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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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691. AL P. D. PIETRO PAOLO BLASUCCI, IN SICILIA.

Gli indica il modo da tenere per impedire possibilmente la soppressione della casa di Girgenti.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

ARIENZO, 15 MAGGIO 1772.

Io vi feci ieri un'altra mia in risposta alla vostra.1 Ora mi è venuto in mente un pensiero; ma prima di metterlo in pratica, voglio sentire il vostro parere.

Per non istare voi così appesi in cotesta casa di Girgenti, in pericolo di esser cacciati ad ogni mossa simile alla tempesta passata, io penserei di procurare qui in Napoli, per mezzo del Sig. principe di Camporeale, il quale molto mi favorisce e tiene quasi tutti forse i miei libri spirituali, penserei dico, per mezzo di lui, come capo della Giunta di Sicilia, ottenere un ordine reale, che voialtri (perché farei la supplica in nome vostro) non poteste essere amossi da Girgenti. [Nella supplica direi che i missionarî della nostra Adunanza ivi] non hanno né casa propria, né chiesa propria, ma vi abitano come ospiti forastieri in una casa


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aliena, destinata come casa pubblica per dare gli esercizî spirituali agli ecclesiastici e secolari della città e della diocesi, la quale è vasta; poi neppure hanno proprie rendite, ma solamente per loro sostentamento un caritativo sussidio di due tarì Siciliani1 (che poco differiscono da un tarì Napolitano) al giorno, per ciascuno de' cinque missionarî che sono, i quali continuamente faticano nella città ed in tutta la diocesi di Girgenti, girando colle sante missioni.

La richiesta poi sarebbe a S. M., che ordinasse di non poter essere amossi da Girgenti senza suo espresso ordine reale.

Dico così, perché al presente non è possibile sperar dispaccio che ci conceda di abitare in Girgenti con casa e cappella propria, secondo abbiamo i dispacci per Napoli. Del resto, se si potesse avere quest'ordine di non esser discacciati, pure sarebbe un grande aiuto; giacché facendo voi la causa di Dio con tanto bene delle anime, non è possibile che non abbiate continui nemici e tempeste; tanto più ora che V. R. sta spesso a fianco col Vescovo: onde tutti i malcontenti del Vescovo sono vostri certi nemici, pensando che il Vescovo opera per bocca vostra.

Sarebbe buono, come ho detto, quest'ordine del Re; ma con tutto ciò io tremo di far sapere al marchese Tanucci che voi da molti anni state uniti a Girgenti, abitandovi a guisa di casa propria; tremo, dico, con tutte le parole di cautela che ho espresso di sopra, perché il marchese Tanucci abborrisce anche l'ombra delle nuove fondazioni; e forse sinora è stato quieto, perché non l'ha saputo.

Onde penso che forse sarebbe meglio procurarvi costì un ordine dal viceré (al quale, se vi paresse, potrei scrivere anch'io a nome vostro, mentre quando gli scrissi nel passato mi rispose con molta cortesia); dal viceré o dalla consulta di Palermo, o dal consultore almeno, se fosse possibile. Basta: vorrei che vi procuraste qualche ordine di simil fatta, per poterlo opponere


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in caso di persecuzioni che, come penso, non ne mancheranno.

Pensateci e scrivetemi quel che vi pare innanzi a Dio; perché io non mi fido in questa cosa del mio giudizio.

Frattanto vi pregherei in questo tempo che assistete al Vescovo, il quale se vi vuol cacciare ad esso sta, vi pregherei di trattarci quanto meno potete, di non andarlo a trovare se non chiamato o se non per cose precisamente importanti; perché, torno a dire, quanto fa il Vescovo, si dirà che lo fate voi, benché spesso non sarà vero.

Astenetevi ancora di portar raccomandazioni al Vescovo; perché altrimenti vi renderete al Vescovo odioso; e per cautelarvi colla gente e non mostrarvi scortese, direi che vi faceste dare espressa ubbidienza dal Vescovo di non portargli raccomandazioni, perché così avreste una giusta scusa con tutti.

E con tutti non nominatefondazione, né casa propria, né proprie rendite. Dite sempre che così vi state come missionarî, a disposizione del Vescovo per quanto vi vuole, e che state pronti a partire se il Vescovo non vi vuole, o se io, come vostro Superiore, vi comando a ritirarvi tutti da Sicilia in Napoli.

E certo che la guerra più forte che ci possono fare è questa: che voi state costì senza il permesso regio, cosa così gelosa in questi tempi.

Ritorno al primo punto. Se mai si avesse da procurare qui in Napoli l'ordine reale, ho pensato che sarebbe meglio che il Vescovo vostro facesse la supplica al Re, di poter tenere alcuni missionarî in una sua casa o nella casa pubblica, per le missioni della sua vasta diocesi a sue spese; e così procurare poi, per mezzo di Camporeale, di ottenere l'assenso regio.

Ma con tutte queste cautele, io sempre tremo di far sapere al Sig. marchese Tanucci che voi state uniti a Girgenti: perché almeno uscirà l'ordine che fra due o tre anni ve ne torniate da Girgenti; ed io non voglio fabbricare la ruina di cotesta casa colle stesse mie mani. Quando viene da Dio, calerò la testa; ma non voglio piangere di esserne stato io la causa.


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Onde, per conclusione, bisogna solo pensare se potete voi altri, coll'aiuto del Vescovo o di altri, avere qualche ordine favorevole dal viceré o dalla monarchia, perché in Napoli ogni passo che si può essere precipizio. Lascio, per brevità, le cose avvenute qui in Napoli, che tutte mi accrescono il timore non altro; e scrivetemi tutto quel che vi pare in risposta di questa ultima mia, e lasciamo fare a Dio ch'è onnipotente

Da oggi avanti, nella soprascritta, metterò sempre: Al Reverendo Padre D. Pietro Paolo Blasucci, Superiore delle missioni in Girgenti, lasciando dire Fratello e del Santissimo Redentore. Bisogna da oggi innanzi andar con tutte le cautele.

Di nuovo benedico V. R. e tutti.

Viva Gesù Cristo e Maria!

Fratello ALFONSO MARIA

Conforme all'originale che si conserva nel nostro Archivio generalizio di Roma.




1 Questa risposta si troverà nella II Parte (Corrispondenza speciale) in data del 14 maggio 1772.



1 Il tarì siciliano valeva circa 40 centesimi.




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