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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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773. A D. TRAIANO TRABISONDA1  

Accenna gli abusi esistenti nella Chiesa, quale dovrebbe essere il Papa futuro, e con quai mezzi può ottenersi una vera riforma.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

ARIENZO, 24 OTTOBRE 1774.

Illmo Sig. e Pne colmo

Amico mio e Signore, circa il sentimento che si desidera da me intorno agli affari presenti della Chiesa e circa l'elezione


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del Papa, che sentimento voglio dar io miserabile ignorante, e di tanto poco spirito qual sono?

Dico solo che vi bisognano orazioni e grandi orazioni; mentre, per sollevare la Chiesa dallo stato di rilassamento e confusione in cui si trovano universalmente tutti i ceti, non può darvi rimedio tutta la scienza e prudenza umana, ma vi bisogna il braccio onnipotente di Dio.

Tra' vescovi, pochi sono quelli che hanno vero zelo delle anime.

Le comunità religiose quasi tutte, e senza quasi, sono rilassate; poiché nelle religioni, nella presente confusione delle cose l'osservanza è mancata e l'ubbidienza è perduta.

Nel clero secolare vi è di peggio: onde vi è necessità precisa di una riforma generale per tutti gli ecclesiastici, per indi dar riparo alla grande corruzione de' costumi, che vi è ne' secolari.

E perciò bisogna pregar Gesù Cristo che ci dia un Capo della Chiesa, il quale, più che di dottrina e di prudenza umana, sia dotato di spirito e di zelo per l'onore di Dio, e sia totalmente distaccato da ogni partito e rispetto umano; perché se mai, per nostra disgrazia, succede un Papa che non ha solamente la gloria di Dio avanti gli occhi, il Signore poco l'assisterà, e le


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cose, come stanno nelle presenti circostanze, andranno di male in peggio.

Sicché le orazioni possono dar rimedio a tanto male, con ottenere da Dio che egli vi metta la sua mano e dia riparo.

Perciò io non solo ho imposto a tutte le case della mia minima Congregazione che preghino Dio, con attenzione maggiore dell'ordinaria, per l'elezione di questo nuovo Pontefice; ma nella mia diocesi, ho ordinato in oltre a tutti i sacerdoti secolari e regolari che nella messa facciano la colletta pro electione pontificis; e desidererei che il Signore ispirasse al Sagro Collegio di scrivere a tutti i Nunzi de' regni cristiani che ordinassero, da parte del Sagro Collegio, questa colletta a tutti i sacerdoti.

E questo è il sentimento che posso dare io miserabile.

Per questa elezione del Papa, io non lascio di pregare più volte il giorno; ma che possono le mie fredde preghiere? Ma con tutto ciò confido a' meriti di Gesù Cristo e di Maria SSma che prima che mi arrivi la morte, la quale mi è molto vicina per l'età così cadente e per l'infermità in cui mi trovo, il Signore abbia da consolarmi con farmi vedere sollevata la Chiesa.

Aggiungo: Amico, anch'io desidererei, come V. S. Illina, vedere riformati tanti sconcerti presenti; e sappia che su questa materia mi girano mille pensieri nella mente, che bramerei di farli noti a tutti; ma rimirando poi la mia meschinità, non ho animo di farli comparire in pubblico, per non parere ch'io volessi riformare il mondo. Le partecipo non però con confidenza, per mio sfogo, i miei desideri.

Bramerei primieramente che il Papa venturo (giacché ora mancano molti Cardinali che si han da provvedere) scegliesse, fra quelli che gli verranno proposti, i più dotti e zelanti del bene della Chiesa, ed intimasse preventivamente a' Principi, nella prima lettera in cui darà loro parte della sua esaltazione, che, quando gli domanderanno il Cardinalato per qualche lor favorito, non gli proponessero se non soggetti di provata pietà e dottrina; perché altrimenti non potrà ammetterli in buona coscienza.


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 Bramerei inoltre che usasse fortezza in negare più benefizi a coloro che stanno già provveduti de' beni della Chiesa, per quanto basta al lor mantenimento secondo quel che conviene al loro stato. Ed in ciò si usasse tutta la fortezza avverso gl'impegni che s'affacciano.

Bramerei, di più, che s'impedisse il lusso nei prelati, e perciò si determinasse per tutti (altrimenti a niente si rimedierà) si determinasse, dico, il numero della gente di servizio, giusta ciò che compete a ciascun ceto de' prelati: tanti camerieri e non più; tanti servitori e non più; tanti cavalli e non più; per non dare più a parlare agli eretici.

Di più! che si usasse maggior diligenza nel conferire i benefizi solamente a coloro che han servito la Chiesa, non già alle persone particolari.

Di più, che si usasse tutta la diligenza nell'eleggere i vescovi (da' quali principalmente dipende il culto divino e la salute dell'anime) con prendersi da più parti le informazioni della loro buona vita e dottrina necessaria a governare le diocesi; e che, anche per quelli che siedono nelle loro chiese, si esigesse da' metropolitani e da altri, segretamente, la notizia di quei vescovi, che poco attendono al bene delle loro pecorelle.

Bramerei ancora che si facesse intendere da per tutto che i vescovi trascurati, e che difettano o nella residenza o nel lusso della gente che tengono al lor servizio, o nelle soverchie spese di arredi, conviti e simili, saranno puniti colla sospensione o con mandar vicari apostolici a riparare i loro difetti; con darne l'esempio da quando in quando, secondo bisogna.

Ogni esempio di questa sorta farebbe stare attenti a moderarsi tutti gli altri prelati trascurati.

 Bramerei ancora che il Papa futuro fosse molto riserbato nel concedere certe grazie che guastano la buona disciplina; come sarebbe il concedere alle monache l'uscir dalla clausura per mera curiosità di vedere le cose del secolo, il concedere facilmente a' religiosi la licenza di secolarizzarsi, per mille inconvenienti che ne vengono.


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Sovra tutto desidererei che il Papa riducesse universalmente tutti i religiosi all'osservanza del loro primo Istituto, almeno nelle cose più principali.

Or via, non voglio più tediarla. Altro noi non possiamo fare che pregare il Signore, che ci dia un Pastore pieno del suo spirito, il quale sappia stabilir queste cose da me così accennate in breve, secondo meglio converrà alla gloria di Gesù Cristo.

E con ciò le fo umilissima riverenza, mentre con tutto l'ossequio mi protesto

Di V. S. Illma Devmo ed obblmo servo vero

ALFONSO MARIA, vescovo di Sant'Agata de Goti.

Conforme all'originale che si conserva in Firenze nella casa professa delle Scuole Pie.




1 Questa lettera, diretta a D. Traiano Trabisonda, era stata provocata dall'Emo Castelli per servirsene nel Conclave; tanta era la stima che si aveva di Alfonso! Ma è meglio qui riferire le parole stesse del Tannoia che (lib. III. cap. 55) così scrive in proposito:

" L'eminentissimo Castelli, ben sapendo il gran credito che presso tutti godeva Alfonso per lo spirito di Dio che l'animava, e di qual peso fosse presso i Cardinali la sua autorità, volle (essendo imminente il tempo che questi dovevan chiudersi nel Conclave) che egli, come rispondendo ad una persona zelante ed amica che ne lo avesse richiesto, stendesse in una lettera i principali abusi che dovevan togliersi dalla Chiesa e dall'ecclesiastica gerarchia, e le altre cose che dovevan prendersi in considerazione nell'elezione del nuovo Papa. Ciò chiese il Cardinale, per fare presente questa lettera nel Conclave, affinché si eleggesse un Papa, quale si richiedeva in quelle circostanze. Arrossì Alfonso a questo comando; ma tuttavia, tanto per lo zelo della divina gloria, quanto per ubbidire a un Eminentissimo che egli tanto stimava, raccomandatosi prima a Dio, così gli rispose a' 23 di ottobre 1774: Amico mio, ecc. "






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