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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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755. AI PADRI E FRATELLI DELLA CONGREGAZIONE DEL SS. REDENTORE.

Dell'amore di Gesù Cristo, della disgrazia di perdere la vocazione e della regolare osservanza.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

[ARIENZO,] 29 LUGLIO 1774.

Amatissimi Fratelli in Gesù Cristo. Cari Fratelli miei, la cosa principale che vi raccomando è l'amore a Gesù Cristo.

Troppo noi siamo obbligati ad amarlo. Egli a questo fine dall'eternità ci ha eletti e chiamati in questa Congregazione, per amarlo e farlo amare ancora dagli altri. E qual maggiore onore e finezza potea usarci Gesù Cristo, che strapparci da mezzo al mondo, per tirarci al suo amore e non attendere ad altro in questo pellegrinaggio della nostra vita, per cui dobbiamo passare all'eternità, che a dargli gusto e farlo amare da tanti popoli, che continuamente in ogni anno per nostro mezzo lasciano il peccato e si mettono in grazia di Dio?

Quando arriva una delle nostre missioni ad un paese, per lo più, la maggior parte di quella gente sta in disgrazia di Dio e priva del suo amore; ma ecco che appena passano cinque o sei giorni che molti, come svegliati da un profondo sonno, cominciando a sentire i sentimenti, le istruzioni e le prediche, e vedendosi offerire la divina misericordia, cominciano a piangere i


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loro peccati, concepiscono desiderio di stare uniti con Dio; e vedendo aperta la via del perdono, cominciano ad abborrire la vita che prima amavano, cominciano a vedere una nuova luce da sentire una nuova pace; quindi pensano a confessarsi, per rimuovere dall'anima quelle passioni che li teneano lontani a Dio: ed ecco che, dove prima lor parea troppo lunga la essa di un quarto d'ora, troppo tediosa una corona di cinque oste ed insopportabile una predica di mezz'ora, di poi sentono con piacere la seconda e la terza messa, e dispiace loro che la predica sia terminata dopo un'ora e mezza e forse due.

E di chi si serve il Signore, se non di noi, per fare queste mutazioni così ammirabili, riducendo i cuori a compiacersi di quel che prima sdegnavano? In modo che, finita la missione, si lasceranno in quel paese due o tre mila persone ad amar Dio, che prima vivevano sue nemiche, e neppur pensavano a ricuperare la sua grazia.

Ora, se Dio ci onora così, eleggendoci ad esser mezzi della sua gloria e di farlo amare dagli altri, onore che non ha alcun monarca della terra, quanto noi dobbiamo ringraziarlo ed amarlo più degli altri! Si affatichino pure gli altri ad acquistarsi il nome di uomini di garbo e di bell'ingegno; procuriamo noi d'avanzarci sempre di giorno in giorno nell'amore verso Gesù Cristo, procurando di trovar le occasioni di compiacerlo, con offerirgli qualche mortificazione o altro atto di suo gusto.

E se vogliamo assicurarci sempre più l'affetto di Gesù Cristo, mettiamoci sempre all'ultimo luogo e guardiamoci di voler comparire. Chi più si nasconde tra gli uomini, più si unisce a Gesù Cristo. Troppo ingrato con Gesù Cristo si dimostra uno de' nostri Fratelli, che l'ama con riserba, e lascia di fare una vita più stretta con Dio che potrebbe fare.

Fratelli miei, in punto di morte, a quel lume di candela vedremo le grazie che il Signore ci ha fatte, in conservarci la bella vocazione che ci ha data.

Dico la verità: mi viene una gran compassione, pensando a quei Fratelli che un tempo erano nostri, quando viveano in


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pace, soggetti all'ubbidienza, uniti con Dio e contenti di ogni cosa che loro succedeva, ed ora stanno in mezzo al mondo nella confusione e ne' disturbi. Hanno essi bensì libertà d'andare ove vogliono e di fare quel che vogliono; ma quanto fanno, tutto è senza regola, senza spirito e senza quiete. Si ricorderanno da quando in quando di far l'orazione; ma, affacciandosi davanti i loro occhi l'infedeltà che hanno usata con Dio e l'ingratitudine di avere abbandonata la vocazione, troppo sono le punture che soffrono: e quindi avviene che, per non sentire l'asprezza di tali rimorsi, spesso lasciano l'orazione, c così sempre più si avanza la loro tepidezza e l'inquiete.

La loro disgrazia non è cominciata da colpe gravi, ma da piccioli difetti. Per mezzo di quelli, il demonio a poco a poco li ha ridotti a perdere la vocazione.

Torno a dire: io li compatisco dentro l'anima, poiché tengo per certo che la loro vita tutta è confusione e disturbo; e se è angustiata la loro vita, molto più angustiata sarà la loro morte.

Anni sono, ebbi da affaticarmi a confortare uno di costoro, il quale, pensando alla vocazione perduta, era svoltato di cervello, freneticando e dicendo ch'era disperato e non si potea salvare, per aver perduta volontariamente la vocazione.

Pertanto la loro disgrazia dee farci stare attenti a soffrire ogni cosa per non perdere la vocazione, e il primo mezzo è fuggire i difetti piccioli, specialmente contro le regole: chi non fa conto delle regole, non fa conto dell'amore di Gesù Cristo; e si vede coll'esperienza che, chi fa un difetto di Regola ad occhi aperti, e specialmente se il difetto è replicato, subito si sente arido e raffreddato nel divino amore.

Già sapete che il mezzo più efficace per soffrire le cose contrarie è l'amare assai Gesù Cristo, e per amare assai Gesù Cristo

bisogna pregarlo assai.

L'amare Gesù Cristo è l'opera più grande che possiamo fare in questa terra; ed è un'opera, un dono che non possiamo averlo da per noi: da lui ha da venirci, ed egli è pronto a darlo a chi lo domanda; sicché, se manca, per noi manca e per la


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nostra trascuratezza. Perciò i Santi si sono impiegati sempre a pregare, e questa è stata la loro maggiore attenzione.

Io sto certo che Gesù Cristo riguarda con occhio molto amoroso la nostra piccola Adunanza, come la pupilla degli occhi suoi: e noi lo vediamo coll'esperienza che, in mezzo a tante persecuzioni, egli non lascia di farci degni di promuovere sempre più la sua gloria in tanti paesi, con moltiplicarci le grazie.

Io non lo vedrò, perché la morte mi è vicina, ma sto in una certa confidenza che la nostra picciola greggia crescerà sempre da tempo in tempo, non già in ricchezze ed onori, ma nel procurare la gloria di Dio ed ottenere, con le opere nostre, che Gesù Cristo sia più conosciuto ed amato dagli altri.

Ha da venire un giorno in cui ci vedremo, come ben possiamo sperare, riuniti tutti insieme in quella casa eterna, dove non ci spartiremo più, e dove troveremo a noi unite molte centinaia di migliaia di persone che, un tempo, non amavano Dio e poi, condotte per nostro mezzo a ricuperar la sua grazia, l'ameranno eternamente e renderanno eterna la nostra gloria ed allegrezza: e questo solo pensiero non dee spronarci sempre ad impiegarci tutti in amar Gesù Cristo e farlo amare dagli altri?

Benedico tutti e ciascuno in particolare, in nome della santissima Trinità, e prego Gesù Cristo che, per li meriti suoi, accresca ad ognuno che ora vive è viverà nella Congregazione, accresca, dico, sempre più il suo divino amore; acciocché tutti, ardendo in cielo da serafini, possiamo in eterno lodare Iddio e cantare le misericordie che ci ha usate.

Non mai lasciamo poi di raccomandarci alla divina Madre; giacché il Signore ci l'onore e l'allegrezza di promuovere da per tutto le sue glorie: cosa che molto mi consola, e mi una grande speranza che questa buona Madre non lascerà di avere una cura specialissima di ognuno di noi, e di ottenerci la grazia di farci santi.

Finisco, ma non vorrei mai finire per lo desiderio che ho di vedervi tutti innamorati di Gesù Cristo ed operatori della sua


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gloria, specialmente in questi tempi infelici, in cui Gesù Cristo si vede così poco amato nel mondo.

Non mi spaventa il timore della povertà, né delle infermità, né delle persecuzioni; solo mi atterrisce il timore che alcuno di voi un giorno, sedotto da qualche passione, abbia da lasciare la casa di Dio e trovarsi in mezzo al mondo, come è avvenuto a tanti, che un tempo erano della Congregazione, ed ora ne stanno fuori e vivono senza pace; e quantunque alcuni di essi si salveranno, certamente però si troveranno perduta quella gran corona che Dio aveva loro preparata in cielo, se perseveravano nella vocazione.

Perciò, Fratelli miei dilettissimi, preghiamo sempre Gesù Cristo e la nostra Madre Maria per la nostra perseveranza, che Dio vi conceda a tutti per sua misericordia.

Ognuno particolarmente mi raccomandi a Gesù Cristo per una buona morte, che da giorno in giorno sto aspettando.

Io, miserabile qual sono, più volte il giorno prego per ciascuno di voi; e salvandomi, come spero, non lascerò in cielo di farlo meglio di quello che fo al presente.

Raccomando poi in particolare e prima di tutto gli esercizî generali e le tre orazioni mentali. Chi poco ama l'orazione poco ama Dio; quando manca l'orazione, manca lo spirito, mancano li buoni desideri e manca la forza di camminare avanti.

Raccomando la lezione spirituale, che è la compagna individua dell'orazione.

Raccomando l'officio divino, che si dica colla dovuta pausa e senza mischiare l'uno coll'altro verso.

Raccomando l'amore alla povertà: pensate che in tutte le nostre case si vive quasi per miracolo, mentre già sapete che non vi sono rendite. Quelle poche rendite, che vi sono, appena bastano per somministrare quattro o cinque grana per ciascheduno e neppure arrivano a tanto. Onde bisogna che ognuno si contenti di quel poco che riceve per pura limosina di Dio. È un prodigio il vedere come, ogni giorno, vi sia pane a mensa per ciascuno.


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Raccomando il silenzio: dove non vi è silenzio, non vi è raccoglimento; e dove non vi è raccoglimento, non vi è che disturbi e peccati. Uno de' maggiori beni che abbiamo dalla Congregazione è il beneficio del silenzio; e chi guasta il silenzio fa danno a sé ed agli altri.

Raccomando poi, alle missioni, l'ubbidienza a' Superiori.

L'ubbidienza mantiene il buon ordine delle missioni. Ancorché qualche cosa che ordina il Superiore potesse esser meglio regolata, quando si fa l'ubbidienza con puntualità e senza mormorazioni, tutto va bene: Dio vi concorre, e la missione riesce di gran profitto.

Ciascuno poi si guardi di disgustare i Fratelli con parole e saletti che possono offendere la carità, e così anche si guardi di avere qualche impiego nella missione, che non gli è assegnato dal Superiore senza sua richiesta. Come Dio vuol concorrere con qualche esercizio che alcuno pretende di fare per proprio genio? Chi pretende ciò meriterebbe di non uscire più in missione. E questo castigo ben si darà a quelli, che temerariamente vogliono fare qualche ufficio che loro non è dato. Questa sommissione ha fatto riuscire le nostre missioni. Ma ho inteso con mia somma pena, esservi stato in ciò qualche sconcerto. Or basta, spero di non sentire più queste cose.

Benedico tutti e ciascuno in particolare.

Fratello ALFONSO MARIA.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.

 




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