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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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1022. AI SIGNORI RAPPRESENTANTI IL COMUNE DI PERDIFUMO.

Dimostra, non dipendere da sé il compiacerli in una dimanda, e si lamenta di ricorsi, fatti presso il Re ingiustamente contro la Congregazione.

Viva Gesù!

PAGANI, 18 GENNAIO 1783.

Molto illustri Sig. e Pni colmi.

Con piacere ricevo la stimatissima delle Vostre Signorie molto illustri; ma non sono in grado di poter eseguire quanto in quella m'insinuano, ad oggetto che, senza motivo forte, io non posso mandare dalla Congregazione chicchessia; e facendo il contrario, ne sarei gravemente reo innanzi al Signore.

Le ragioni, da esse umiliate alla Maestà del Re, da D. Pasquale1. Si negano, sì in rapporto alla povertà di sua casa, come in riguardo ai bisogni di cotesto pubblico.

Io gli feci mandare tanto il dispaccio a me diretto, che i ricorsi fatti dal di lui padre e da questa Università, per metterlo nel pieno arbitrio di ritornarsene nella sua patria; ed egli affatto non vuol venire, avendo risposto tutto al contrario di quello s'è fatto sentire al Re nostro Signore.

Dunque qual rimedio posso io trovare? Forse cacciarlo con violenza? Ciò non conviene.

Le Vostre Signorie molto illustri facciano capo dal cennato D. Pasquale, e volendo ripatriarsi, gli darò mille benedizioni; né egli ha bisogno di mio permesso, se volesse far nuova risoluzione: è nell'onnimoda libertà di far ciò che vuole.

Ecco dunque i miei veri sentimenti. Solo mi è dispiaciuto, e non poco, le soverchie caricature, date a questa menoma Congregazione


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nei ricorsi fatti al real Trono. Se ne avrebbe potuto far a meno. Del resto, io spero di tollerare con pazienza le cose avverse per amore di Gesù Cristo.

Con che mi offerisco a servirle, e con sincera stima mi dico

Delle Signorie vostre molto illustri

Devmo servo obblmo

ALFONSO MARIA DE' LIGUORI, vescovo.

Conforme all'originale che si conserva nell'Oratorio dell'Arciconfraternita della Mercede e S. Alfonso, in Napoli.




1 Probabilmente D. Pasquale di Mauro, di Perdifumo nella provincia di Principato Citra, il quale era stato ammesso al noviziato il 13 novembre 1782.




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