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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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314. AL SIG. GIUSEPPE REMONDINI.

Lo avvisa dell'ultimo lavoro compiuto per la Morale, secondo il quale dovrà per ragioni che gli (esprime), ristamparla per l'avvenire.

 

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

NOCERA, 26 GIUGNO 1777.

 

Illmo Sig. Sig. e Pne colmo.

In questa settimana ho già ricevuta la copia della Morale.

Io, come le scrissi nell'altra mia, già tengo tutta compita altra copia rinnovata ed aggiustata, che certamente sarà l'ultima della mia vita1, e già sarei pronto a mandarcela, se avessi avuto avviso di V. S. Illma di mandarcela. Pertanto la prego, nella prima occasione che avrà, di mandarsela a pigliare; mentre io subito la consegnerò al Sig. Moschini, al quale avrà già scritto, come mi avvisò nell'altra sua; onde io manderò


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subito, in questa settimana, la mia copia aggiustata al Sig. Moschini col foglio dentro, ove ho scritto quello che ho tolto dalle copie già fatte, e tutto quello che vi ho aggiunto e riformato; e se Moschini la riceverà, già ella l'avrà in mano sua; e se Moschini per ora ricusa di riceverla, l'avrà quando Moschini la riceverà.

Frattanto questa mia nuova Morale la manderò oggi appunto in Napoli al Fratello Ilardo, acciocché la consegni quando Moschini accetterà di riceverla. Non importa che per ora V. S. Illma non ha intenzione di fare questa ristampa: io la prego a farsela mandare da Moschini quanto più presto, perché la conserverà ella per quel tempo in cui farà l'altra ristampa.

Io le dico una cosa, alla quale V. S. Illma non avrà per ora fatta riflessione, ed è questa: Per ora in Napoli i revisori de' libri non han fatta difficoltà di ricevere queste copie antiche; ma per l'avvenire, non sarà difficile che in Napoli queste copie antiche non si ricevano più; mentre al presente si trova dismessa la Compagnia, e sono aborriti i libri e specialmente le Morali de' Gesuiti: onde per l'avvenire non sarà difficile che in Napoli (e così forse in altre parti d'Europa) facciano difficoltà di ricevere questa mia Morale antica, in cui vi stanno aggiunti in principio più trattati, fatti da Gesuiti, a favore del probabilismo che oggidì è detestato universalmente da tutti, ed in Napoli specialmente non si può nominare.

Ed io in Napoli sono stato caricato da un ministro [Ferdinando de Leon] che ha fatta una relazione contra di me e contra la mia Morale, dicendo che dalle opere mie si vede che io sono probabilista e seguace del sistema de' Gesuiti distrutti: perloché certamente a V. S. Illma non converrà più di fare altra ristampa


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della mia Morale, se non che secondo la riforma che ho fatta di questa copia aggiustata, dove ho tolti tutti i trattati fatti da Gesuiti a favore del probabilismo.

Ho voluto farla appieno intesa di tutto quel che ci è, affinché si regoli colla sua prudenza.

La prego a rispondermi subito dopo che avrà ricevuta quest'ultima mia, acciocch'io sappia se l'ha ricevuta o no.

Resto con tutto l'ossequio confermandomi

Di V. S. Illma

Divmo ed obblmo servitore vero

ALFONSO MARIA DE' LIGUORI, vescovo.

 

[P. S.] Al presente in Europa è il Papa la scena del mondo.

 

[P. S. del Fr. Michele Ilardo.] Questa mattina, ho ricevuta la Morale corretta e nell'istesso tempo l'ho portata al Sig. Moschini. Mi sono spiegato con lui che, se io avea primo il comodo per Manfredonia, la ripigliava: onde al primo comodo la manderò. Se mai dovete mandare alcune copie di libri a Monsignore, con quelli potrete mandarmi quel foglio dell'Istruzione per li confessori.

- Suo servo.

Fllo Ilardo del SSmo Redentore.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.

 




1 E fu veramente l'ultima: poiché per la nona edizione, fatta due anni innanzi alla sua morte, il Santo non fece aggiunte o mutazioni di sorta. Tutte le modificazioni furono per l'ottava, che uscì nel 1779. Di queste parla più volte nelle lettere seguenti; e noi vogliamo indicarle, anche perché sia manifesta la ragione per cui così importanti si riguardassero dal Santo al tempo in cui scriveva. I dotti alla moda, come egli era solito dire, avevano renduto odioso il nome de' Gesuiti, di già soppressi, e del probabilismo come di cosa tutta loro; di modo che era finito per quell'opera che presentasse anche l'ombra di quei nomi.

Di qui il Santo, come abbiamo più volte osservato, essendo nella necessità di togliere dalle sue opere qualunque pretesto ad un'accusa siffatta, si studiò in quet'ultimo suo lavoro di esporre con termini anche più espressi la sua dottrina sull'equiprobabilismo e di omettere, quanto più poteva delle cose del P. Zaccaria e del Busembaum, riguardanti il trattato de Conscientia. Quindi:

I°, de' Prolegomeni del Zaccaria ritenne solamente il capo terzo della seconda parte: de Romanorum Pontificum decretis;

2° omise tutto il trattato de Conscientia del Busembaum; 3° alla fine del tomo pag. 304, al 2° Elenco delle opinioni riformate, ne aggiunse altre tre: XV, XVI e XVII; 4°. fece, come abbiamo detto lett. CCLXIII pag. 430, il Morale Systema pro delectu opinionum, quas licite sectari possumus, che consta di due parti, cioè del Monitum e della Dissertatio de usu moderato opinionis probabilis, già inserite nelle due anteriori edizioni, con alcune differenze che possono vedersi nelle Vindiciae Alphonsianae P. I. cap. II. I V.

Così credette il Santo, e ne aveva tutta ragione, di aver compiuta la sua opera e toltone quanto poteva nuocerle presso quelli che formavano, a quei tempi, come l'opinione pubblica, ci si permetta l'espressione, in fatto di Morale.






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