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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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624. AL MEDESIMO.

Risponde ad alcune accuse che gli si facevano, mostrando grandissima carità verso i suoi censori.

[ANNO 1769?]

Ho letto il mal concetto che ha di me il Padre N. Non serve scrivergli. S. Francesco di Sales, il P. Torres e tanti altri non si sono difesi.

I tre che governano sono il vicario, il quale mi serve nella curia, l'arcidiacono Rainone che sbriga le faccende della curia di S. Agata, e D. Felice, il quale non governa né fa niente.

Io non alloggio. Dico la verità, che mi è questa cosa un infado [disturbo] ed una spesa continua; perché, stando ad Arienzo al passaggio di molti paesi, quasi, per dir cosi, ogni giorno mi tocca ad alloggiar forastieri, e perciò tengo apparecchiati più letti, e più volte l'abbiamo mandati a pigliare a case vicine, quando vi è stata folla.

Dimmi poi, D. Salvatore mio, in quale diocesi non ci stanno guai? Io per me fo quanto posso, ma ogni terra produce spine: una si taglia e nasce l'altra. Ma come vedo, è impossibile rimediare a questi lamenti contra di me. Basta che non si lamenti Dio; e per altro mi giova allo spirito, per umiliarmi, il vedermi da taluni così dispezzato e discreditato, e prego Dio che li faccia più santi di quello che sono.

Al Padre N. avrei caro che gli diceste che mi venisse a trovare, perché così si schiarirebbe nella verità, cosa per cosa . . .

Conforme ad un antica copia.




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