Conc. III).9 Soggiunge S. Bernardo, che grida la croce, grida ogni piaga di Gesù ch'esso ci ama con vero amore: Clamat crux, clamat vulnus, quod ipse vere dilexit.10
O Gesù mio, come vi vedo addolorato e mesto! Ah che troppo ne avete ragione in pensare che voi tanto soffrite sino a morire di spasimo su questo legno, e che poi tante poche anime hanno da amarvi! Oh Dio, al presente quanti cuori, anche a voi consagrati, o non v'amano o v'amano troppo poco! -
Ah belle fiamme d'amore, voi che consumaste la vita d'un Dio sulla croce, deh consumate ancor me, consumate tutti gli affetti
disordinati che vivono nel mio cuore, e fate ch'io viva ardendo e sospirando solo per quel mio amante Signore che volle, consumato da' tormenti, finir la vita per amor mio sopra d'un patibolo infame! Amato mio Gesù, io voglio sempre amarvi e voi solo, solo, solo voglio amare, mio amore, mio Dio, mio tutto.11
4. Erunt oculi tui videntes praeceptorem tuum (Is. XXX, 20). Fu promesso agli uomini di vedere co' propri occhi il loro divin Maestro. Tutta la vita di Gesù fu un continuo esempio e scuola di perfezione, ma non altrove meglio che sulla cattedra della croce egli ci insegnò le sue più belle virtù. Ivi, oh come bene ci ammaestrò nella pazienza, specialmente in tempo d'infermità; poiché sulla croce Gesù infermo soffrì con somma pazienza i dolori della sua amarissima morte. Ivi col suo esempio c'insegnò un'esatta ubbidienza a' divini precetti, una perfetta rassegnazione alla volontà di Dio, e sopratutto c'insegnò come si deve amare. -Il P. Paolo Segneri iuniore scrisse ad una sua penitente che a' piedi del Crocifisso avesse scritte queste parole: Ecco come si ama.12
Ecco come si ama, pare che ci dica a tutti lo stesso Redentore dalla croce, allorché noi per non soffrire qualche molestia abbandoniamo l'opere di suo gusto, e talvolta giungiamo a rinunziare anche alla sua grazia ed al suo amore. Egli ci ha amati sino alla morte, e non scese dalla croce se non dopo d'avervi lasciata la vita. Ah Gesù mio, voi mi avete amato sino alla morte: sino alla morte voglio amarvi ancor io! Per lo passato io v'ho offeso e tradito più volte. Signor mio, vendicatevi meco, ma con vendetta di pietà e d'amore; datemi un tal dolore de' miei peccati che mi faccia vivere sempre addolorato ed afflitto per la pena d'avervi offeso. Io mi protesto di voler patire ogni male per l'avvenire prima che disgustarvi. E qual maggior male potrebbe avvenirmi che disgustare voi, mio Dio, mio Redentore, mia speranza, mio tesoro, mio tutto?
5. Et ego si exaltatus fuero a terra, omnia traham ad meipsum. Hoc autem dicebat, significans qua morte esset moriturus
(Io. XII, 32, 33). Disse Gesù Cristo, che allorché sarebbe stato innalzato in croce, egli co' meriti suoi, col suo esempio e colla forza del suo amore, si avrebbe tirati gli affetti di tutte l'anime. Omnes mundi gentes ad amorem sui traxit sanguinis sui merito, suo exemplo et amore, commenta Cornelio a Lapide (In Io. l. c.).13 Lo stesso scrisse S. Pier Damiani: Dominus mox ut in cruce pependit, omnes ad se per amoris desiderium traxit (De inv. cruc.).14 E chi mai, aggiunge Cornelio, non amerà Gesù che muore per nostro amore? Quis enim Christum ex amore pro nobis morientem non redamet? (Loc. c.).15 Mirate, o anime redente, ci esorta la santa Chiesa, mirate il vostro Redentore su quella croce, dove tutta la sua figura spira amore ed invita ad amarlo: il capo inchinato per darci il bacio di pace, le braccia stese ad abbracciarci, il Cuore aperto ad amarci: Omnis figura eius amorem spirat, et ad redamandum provocat: caput inclinatum ad osculandum, soggiunge S. Agostino, manus expansae ad amplexandum, pectus apertum ad diligendum (Resp. I noct. off. dol. B.V.).16
Ah mio Gesù diletto, come l'anima mia poteva esser sì cara agli occhi vostri, vedendo le ingiurie che voi da me avevate a ricevere? Voi per cattivarvi il mio affetto voleste darmi le dimostrazioni più estreme d'amore. - Venite voi, flagelli, voi, spine, chiodi e croce che tormentaste le sacre carni del mio Signore, venite a ferirmi il cuore. Ricordatemi sempre che tutto il bene che ho ricevuto e che spero, tutto mi è pervenuto da' meriti della sua Passione. O maestro d'amore, gli altri insegnano colla voce, ma voi su questo letto di morte insegnate
col patire; gli altri insegnano per interesse, voi per affetto, altra mercede non chiedendo che la mia salute. Salvatemi, amor mio, e 'l salvarmi sia il donarmi la grazia ch'io sempre v'ami e vi contenti. L'amare voi è la salute mia.
6. Mentre stava Gesù morendo sopra la croce, gli uomini non cessavano di tormentarlo co' rimproveri e scherni. Altri gli dicevano: Alios salvos fecit, seipsum non potest salvum facere. Altri: Si rex Israel est, descendat nunc de cruce (Matth. XXVII, 42). E Gesù, mentre questi l'ingiuriano, che fa dalla croce? Prega forse l'Eterno Padre che li punisca? No, egli lo prega che li perdoni: Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt (Luc. XXIII, 34). Sì, dice S. Tommaso, a dimostrare il suo immenso amore che avea per gli uomini, il Redentore domandò a Dio il perdono per gli stessi suoi crocifissori: Ad ostendendam abundantiam suae caritatis, veniam persecutoribus postulavit (III p. qu. 47, a. 4, ad 1).17 Lo domandò e l'ottenne; sicché quelli poi, dopo averlo veduto morto, si pentirono del lor peccato: Revertebantur percutientes pectora sua (Luc. XXIII, 48).
Ah mio caro Salvatore, eccomi a' vostri piedi; io sono stato uno de' vostri più ingrati persecutori: pregate voi anche per me il vostro Padre che mi perdoni. È vero che i Giudei e i carnefici non sapeano crocifiggendovi quel che si facevano; ma io ben sapeva che peccando offendeva un Dio crocifisso e morto per me. Ma il vostro sangue e la vostra morte anche per me han meritata la divina misericordia. Io non posso diffidare d esser perdonato, vedendovi morire per ottenere a me il perdono. Ah mio dolce Redentore, deh miratemi con uno di quei sguardi amorosi con cui mi rimiraste morendo per me sulla croce; miratemi e perdonatemi tutte le ingratitudini che ho usate al vostro amore. - Mi pento, o Gesù mio, d'avervi disprezzato. V'amo con tutto il cuore; ed a vista del vostro esempio, perché v'amo, amo ancora tutti coloro che m'hanno offeso. Desidero ad essi tutto il bene e propongo servirli e soccorrerli quanto posso per amor di voi, mio Signore, che voleste morire per me che vi ho tanto offeso.
7. Memento mei (Luc. XXIII, 42), vi disse, o Gesù mio, il buon ladrone, e fu consolato con sentirsi dire da voi: Hodie mecum eris in paradiso (Luc. XXIII, 43). Memento mei, vi dico ancor io: ricordatevi, Signore, ch'io sono una di quelle pecorelle, per cui voi deste la vita. Consolate ancora me facendomi sentire che mi perdonate con darmi un gran dolore de' peccati miei. - O gran sacerdote che sacrificate voi stesso per amor delle vostre creature, abbiate pietà di me. Io vi sacrifico da ogg'innanzi la mia volontà, i miei sensi, le mie soddisfazioni e tutti i miei desideri. Io credo che voi, mio Dio, siete morto crocifisso per me. Scorra, vi prego, anche sopra di me il vostro sangue divino: egli mi lavi da' miei peccati. Egli mi accenda di santo amore e mi faccia tutto vostro. Io v'amo, o Gesù mio, e desidero morire crocifisso per voi che siete morto crocifisso per me.
Eterno Padre, io v'ho offeso; ma ecco il vostro Figlio che, appeso a questo legno, vi soddisfa per me col sacrificio che vi offerisce della sua vita divina. Io v'offerisco i meriti suoi che son tutti miei, mentr'egli a me gli ha donati; e per amor di questo Figlio vi prego ad aver pietà di me. La pietà maggiore che da voi dimando è che mi doniate la vostra grazia che io infelice tante volte volontariamente ho disprezzata. Mi pento d'avervi oltraggiato, e v'amo, v'amo, mio Dio, mio tutto; e per darvi gusto son pronto a patire ogni obbrobrio, ogni dolore, ogni miseria, ogni morte.
quod passio illa et dolor fuerunt assumpta voluntarie propter finem liberationis hominum a peccato. Et ideo tantam quantitatem doloris assumpsit quae esset proportionata magnitudini fructus qui inde sequebatur.” S. THOMAS, Sum. Theol., III, qu. 46, art. 6, c.