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S. Alfonso Maria de Liguori
L'amore delle anime

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CAPITOLO XIV. - Della speranza che abbiamo nella morte di Gesù Cristo.

1. Gesù è l'unica speranza della nostra salute: fuori di lui non est in alio aliquo salus (Act. IV, 12). Io sono l'unica porta, egli ci dice, e chi entrerà per me troverà certamente la vita eterna: Ego sum ostium. Per me si quis introierit, salvabitur (Io. X, 9). E qual peccatore mai avrebbe potuto sperar perdono, se Gesù non avesse per noi soddisfatta la divina giustizia col suo sangue e colla morte? Iniquitates eorum ipse portabit (Is. LIII, 11). Quindi ci coraggio l'Apostolo dicendo: Si sanguis hircorum et taurorum... sanctificat ad emundationem carnis, quanto magis sanguis Christi, qui, per Spiritum Sanctum seipsum obtulit Deo, emundabit conscientiam nostram ab operibus mortuis ad serviendum Deo viventi (Hebr. IX, 13, 14)? Se il sangue degl'irci e de' tori sacrificati toglieva negli Ebrei le macchie


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esteriori del corpo, acciocché potessero essere ammessi a' sagri ministeri; quanto più il sangue di Gesù Cristo, il quale per amore s'è offerto a pagare per noi, toglierà dall'anime nostre i peccati per poter servire il nostro sommo Dio?

Egli l'amoroso nostro Redentore, essendo venuto nel mondo non ad altro fine che a salvare i peccatori e vedendo già contro di noi scritta la sentenza di condanna per le nostre colpe, che fece? Egli colla sua morte pagò la pena a noi dovuta; e cancellando col suo sangue la scrittura della condanna, affinché la divina giustizia non cercasse più da noi la dovuta soddisfazione, l'affisse alla stessa croce dove morì: Delens quod adversus nos erat chirographum decreti, quod erat contrarium nobis, et ipsum tulit de medio affigens illud cruci (Coloss. II, 14).

Christus... introivit semel in sancta, aeterna redemptione inventa (Hebr. IX, 12). Ah Gesù mio, se non aveste voi trovato questo modo di ottenerci il perdono, chi avrebbe potuto trovarlo? Ebbe ragione Davide d'esclamare: Annuntiate... studia eius (Ps. IX, 12): Pubblicate, o Genti, gli studi amorosi del nostro Dio che ha usati per salvarci. Giacché dunque, o mio dolce Salvatore, avete avuto tant'amore per me, non lasciate d'usarmi pietà. Voi m'avete riscattato dalle mani di Lucifero colla vostra morte: io nelle mani vostre consegno l'anima mia, voi l'avete a salvare. In manus tuas commendo spiritum meum, redemisti me, Domine Deus veritatis (Ps. XXX, 6).

2. Filioli... haec scribo vobis, ut non peccetis; sed et si quis peccaverit, advocatum habemus apud Patrem, Iesum Christum iustum, et ipse propitiatio est pro peccatis nostris (I Io. II, 1, 2). Gesù Cristo non finì colla sua morte d'intercedere per noi appresso l'Eterno Padre; egli anche al presente fa il nostro avvocato e par che in cielo, come scrive S. Paolo, non sappia far altro officio che di muovere il Padre ad usarci misericordia: Semper vivens ad interpellandum pro nobis (Hebr. VII, 25).

E soggiunge l'Apostolo che 'l Salvatore a tal fine è asceso al cielo: Ut appareat nunc vultui Dei pro nobis (Hebr. IX, 24). Siccome dalla faccia del re son discacciati i ribelli, così noi peccatori non saressimo stati più degni d'essere ammessi al cospetto di Dio, neppure a dimandargli perdono; ma Gesù, come nostro Redentore, comparisce egli per noi alla divina presenza e, per li meriti suoi, ci ottiene la grazia da noi perduta.


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Accessistis ad mediatorem Iesum, et sanguinis aspersionem, melius loquentem quam Abel (Hebr. XII, 22, 24). Oh quanto meglio implora a noi la divina misericordia il sangue del Redentore che non implorava il castigo contro di Caino il sangue d'Abele! “La mia giustizia, disse Dio a S. Maria Maddalena de' Pazzi, s'è cangiata in clemenza colla vendetta presa sopra le carni innocenti di Gesù Cristo. Il sangue di questo mio Figlio non cerca da me vendetta, come il sangue d'Abele, ma solo cerca misericordia e pietà: ed a questa voce non può la mia giustizia non restare placata. Questo sangue le liga le mani sì che non si può muovere, per così dire, a prendere quella vendetta de' peccati che pria si prendeva.”1

Gratiam fideiussoris ne obliviscaris (Eccli. XXIX, 20). Ah mio Gesù, era già io incapace, dopo i miei peccati, a soddisfare la divina giustizia, ma voi colla vostra morte avete voluto soddisfare per me. Or quale ingratitudine sarebbe la mia, se di questa sì gran misericordia io mi scordassi? No, mio Redentore, non voglio scordarmene mai: voglio sempre ringraziarvene ed esservene grato con amarvi e fare quanto posso per darvi gusto. Soccorretemi voi con quella grazia che mi avete


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meritata con tanti stenti. V'amo, Gesù mio, amor mio, speranza mia.

3. Veni: columba mea in foraminibus petrae (Cant. II, 13, 14).2 O che rifugio sicuro noi troveremo sempre in questi sagri forami della pietra, cioè nelle piaghe di Gesù Cristo! Foramina petrae, dice S. Pier Damiani, sunt vulnera Redemptoris, in his anima nostra spem constituit (Epist. 41).3 Ivi saremo liberati dalla sconfidenza per la vista de' peccati fatti; ivi troveremo l'armi da difenderci quando saremo tentati a peccare di nuovo. Confidite, filii, ego vici mundum (Io. XVI, 33). Se voi non avete forze bastanti, ci esorta il nostro Salvatore, a resistere agli assalti del mondo che vi offerisce i suoi piaceri, confidate in me, perché io l'ho vinto e così ancora voi vincerete. Pregate, disse, l'Eterno Padre che per li meriti miei vi doni fortezza, ed io vi prometto che quanto voi gli cercherete in mio nome, tutto egli vi concederà: Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis (Io. XVI, 23). E in altro luogo ci confermò la promessa dicendo che qualunque grazia noi domanderemo a Dio per amor suo, egli stesso, ch'è una cosa col Padre, ce la darà: Quodcumque petieritis Patrem in nomine meo, hoc faciam; ut glorificetur Pater in Filio (Io. XIV, 13).

Ah Padre Eterno, io fidato ai meriti ed a queste promesse di Gesù Cristo, non vi domando beni di terra, ma solamente la grazia vostra. È vero che io, per l'ingiurie che v'ho fatte, non meritereiperdonograzie; ma se non le merito io, le ha meritate a me il vostro Figlio offerendo il sangue e la vita per me. Per amore dunque di questo Figlio perdonatemi. Datemi un gran dolore de' miei peccati ed un grande amore verso di voi. Illuminatemi a conoscere quanto è amabile la vostra bontà e quant'è l'amore che sin dall'eternità mi avete portato. Fatemi intendere la vostra volontà, e datemi forza di eseguirla perfettamente. Signore, io v'amo e voglio fare tutto quello che volete voi.


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4. Oh che grande speranza di salvarci dona a noi la morte di Gesù Cristo! Quis est qui condemnet? Christus Iesus qui mortuus est... qui etiam interpellat pro nobis (Rom. VIII, 34). Chi mai è quegli che ci ha da condannare? dice l'Apostolo. È quel medesimo Redentore che, per non condannarci alla morte eterna, ha condannato se stesso a morire crudelmente su d'una croce. Quindi ci anima S. Tommaso da Villanova con dire: Che timore hai, peccatore, se tu vuoi lasciare il peccato? Come ti condannerà quel Signore che muore per non condannarti? Come ti caccerà, quando tu ritorni a' suoi piedi, quegli ch'è venuto a cercarti dal cielo quando tu lo fuggivi? Quid times, peccator? Quomodo damnabit poenitentem, qui moritur ne damneris? Quomodo abiiciet redeuntem, qui de caelo venit quaerens te?4 Ma più ci animo lo stesso nostro Salvatore dicendo per Isaia: Ecce in manibus meis descripsi te: muri tui coram oculis meis semper (Is. XLIX, 16).5 Pecorella mia, non diffidare, vedi quanto mi costi: io ti tengo scritta nelle mie mani, in queste piaghe che ho sofferte per te: queste mi ricordano sempre ad aiutarti e difenderti da' tuoi nemici; amami e confida.

Sì, Gesù mio, io v'amo, ed in voi confido. Il riscattarmi v'è costatocaro, il salvarmi non vi costa niente. La vostra volontà è che tutti si salvino e che niuno si perda. Se i peccati miei mi spaventano, mi rincora la vostra bontà, che più desidera ella di farmi bene che io di riceverlo. Ah mio amato Redentore, vi dirò con Giobbe: Etiam si occiderit me, in ipso sperabo... et ipse erit salvator meus (Iob XIII, 15, 16). Ancorché mi cacciaste, amor mio, dalla vostra faccia, io non lascerò di sperare in voi che siete il mio Salvatore. Quelle vostre piaghe e questo sangue troppo mi danno animo a sperare ogni bene dalla vostra misericordia. V'amo, o caro Gesù, io v'amo e spero.

5. S. Bernardo glorioso, stando una volta infermo, si vide


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avanti il tribunale di Dio, dove il demonio l'accusava de' suoi peccati e dicea ch'egli non meritava il paradiso. Il santo rispose: “È vero ch'io non merito il paradiso, ma Gesù ha due meriti a questo regno, uno per essere Figlio naturale di Dio, l'altro per averselo acquistato colla sua morte: egli si contenta del primo, e 'l secondo lo cede a me; e perciò io domando e spero il paradiso”.6 Lo stesso possiamo dir noi, scrivendo S. Paolo che Gesù Cristo a tal fine ha voluto morire consumato da' dolori, per ottenere il paradiso a tutti i peccatori pentiti e risoluti d'emendarsi: Et consummatus factus est omnibus obtemperantibus sibi causa salutis aeternae (Hebr. V, 9). Onde soggiunge l'Apostolo: Curramus ad propositum nobis certamen aspicientes in auctorem fidei, et consummatorem Iesum, qui proposito sibi gaudio sustinuit crucem, confusione contempta (Hebr. XII, 1, 2): Andiamo con coraggio a combattere co' nostri nemici, guardando a Gesù Cristo che coi meriti della sua Passione ci offerisce la vittoria e la corona.

Egli ha detto ch'è andato al cielo per apparecchiarci il luogo: Non turbetur cor vestrum... quia vado parare vobis locum (Io. XIV, 1, 2). Egli ha detto e va dicendo al suo Padre che, mentre ci ha consegnati a lui, egli ci vuole seco in paradiso: Pater, quos dedisti mihi, volo ut ubi sum ego, et illi sint mecum (Io. XVII, 24). E qual misericordia più grande potevamo sperare dal Signore, dice S. Anselmo, che ad un peccatore condannato già per li suoi delitti all'inferno e che non ha come liberarsi dalle pene, abbia detto l'Eterno Padre: Prendi il mio Figlio ed offeriscilo per te? E lo stesso Figlio dica: Prendi me e liberati dall'inferno? Quid misericordius intelligi valet, quam quod peccatori, unde se redimere non


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habenti, Deus Pater dicat: Accipe Unigenitum meum, et da pro te: et Filius dicat: Tolle me, et redime te?7

Ah Padre mio amoroso, vi ringrazio d'avermi dato questo Figlio per mio Salvatore; vi offerisco la sua morte e, per li meriti suoi, vi domando pietà. E ringrazio sempre voi, o mio Redentore, d'aver dato il sangue e la vita per liberar me dalla morte eterna. Te ergo, quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti.8 Soccorrete dunque noi servi ribelli, giacché a tanto costo ci avete redenti. -O Gesù, unica speranza mia, voi mi amate, voi siete onnipotente, fatemi santo. Se io son debole, datemi voi fortezza; se sono infermo per le colpe commesse, applicate voi all'anima mia una goccia del vostro sangue e sanatemi. Datemi il vostro amore e la perseveranza finale, facendomi morire in grazia vostra. Datemi il paradiso: io per li meriti vostri ve lo dimando e lo spero. V'amo, mio Dio amabilissimo, con tutta l'anima mia, e spero di sempre amarvi. Aiutate un misero peccatore che vi vuole amare.

6. Habentes ergo pontificem magnum qui penetravit caelos, Iesum Filium Dei, teneamus confessionem. Non enim habemus pontificem, qui non possit compati infirmitatibus nostris, tentatum autem per omnia pro similitudine absque peccato (Hebr. IV, 14, 15). Giacché abbiamo, dice l'Apostolo, questo Salvatore, che ci ha aperto il paradiso a noi un tempo chiuso dal peccato, confidiamo sempre ne' suoi meriti; poiché, avendo voluto per sua bontà anch'egli patire le nostre miserie, ben sa compatirci: Adeamus ergo cum fiducia ad thronum gratiae, ut misericordiam consequamur, et gratiam inveniamus in auxilio opportuno (Ibid., 16). Andiamo dunque con confidenza al trono della divina misericordia, al quale per mezzo di Gesù Cristo abbiamo l'accesso, acciocché ivi troviamo tutte le grazie che ci bisognano. E come possiamo dubitare, soggiunge S. Paolo, che Dio, avendoci dato il suo Figlio, non ci abbia donati col Figlio tutti i suoi beni? Pro nobis omnibus tradidit illum; quomodo non etiam cum illo


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omnia nobis donavit? (Rom. VIII, 32). Commenta Ugon Cardinale: Dabit minus, idest vitam aeternam, qui dedit maius, idest Filium suum: Non ci negherà il meno, ch'è la gloria eterna, quel Signore ch'è giunto a darci il più, ch'è il suo medesimo Figliuolo.9

Oh mio sommo bene, che vi renderò io misero per un tanto dono, che mi avete fatto del vostro Figlio? Vi dirò con Davide: Dominus retribuet pro me (Ps. CXXXVII, 8). Signore, io non ho come ricompensarvi: il medesimo vostro Figlio solo può degnamente ringraziarvi; egli ve ne ringrazi per me. Padre mio pietosissimo, per le piaghe di Gesù vi prego a salvarmi. V'amo bontà infinita, e, perché v'amo, mi pento d'avervi offeso. Dio mio, Dio mio, io voglio essere tutto vostro, accettatemi per amore di Gesù Cristo. Ah mio dolce Creatore, è possibile che, avendomi dato il vostro Figlio, mi negherete poi i vostri beni, la grazia vostra, il vostro amore, il vostro paradiso?

7. Asserisce S. Leone, che ci ha apportato più bene Gesù Cristo colla sua morte, che non ci recò di danno il demonio col peccato di Adamo: Ampliora adepti sumus per Christi gratiam, quam per diaboli amiseramus invidiam (Serm. I de Asc.).10 E ciò lo disse chiaramente l'Apostolo, allorché scrisse a' Romani: Non sicut delictum, ita et donum... Ubi... abundavit delictum, superabundavit gratia (Rom. V, 15, 20). Spiega Ugon Cardinale: Christi gratia maioris est efficaciae, quam delictum.11 Non ha paragone, dice l'Apostolo, tra 'l peccato dell'uomo e 'l dono che ci fece Dio dandoci Gesù Cristo. Fu grande il delitto d'Adamo, ma è stata molto più grande la grazia che ci ha meritata Gesù Cristo colla sua Passione. Ego veni, ut vitam habeant, et abundantius habeant (Io. X, 10). Io


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son venuto nel mondo, si protestò il Salvatore, acciocché gli uomini morti col peccato non solo ricevano per me la vita della grazia, ma una vita più abbondante di quella, che per la colpa aveano perduta. Ond'è che la santa Chiesa chiama felice la colpa che ci meritò d'avere un tal Redentore: O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem.12

Ecce Deus salvator meus, fiducialiter agam, et non timebo (Is. XII, 2). Dunque, o Gesù mio, se voi che siete un Dio onnipotente siete ancora il mio Salvatore, che timore avrò di dannarmi? Se per lo passato v'ho offeso, me ne pento con tutto il cuore. Per l'avvenire io vi voglio servire, ubbidire ed amare; e spero fermamente che voi, mio Redentore, che avete fatto e patito tanto per la mia salute, non mi negherete alcuna grazia che mi bisognerà per salvarmi. Fiducialiter agam, immobiliter sperans nihil ad salutem necessarium ab eo negandum, qui tanta pro mea salute fecit et pertulit, commenta S. Bonaventura.13

8. Haurietis aquas... de fontibus Salvatoris, et dicetis in illa die: Confitemini Domino, et invocate nomen eius (Is. XII, 3, 4). Le piaghe di Gesù Cristo son già le beate fonti da cui possiamo ricevere tutte le grazie, se con fede lo preghiamo. Et fons de domo Domini egredietur, et irrigabit torrentem spinarum (Ioel III, 18). La morte di Gesù è appunto, dice Isaia, questa fonte promessa, che ha innaffiate con acque di grazia l'anime nostre, e da spine di peccati, per li meriti suoi, l'ha cangiate in fiori e frutti di vita eterna. Egli l'amante Redentore, ci dice S. Paolo, s'è fatto povero in questo mondo, affinché noi, per lo merito della sua povertà diventassimo ricchi: Propter vos egenus factus est... ut illius inopia vos divites essetis (II Cor. VIII, 9). Noi eravamo per lo peccato ignoranti, ingiusti, iniqui, e schiavi dell'inferno; ma Gesù Cristo, dice l'Apostolo, morendo e soddisfacendo per noi, Factus est nobis sapientia a Deo, iustitia, sanctificatio et redemptio (I Cor. I, 30). Cioè, spiega S. Bernardo, Sapientia in praedicatione, iustitia in absolutione, sanctificatio in conversatione, redemptio in


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Passione (Serm. XXII in Cant.).14 Si è fatto nostra sapienza con istruirci, nostra giustizia con perdonarci, nostra santità col suo esempio, e nostro riscatto colla sua Passione, liberandoci dalle mani di Lucifero. In somma, dice S. Paolo che i meriti di Gesù Cristo ci hanno arricchiti di tutti i beni, sì che non ci manca più niente per poter ricevere tutte le grazie: In omnibus divites facti estis... ita ut nihil vobis desit in ulla gratia (I Cor. I, 5, 7).

O Gesù mio, Gesù mio, e che belle speranze mi la vostra Passione! Amato mio Signore, quanto vi debbo! Oh non vi avessi mai offeso! Perdonatemi tutte le ingiurie che v'ho fatte; infiammatemi tutto del vostro amore, e salvatemi in eterno. E come posso temere di non ricevere il perdono, la salute e tutte le grazie da un Dio onnipotente, che mi ha dato tutto il suo sangue? Ah Gesù mio, speranza mia, voi, per non perdere me, avete voluto perdere la vita; io non voglio perdere voi, bene infinito. Se v'ho perduto per lo passato, me ne pento; per l'avvenire non vi voglio perdere più; voi m'avete da aiutare, acciocché io più non vi perda. Signore, io v'amo, e voglio sempre amarvi.

Maria, dopo Gesù, voi siete la speranza mia; dite al vostro Figlio che voi mi proteggete, e sarò salvo. Amen, così sia.




1 “Gran potenza operò questo mio Verbo, abbassandosi sino ad esser cadavere, che fu arrivare al maggior segno d' umiltà al qual poteva per voi giungere il mio Verbo nella carne mortale, e facendo, in un modo di dire costaggiù a voi, addormentare la mia divina giustizia, la quale placata e soddisfatta pe' peccati del mondo con la vendetta presa sopra la carne innocentissima di lui, e sopra 'l sangue purissimo sparso per soddisfazione delle colpe dell' uomo, ora la giustizia mia par che sia cangiata in clemenza. - E sappi, o figliuola, che quel sangue sparso non grida come 'l sangue d' Abello, o come quell' anime sante, come riferisce l' innamorato del mio Verbo Giovanni nella sua Apocalisse, Vindica sanguinem nostrum, ma solo grida misericordia e pietà, ed a questa voce non può la mia giustizia non restar placata e soddisfatta. E ti vuò dir di più, che questo sangue lega, per dir così, le mani della mia giustizia, ch' ella non si può muovere, per così dire, a prendere quella vendetta de' peccati, che prima nel mondo prendeva, quando non udiva la voce di questo sangue non ancora sparso; perché ora con diluvii, ora con fuochi ed incendii, ora con aprirsi la terra ed ingoiare i peccatori, puniva la mia giustizia li scellerati; e sai quel ch' ella fece coll' acque nel diluvio, co' fuochi nelle città infami, e con altri gastighi nel deserto ed altrove, talché ella mi mostrava Dio delle vendette; ma ora ch' ella sembra di non sapersi muovere a gastigare, come soddisfatta nel rigoroso gastigo preso per voi nel mio Verbo, o se pur si muove, è piuttosto correzione d' amorevol madre co' figliuoli scredenti, che di severo Giudice co' malfattori e colpevoli, e adesso s' adempie quel che fu scritto: Cum iratus fueris, misericordiae recordaberis. Mercé di questa voce del sangue sparso del Verbo. ” PUCCINI, Vita, Firenze, 1611, parte 6, cap. 3.

2 Surge, amica mea, speciosa mea, et veni: columba mea in foraminibus petrae. Cant. II, 13, 14.



3 “Petra, sicut dicit Apostolus, est Christus (I Cor. 4). Et foramina ergo petrae, sunt vulnera Redemptoris. In his itaque foraminibus quaeque fidelis anima commoratur, quia totam suae salutis summam in Salvatoris sui Passione constituit, et in ea spem suam collocans, de gloria sempiterna fida securitate confidit”. S. PETRUS DAMIANUS, Sermo 51, De sancto Matthaeo sermo 3. ML 144-792, 793.



4 “Quid times peccator?... Quomodo te damnabit poenitentem, qui propter hoc moritur ne damneris? Quomodo te abiiciet redeuntem, qui de caelo venit quaerere te?” S. THOMAS A VILLANOVA, Conciones, In Dominicam I Adventus, concio 5, n. 13.



5 Nelle Edizioni posteriori al 1751 troviamo “occideris” ed “eris”. Ha voluto l' Autore mutare il testo di Giobbe usando un linguaggio diretto, oppure incautamente i tipografi?

6 “Ego ipse inter ceteros adfui.... Cumque extremum iam trahere spiritum videretur (Bernardus), in excessu mentis suae ante tribunal Domini sibi visus est praesentari. Adfuit autem et Satan ex adverso improbis eum accusationibus pulsans. Ubi vero ille omnia fuerat prosecutus, et viro Dei esset pro sua parte dicendum, nil territus aut turbatus, ait: “Fateor, non sum dignus ego, nec propriis possum meritis regnum obtinere caelorum. Ceterum duplici iure illud obtinens Dominus meus, hereditate scilicet Patris et merito Passionis, altero ipse contentus, alterum mihi donat, ex cuius dono iure illud mihi vindicans, non confundor.” In hoc verbo confusus inimicus, conventus ille solutus, et homo Dei in se reversus est.” GUILLELMUS, ex Abbate S. Theoderici monachus Signiacensis, Sancti Bernardi Vita prima, liber primus, cap. 12, n. 57. ML 185-258.



7 “Quid misericordius intelligi valet, quam cum peccatori tormentis aeternis damnato, et unde se redimat non habenti, Deus Pater dicit: Accipe Unigenitum meum, et da pro te; ipse Filius: Tolle me, et redime te?” S. ANSELMUS, Cur Deus homo, lib. 2, cap. 21. ML 158-430.



8 Ex cantico Te Deum.

9 “Hic probat quod dabit minus, id est vitam aeternam, quia dedit maius, id est Filium suum.” HUGO DE SANCTO CHARO, O. P. Cardinalis primus, Postilla super Epistolam ad Romanos (in cap. VIII, 32). Opera, VII, fol. 50, col. 3. Venetiis, 1703.



10 “Hodie enim non solum paradisi possessores firmati sumus, sed etiam caelorum in Christo superna penetravimus: ampliora adepti per ineffabilem Christi gratiam quam per diaboli amiseramus invidiam.” S. LEO MAGNUS, Sermo 73, De Ascensione Domini sermo 1, cap. 4. ML 54-396.



11 “Donum Christi, id est gratia, maioris est efficaciae quam delictum.” HUGO DE SANCTO CHARO, O. P. Cardinalis primus, Postilla super Epistolam ad Romanos (in cap. V, 15). Opera, VII, fol. 34, col. 3. Venetiis 1703.

12 In officio Sabbati Sancti, ad benedictionem Cerei.



13 “Imploratio misericordiae, circa quamcumque gratiam invocetur, debet esse... cum fiducia spei, quam habemus a Christo, qui mortuus est pro nobis omnibus.” S. BONAVENTURA, De triplici via, cap. 2, § 2, n. 3. Opera, VIII, ad Claras Aquas, 1898, pag. 8, col. 2. - Cf. § 5, n. 12, pag. 11. col. 2.

14 “Sapientia in praedicatione, iustitia in absolutione peccatorum, sanctificatio in conversatione, quam habuit cum peccatoribus; redemptio in Passione, quam sustinuit pro peccatoribus.” S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 22, n. 6. ML 183-880.




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