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S. Alfonso Maria de Liguori Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
589. ALLA MEDESIMA.
La riprende dolcemente di due mancanze.
Di nuovo ringrazio V. R. del nuovo regalo de' bellissimi
mostacciuoli e de' famosi graffioli, fatti con molta delicatezza, i quali tengono un ricco inaspro di zucchero; ma se fossero stati semplici senza quest'inaspro, più l'avrei graditi, perché quel gran zucchero che vi è, mi da fastidio allo stomaco, ora che sto abbandonato continuamente dentro al letto Basta; di nuovo la ringrazio.
Veniamo a noi. Avete fatto bene ad ubbidire alla Badessa con comunicarvi, ma avete fatto male a lasciare la comunione per quell'altri giorni.
Mi rallegro che ora siete fatta eresiarca. Il confessore non vi proibì la comunione, e voi perché la lasciate? Il confessore con quelle parole volle riprendere la vostra poca confidenza che avete con Gesù Cristo, con tanto timore che lo trattate da
tiranno. E questa poca confidenza, quante volte ve l'ho rimproverata ancor io!
Per carità, per carità, confidate in un Dio che ha data la vita per salvarci, e vuole la salvazione de' peccatori più scelerati ed ostinati. Perché voi ne avete da avere tanto timore?
Io ve l'ho detto, e ve lo torno a dire: Gesù Cristo vi vuol bene, e bene assai; vi vuol mantenere così all'oscuro. Rassegnatevi, ma per carità fate l'ubbidienza mia e della Badessa: non lasciate mai, mai la comunione. Ogni tanto avete da fare una scappata di lasciar la comunione per tanti giorni continui; e questa è quella cosa che vi può rovinare. Se non vi fidate di me, non vi fiderete di mille monsignori Testa. Fate l'ubbidienza.
Per li mali trattamenti delle serve, che ne abbiate avuto qualche disturbo interno, non importa niente. Voi siete di carne, non di pietra. Basta che non lo dimostriate esternamente né ora, né per l'avvenire.
Io da questo mio letto, dopo la comunione, vi raccomando sempre con modo speciale a Gesù Cristo.
Dite a D. Antonia1 che D. Marianna2 certamente non è ossessa, ma è pazza; onde solo Dio che sana i pazzi, ci può rimediare. Che per carità mi liberi di far venire qui D. Marianna! Quest'altro tormento ci vorrebbe in questa infermità che patisco, che mi mantiene pieno di dolori giorno e notte.
Riveritela [D. Antonia] da parte mia, e V. R. non lasci la comunione, e mi raccomandi a Gesù Cristo, che mi dia rassegnazione.
Con questi dolori potrei farmi gran Santo, ma poco me ne so servire: onde preghi per me; e la benedico.
ALFONSO MARIA vescovo di Sant'Agata.
Conforme all'originale che si conserva in una nobile famiglia di Catanzaro.