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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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869. AL P. D. FRANCESCO ANTONIO DE PAOLA, NELLA CASA DI FROSINONE.

Gli fa un dolce rimprovero e ad un tempo, dettegli parole di paterna consolazione, gli parla di vari affari di quella casa.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

[NOCERA, MESE DI LUGLIO 1777.]

Ho ricevuta la vostra de' 16 di luglio.

Mi ha consolato, da una parte, il leggere che col P. Costanzo non avete avuti contrasti, anzi siete andati di


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concerto; ma poi mi avete sconsolato, facendomi leggere certe parole ch'io non aspettava dalla vostra rassegnazione e sperimentata affezione all'ubbidienza: Son risoluto di venirmene in Regno.

Vi compatisco, mentre vedo che queste parole l'avete scritte nel colmo della perturbazione, e spero che a quest'ora già ve ne siete pentito; mentre con tali parole e pensieri certamente non avete dato gusto a Dio.

La mia lettera non poteva esser causa di farvi parlare così, mentre io la scrissi con tutto l'affetto che sempre vi ho portato.

Che poi alcuno abbia pensato che siete di umore fastidioso, come vi scrisse il P. Villani, il vostro buono spirito richiedeva che abbracciaste con pace questa mortificazione; tanto più che ben sapete quanto il P. Villani vi ama e vi stima.

Simile riprensione, il P. Villani l'ha fatta ancora a me; ma io per grazia di Dio l'ho ricevuta con pace, e mi ha servito per esser moderato ed umile nelle occasioni.

Orsù, non fate più caso né della lettera mia, né di quella del P. D. Andrea [Villani]; e quella di D. Andrea laceratela, e seguitate a vivere in pace costì col P. Costanzo e cogli altri. E quando il P. Costanzo, o altro compagno, persistesse a voler qualche cosa che paresse a V. R. di positivo sconcerto, rimettetevi a me e scrivetemi.

Veniamo ora a quello che serve.

Il P. Blasucci io l'ho mandato a chiamare; perché non posso resistere più a tanti appletti, che mi dànno quelli di Girgenti, uniti al desiderio che ha del suo ritorno il Cardinale Branciforti. Ed all'incontro, vedo che questa missione è ruinata ed è perduta, se non vi ritorna il P. Blasucci; mentr'io ho tutto l'impegno che quella missione non si perda, essendo ella di molta gloria di Dio. E ritornandosi il P. Blasucci, penso di farvi ritornare anche il P. Lauria.

Ma il punto sta che il P. Blasucci mi scrisse che stava poco bene collo stomaco, e temo che non abbia da stare peggio coll'aria calorosa di Girgenti.


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Del resto, io vorrei che almeno ora andasse in Girgenti per rimediare alla ruina di quella missione; e poi, se bisognerà tornare all'aria fresca o di Napoli o della Romagna, allora vedremo di risolvere quel che sembrerà maggior gloria di Dio. E perciò ho mandato a chiamare il P. Blasucci che venga subito a trovarmi a Nocera, acciò risolviamo con lui quel che ci pare più spediente, e lasci V. R. per Superiore di cotesta [casa].

Il P. Blasucci mi scrive che, per rimediare ai debiti e spese necessarie in Frosinone, vi bisognerebbero 500 ducati.

Al presente, io sto alli calori, ma spero fra breve ricevere soccorsi.

Onde aspetto il P. Blasucci per concludere quel che si ha da risolvere circa la fabbrica, circa la lite della chiesa, e circa il prenderci danaro in prestito; ma se vi bisognasse pertanto qualche somma necessaria nelle presenti circostanze, procurate di farvela improntare, e scrivetemi presto, dopo ricevuta questa mia.

Intanto la prego a mettersi totalmente in pace.

Ne' principi delle fondazioni, necessariamente si hanno da patire strettezze, confusioni, contraddizioni; ma se stiamo rassegnati totalmente alla volontà di Dio, Dio rimedierà a tutto.

Raccomandatemi a Gesù Cristo, e vi benedico.

Di V. R.

Fratello ALFONSO MARIA.

[P. S.] Quando vedrete Monsignore di Veroli, salutatelo divotamente da parte mia, e così anche in Frosinone salutate da parte mia il Sig. Buonpiani, il canonico Vespasiani, il canonico Ciceroni e tutti gli amici. Scrivetemi poi, con farmi sapere se si son cominciati ad esigere li 200 scudi, e quanto si è ricavato dalla questua; e di quando in quando non lasciate di scrivermi, perché ho a caro di aver notizia di voi e delle cose vostre.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




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