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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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960. AL P. D. FRANCESCO ANTONIO DE PAOLA, PRESIDENTE DELLE CASE NELLO STATO PONTIFICIO.

Gli espone la storia e le ragioni dell'accettazione del Regolamento, Per informarne il Sommo Pontefice che lo bramava.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

NOCERA, 18 OTTOBRE 1780.

Lessi la vostra risposta: Il Papa vi accorda l'essere Rettore Maggiore dello Stato e delle case del Regno, purché si conosca la causa.

Per intendere la sostanza del tutto, bisogna sapere che, quando il Papa Benedetto XIV ci mandò la Bolla di approvazione della nostra Congregazione sotto il titolo del SSmo Redentore, il re Carlo di allora non volle accettar la Bolla; onde del Regolamento allora inviatoci insieme dal Papa non abbiamo potuto far pubblico uso. Appena il Monarca ci concesse di convivere in quattro case del Regno. Non volle ratificar la Bolla, dicendo ch'egli non voleva introdurre nuove religioni; ed approvando


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la nostra Congregazione, coi voti di povertà, castità ed ubbidienza col voto di perseveranza, sarebbe stato lo stesso che accettare una nuova religione.

Perciò poi alcuni de' nostri compagni han procurato dal Re questo nuovo Regolamento; il quale, per altro, non parla che di esercizî, di pratica da osservarsi nelle missioni e nelle nostre case, dal Principe a noi assegnate.

Io, per me, e tutti i miei compagni avremmo desiderato di seguitare la Regola antica. Io specialmente ho fatto tutta la diligenza e fatica, per molto tempo, per rimettere in piedi la Regola antica; ma non mi è potuto riuscire, ed ho dovuto cedere, per evitare il pericolo di essere anche discacciati.

Qual forza poteva io avere per rimettere in piedi la Regola antica, contra la volontà del Monarca e de' suoi ministri, che sostengono il sentimento reale?

Sempre sia benedetto Dio, il quale mi mantiene così afflitto che non faccio altro che piangere! Mi dice il pensiero che Dio, per causa de' peccati miei, castiga me e tutti i miei compagni.

Il Papa mi speranza di restituirmi l'officio di Rettore Maggiore; ma il colpo che mi ha ferito non è stato questo: è stato la proibizione delle facoltà delle missioni, senza le quali poco possiamo aiutare le anime.

Queste facoltà vorrei vedere ricuperate, per poterci aiutare scambievolmente, siccome abbiamo fatto sinora.

Veda V. R. quel che può fare per ricuperare queste facoltà; altrimenti io seguirò a star sempre afflitto.

Colla corte di Napoli non so che fare; perché la corte di Napoli, già sapete che difficilmente cede ne' punti suoi, e presso quella tutte le mie domande saranno inutili.

Rispondetemi e datemi qualche speranza; e vi abbraccio con tutto il cuore, come fratello.

Nella sua lettera al P. Tannoia, V. R. ha scritto che desidererebbe d'essere chiamato da me in Napoli1; ed io ho tutto il


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desiderio ancora di vedervi per concludere la nostra riunione, almeno in quel modo che ora può succedere; onde, se la vostra venuta potesse succedere fra breve, mi sarebbe di molta consolazione. Se poi non potesse succedere, almeno scrivete di nuovo per vedere la via che abbiamo da tenere.

Intanto raccomandiamo l'affare a Gesù Cristo e confidiamo in Maria Vergine. Finalmente l'abbraccio e resto.

Oggi è stato qui Monsignore di Gaeta, e da qui è andato a Benevento a trovare il Cardinale Banditi, il quale spero che farà tutto il possibile per la nostra riunione, o almeno per ottenerci il favore di poterci aiutare gli uni cogli altri in quel modo che si può.

Di nuovo l'abbraccio e resto

Di V. R.

Fratello ALFONSO MARIA, vescovo.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




1 Cioè a Nocera de' Pagani.




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