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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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877. AL P. D. FRANCESCO ANTONIO DE PAOLA, NELLA CASA DI FROSINONE.

Con umiltà e carità gl'indica le ragioni ond'è mosso a cambiar di stanza alcuni soggetti, e l'anima a fare il possibile per il buon governo delle due case dello Stato.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

NOCERA, 12 OTTOBRE 1777.

Don Francesco mio, ho ricevuta l'ultima vostra dei 5 di ottobre.

L'infermità di [D. Diodato] Criscuoli non è stata finta. In questo tempo gli sono arrivati più svenimenti, ed uno gli è venuto qui a Nocera; onde li medici dicono ch'è perduto di


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salute, ed in fatti il [suo] colore è oscuro e giallo. Che voglio aspettare gli venga un moto apopletico? Io poco volea crederlo, ma ha bisognato credere a' medici. Esso poco servirà più, tanto che non esce alle missioni.

In quanto poi a Blasucci, neppure è vero che quelli di Girgenti mi hanno sustato e fatto cedere; ma io che ho vedute le circostanze [ho riconosciuto che] quella missione non poteva durare, per li disgusti degli altri soggetti fra di loro; e perciò, per non distruggere una missione di tanta gloria di Dio (si tratta di una diocesi di cento venti mila anime) ed era ruinata, e perciò mi ha bisognato mandarvi Blasucci, dopo che stentai tanto tempo per farlo venire da Girgenti.

Dio mi mantiene per bene della Congregazione e per sua gloria. Parea bene a V. R. abbandonare questa missione? Né vi è alcun soggetto di garbo che ci vuole andare a Girgenti, in mezzo a quelle montagne di gesso.

Per grazia di Dio, il Francese [l'abate Arnauld] prima non poteva soffrire il P. Landi, ma poi avendo sperimentato per più tempo il P. Criscuoli, sospirava il P. Landi, e lo sospiravano tutti gli altri; perché Criscuoli si era fatto così pittimoso [noioso] che non lo potevano più digerire, e se non se ne andava, succedeva forse qualche rumore.

Quando io fo qualche mutazione, prego V. R. ad informarsi prima di tutte le cose, e poi lamentarsi. Io, per fare queste risoluzioni, sono stato cento anni a meditare ed a consigliarmi.

In quanto poi al segretario e Monsignore [di Veroli], è bene che V. R., un giorno di questi, ne informi Monsignore e 'I segretario di tutto; acciocché non pensino che io operi a caso: il che potrebbe inquietarli; e le stesse cause di mutazione, V. R. le dirà al Signor Buonpiani che io stimo tanto. Rappresentate così tutte queste cause, non pareranno più ridicole queste risoluzioni.

Il P. Grossi è buono; ma io non voleva perdere uno de' soggetti, perché alla Romagna non vi è chi ci vuole venire. Al P. Landi poi ho detto che non faccia niente, e tutto faccia con consulta di voi altri.


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Pertanto vi prego a non pianger più; perché se fosse durato Criscuoli, quelli di Scifelli forse avrebbero fatto qualche sproposito.

Aggiungo: il P. Grossi ha da venire subito in Napoli; perché è venuto qui il padre come una furia, dicendo che vuole il figlio, perché la casa sua passa guai per timore di rovina e di omicidi per uno o più fratelli. Onde Grossi non volendo venire, ho dovuto scrivere che venga senza meno; perché il padre se ne andò da qui, [dicendo] che, se non veniva il figlio, ricorreva. E se dalla Corte esce qualche dispaccio che tutti i Padri della Romagna si ritirino qui, noi che facciamo?

Pregate Dio che mi dia forza a resistere a tante cose contrarie.

In quanto alle messe, io ho detto che non si caccino danari fuori di Regno anche per le messe; perché lo straregnar moneta ci potrebbe distruggere in tutto; ma non ho detto che non si prendano messe.

Rimediate come meglio potete. Se delle messe se ne facesse una raccolta (dico questo in segreto) e poi, fatta qualche somma che arrivi a dieci o quindici ducati, se ne può fare una o due fedi in Napoli e poi mandarle; perché il mandar fedi non è straregnare.

Avvisatelo questo a chi tiene il conto delle messe a Scifelli; ma segretamente, acciò fuggiamo tutte le accuse.

Dio ha da fare questo miracolo di mantenere coteste case così povere con una somma miseria. Dio ci penserà: fate animo!

Per ultimo, io non diffido di V. R. Diffido della miseria in cui mi trovo e voi vi trovate.

Del resto, non vorrei che cotesta casa, posta per mettere la Regola in piedi, avesse da andare in fumo; e perciò con questa misura regolatevi ne' dubbi, come meglio potete: tanto più che praticando in Regno, stiamo in pericolo d'avere qualche dispaccio distruttivo per le case di Napoli; e finite le case di Napoli si possono dir finite anche quelle della Romagna.


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Mi pare che tutto quello che ho scritto, tutto è sano; perché tutto l'ho scritto con considerazione.

Del resto fate animo, e state allegramente; perché l'opera è di Dio, e Dio è tutta la mia confidenza, e Dio vi ha scelto per sostenitore di coteste due case, ma specialmente di Frosinone dove state.

In quanto alle missioni, verranno costì a dicembre due soggetti, cioè uno è già venuto, il P. Mascia, che non può restare per impedimento di casa, e l'altro verrà da qui, facilmente col P. Grossi.

Benedico V. R. e tutti.

ALFONSO MARIA DE' LIGUORI.

[P. S.] Dite al P. Grossi o altro Padre che affatto non parli con Araldi dell'affare del territorio; perché quello, quando si sente parlare de' nostri, si mette in porta di ferro.

Dite a Grossi che se l'intenda solo con Campanaro, e niuno più.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




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