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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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814. AL P. D. ANGELO MAIONE, IN NAPOLI.

Gli parla delle difficoltà insorte intorno alla pensione, assegnatagli dal Sommo Pontefice, e poi di cose riguardanti personalmente il Maione e la causa che si agitava in Napoli.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

NOCERA, 20 NOVEMBRE 1775.

(Leggete quel che sta dietro questa pagina, perché vi sta quel che importa, per cui mando di nuovo il corriero )

Sento le difficoltà di Vivenzio circa l'exequatur della mia pensione, per non esservi il vescovo che la dee pagare.

Nel transunto, sta dal Papa ordinato che la pensione si paghi dal vicario del vescovo o dal primo canonico di Sant'Agata; ma non essendovi per ora il vescovo, che forse non vi sarà per più anni, e per conseguenza non essendovi il vicario del vescovo, la pensione si pagherà dal primo canonico; giacché la pensione non si paga che dalle rendite della Mensa.

E necessario avvertire questo punto agli avvocati, perché sempre possono dire: quando non ci è vescovo, chi paga la pensione? Ma nel transunto sta espresso che dee pagare il primo canonico, e non ci è bisogno ora del decreto del vicario; giacché non vi è né vescovo, né vicario, e frattanto il povero vescovo anteriore, essendo di ottant'anni, infermo e cionco, ha bisogno di alimento e servitù.

Non altro, e la benedico.

Di V. R.

Fratello ALFONSO MARIA.

[P. S.] Avvisatemi poi, quando è tempo, se bisogna mandare qualche regalo di danari a Picchineda, perché ve lo manderò.


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Prego V. Riv. da oggi avanti, quando io scrivo assoluto, lo metta in esecuzione siccome lo scrivo, senza consultare altri.

Io, in tutte le cose mie, dipendo sempre e cerco mille consigli; ma per certe cose, che considero buone assolutamente, non vo cercando consigli.

Dico ciò, perché mi ha dispiaciuto che V. R. sinora non ha dato a Vivenzio né la lettera, né la fede, quando io appostatamente le prescrissi che subito gli consegnasse l'una e l'altra.

Non pretendo che Vivenzio andasse a parlare a Tanucci, prima che si veda l'esito della causa nella Camera, nel caso che la Camera non fosse inibita. In ciò mi rimetto al sentimento degli avvocati. Desidero per altro che presto vada Vivenzio a parlare forte con Tanucci, il quale sinora non è stato parlato che da' nostri nemici; ma del resto approvo che sarebbe meglio di parlare a Tanucci dopo la consulta favorevole della Camera.

Faccia pertanto capitare presto la mia, colla fede, a Vivenzio.

Non credo che in ciò possa aggravarsi Celano; ma se V. R. prevedesse mai che Celano potesse pigliarne ombra, V. R. con bella maniera aggiusti la cosa, come meglio le pare; ma dia subito in ogni conto la lettera colla fede a Vivenzio.

Non occorre che io spieghi i motivi che mi spingono a questa premura. V. R. faccia l'ubbidienza. Ciò non appartiene alla guida della causa, nella quale io dipendo dalla prudenza de' savi.

Spero che per tutto quest'oggi non sia inibita la Camera, ma mi pare difficile. Volesse Dio e l'affare degli tre ministri aggiunti andasse come l'ha pensato Celano, ma pure mi pare difficile.

Non altro; di nuovo la benedico.

Io poi vi ringrazio dell'attenzione che avete specialmente per questa causa, la quale vi tiene così agitato. Prego Gesù Cristo e la Madonna che ve la paghino.


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Mi avete nominato il monastero di S. Margaritella. Vi sono due S. Margaritelle, ed io ci ho buona mano coll'uno e coll'altro: uno sta sovra S. Potito, e l'altro sovra la Stella. Informatevi e ditemi che cosa avrei da scrivere; perché per ora non saprei.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro collegio di Saint-Trond, nel Belgio.




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