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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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159. AL P. D. NICCOLÒ SAVIO, PRETE DELL'ORATORIO DI PALERMO, ALL'OLIVELLA.

Gli manda alcune copie dell'Appendice, e gli dice perché non ha risposto se non a due dell'ultime opposizioni del Patuzzi, ed in fine riferisce il giudizio che di lui si è fatto da un Religioso in Napoli.

 

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

SANT'AGATA, 21 LUGLIO 1765.

 

Molto Revdo Padre, Sig. e Pne colmo.

Avendo io stampato una mia Appendice all'Apologia consaputa, dopoché inviai a V. R quelle mie quattro Apologie, le invio al presente queste quattro Appendici, acciocché similmente


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ne dispensi una al mio riverito P. Bonanno e due altre, da parte mia, al P. Provinciale de' Gesuiti ed al P. Gravina.

In queste Appendici mi è stato necessario rispondere a quell'altro libro: Regola de' costumi, ancora ultimamente uscito, ove si nega darsi ignoranza invincibile sopra qualunque cosa di legge naturale, ancorché rimotissima da' primi principi ed oscura.

Mentre però stavansi tirando gli ultimi fogli di quest'Appendice, mi è venuto in mano la seconda Risposta del P. Patuzzi che ora ha fatta alla mia Apologia.

Io non ho voluto rispondere di nuovo a quel che ha scritto, sì perché le sue cose son vecchie, sì perché ho voluto osservare il proposito di non rispondere. Solamente mi è stato necessario rispondere specialmente a due altre opposizioni di nuova teologia, inventate dal P. Patuzzi contra il principio da me provato, che i precetti dubbi di legge naturale non obbligano, perché non sono abbastanza promulgati.

Mi conservi nella sua grazia e non si scordi di raccomandarmi a Gesù Cristo nella messa.

Vi sono gran richieste della mia Apologia da Roma e dalle altre parti d'Italia: onde sarà necessario che io la faccia ristampare.

E pieno di stima mi rassegno

Di V. R. Divmo ed obblmo servitore vero

ALFONSO MARIA, vescovo di Sant'Agata.

 

[P. S.] La voglio far ridere. Il nostro P. Caldarera, ho inteso che in Napoli mi sta piangendo per dannato; perché io non seguito la rigida sentenza, ch'egli ha sposata quando parlò in Roma co' PP. Filippini di Roma, i quali si vantano di difendere questa bella sentenza. Povero vecchio (piangea il P. Caldarera) si dannerà per questa sua sentenza!

Povero me per i miei peccati veri! ma per questa sentenza certamente non posso dannarmi, perché la tengo per certa; e nella mia diocesi, nego la facoltà di confessare a chi tiene la rigida sentenza, perché l'ho per certamente falsa e perniciosa per la salute delle povere anime. E ciò l'ho scritto più a lungo all'istesso P. Caldarera.


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Credonsi questi antiprobabilisti di zelare l'onore di Dio, e non vogliono vedere che zelano la propria opinione e la propria stima con disprezzare i probabilisti, come se non possa farsi santo chi non seguita il lor rigore e non riduce le anime a disperarsi o pure a rilasciarsi; poiché è facile rilasciarsi chi si vede troppo stretto dagli obblighi di coscienza.

Rifletta V. R. specialmente a quel che sentivano anche gli antichi circa l'assolvere penitenti, in fine del II dell'Appendice che mando.

Fra le lettere vicine, cioè in fine dell'Appendice, vi è ancora la bella lettera di V. R.1

Conforme ad un'antica copia.

 

 




1 Ecco la lettera del P. Savio, quale si trova stampata nella suddetta Appendice.

Non può V. S. Illma immaginarsi con quale ansietà si aspettava in questa capitale [a Palermo] la risposta sua contro il P. Patuzzi, e specialmente la risposta alla condanna supposta di tutto il probabilismo. Ma ora l'assicuro che eguale all'ansietà è stato il comun piacere, nell'osservare con robustezza e chiarezza, tutta sua propria, la risposta convincente a tutte le opposte ragioni.

I due principi, o sieno fondamenti, del di lei probabilismo santo e cristiano trionfano a maraviglia: se la legge non è promulgata, o non è certa, non può in eterno obbligare. Ed in contrario a tante ragioni ed autorità, non possono specularsi dagli avversari se non che cavillazioni e sofismi.

Il decreto poi della S. C. [dell'anno 1761] per la supposta condanna pare che non abbia alcuna forza; giacché per la ragione della diversità tra la condanna del Foglio, o siano Tesi, e tra le proposizioni condannate da' Sommi Pontefici, apparisce notabile differenza, non essendo condannate le singole proposizioni del Foglio, giusta il costume di simili proposizioni. E poi le lettere a V. S. Illma capitate da Roma, da persone sì circospette ed autorevoli, bastantemente mostrano la mente della S. C. e di S. Santità; sicché non resta che glorioso, anzi che proscritto, il sano probabilismo. Tutti i veri saggi si congratulano con V. S. Illma per aver messa in buon lume la dottrina di S. Tommaso, il moderato probabilismo.

 

Resto ecc.

Palermo, 30 maggio 1765.

 

Divmo ed obblmo servo vero NICCOLÒ SAVIO, dell'Oratorio.






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