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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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793. AL P. D. ANDREA VILLANI.

È di parere che si venga a qualche transazione col Sarnelli, ad allontanare danni ulteriori dalla congregazione.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

ARIENZO, 20 MARZO 1775.

Leggete tutto in segreto.

Don Andrea mio, circa il Barone [Sarnelli], da più giorni non ricevo alcuna notizia da Napoli, né di male né di bene; e temo di qualche altra burrasca che mi avesse a far perdere la testa: di che sono stato in pericolo ne' giorni passati; ma oggi, per grazia di Dio, ho passato meglio assai.

Frattanto mi ha scritto D. Paolo Sarnelli, mio avvocato e più affezionato a me che al Barone; mi ha scritto (dico) che, se esso può far qualche cosa, farà tutto quello che può. Onde mi ha scritto che esso è pronto a mettere in campo qualche progetto di aggiustamento.

Io per altro sto spaventato dalla vista orrida della distruzione di tutta la Congregazione, e lo spavento mi sta avanti gl'occhi; perché siamo in tempi che si cerca l'occasione per distruggere le opere spirituali.

Pensando e ripensando, non mi parrebbe improprio di far proponere il seguente progetto: Il Barone tiene che la vigna rende quattro o cinque cento ducati, e che appresso renderà molto più.


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Supposta questa idea del Barone, io non avrei difficoltà di accettare il partito che il Barone, senza ponere noi le mani in carta, esso si affittasse o facesse affittare da un uomo suo la vigna dall'arcivescovo [di Salerno], o sia dall'economo (col consenso nostro segreto) per la rendita di 300 ducati l'anno, con obbligarsi l'affittatore a corrisponderci ogni 4 mesi cento ducati la volta, e così seguirebbe per l'avvenire. Ed in questo modo si quieterebbe il Barone da una via, e dall'altra ci quieteressimo noi, perché sottosopra poco più di 300 ducati può rendere la vigna, e mi contenterei che ci rendesse ogni anno 300 ducati.

Di ciò non ho scritto niente a niuno, né voglio operare solo di capo mio. Consigliatela tra di voi: V. R., il P. Mazzini, il P. Cimino, il P. Corrado, e se bisogna, mandate a chiamar da parte mia i PP. Blasucci, Maione e Caione, se si trova, acciocché vengano a trovarvi, quanto più presto; perché, quando poi la causa è appuntata, allora o dentro, o fuori!

Le cose son pericolosissime (trattandosi di tutta la Congregazione) e son dubbie; sta come pigliano; dipendono dalle apprensioni de' Ministri; abbiamo che fare con Turitto che stima sua gloria buttare a terra un'opera di queste. Il marchese Tanucci poi più spavento di tutti, supposte tutte le circostanze che sappiamo. Onde non mi pare cosa di lasciarla in mano del caso, con tal pericolo.

Se mai anche voi altri c'inclinaste, temo che questo progetto non piacerà al Sig. [D. Gaetano] Celano, il quale penso che brami la gloria di vincer questa causa; ma non so se a noi conviene di lasciar in pericolo il tutto, quando vi fosse il modo di quietar la tempesta; dico, quando vi fosse: perché può essere che il Barone, credendo certa la sua vittoria, neppure ci dia orecchio. Ma in questo dubbio, stimerei prudente il tentare in qualche modo, come ho detto, se potesse riuscire questo progetto.

Pensateci, discorretela e scrivetemi il parere degli altri. Ma fate presto; perché non vorrei che frattanto si appuntasse la causa.

Benedico V. R. e tutti.

Di V. R.            Fratello ALFONSO MARIA.


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[P. S.] Dite al Padre bibliotecario che mi mandi Lambertini sopra la Messa, per osservar certe cose. Ve lo rimanderò. Desidero ancora di osservare tre o quattre tometti del P. Sassi [Sacy] sopra la Scrittura.

Direte che, essendosi già parlata la causa per parte del Barone e portati li documenti, direte che per noi non vi è altro rimedio, che il fisco farebbe la sua determinazione; ma no: perché, quando alle cause non si seguita ad accudire, le cause muoiono, come si sa coll'esperienza, e non se ne parla più.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




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