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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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317. AL SIG. ONOFRIO PACI, STAMPATORE IN NAPOLI.

Non crede vantaggioso intraprendere la ristampa degli Opuscoli di S. Tommaso per le ragioni che gli esprime, mostrando in tale occasione l'ardentissimo suo zelo per la conservazione della S. Fede.

 

Viva Gesù, Giuseppe e Maria!

NOCERA, I DICEMBRE 1777.

 

Don Onofrio mio, ho ricevuta la vostra lettera, e non so che rispondere; perché l'opera è bellissima, trattandosi specialmente di S. Tommaso e degli opuscoli suoi; ma perché qui non ho con chi discorrere, vorrei che ne parlaste co' letterati di Napoli, specialmente co' Domenicani maestri, che vi possono dare molti lumi. Vorrei ancora sapere se, nelle ultime opere che si sono stampate di S. Tommaso, si sono anche stampati questi opuscoli, e se questi opuscoli sono richiesti da' compratori; del che ve ne potrete informare da' librai primari.

Quel che più mi fa temere a darvi il consiglio di metter mano all'opera, senza qualche assicuramento del buon esito, è che, presentemente, questi libri di dottrina poco si desiderano dal mondo corrotto, come all'incontro son desiderati e comprati i libri che parlano di cose vane, o di poesia, o contro le verità della Fede, o contro la Chiesa. Onde vi prego a parlarne con molti, specialmente con preti e religiosi, e dal detto di molti, dopo che loro avrete comunicate le mie difficoltà, potrete ricavarne qualche conseguenza. Io per me, senza parlarne con altri dotti e pratici di Napoli, ne' tempi presenti avrei scrupolo di consigliarvi che mettiate mano all'opera.

Del resto, se mai cacciaste fuori il Manifesto per vedere se la gente l'acclama e vi fa premura di mettervi a stampare, non mi pare che restiate obbligato a stampare gli opuscoli, se la gente non vi fa premura di stamparli. Io per altro non sono molto pratico di queste cose, ma parlo secondo il mio giudizio; vedete che cosa ne dicono gli altri, e così regolatevi.


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Quel che è certo si è che la corruzione de' costumi cresce molto ogni giorno, e la Fede passa guai. Dio sa, fra venti o trent'anni, a che stato saranno in Napoli [le cose] della Fede: e perciò bisogna ora pregare continuamente Iddio che mantenga la Fede, e ciò racomandarlo a persone divote e specialmente alle comunità di monache e di religiosi.

Io, miserabile qual sono, non fo altro che pregare Gesù Cristo che ci aiuti, acciocché si mantenga la Fede, la quale mancando, è perduto tutto; e dico la verità, vorrei sentire qualche flagello, acciocché gli ostinati si accertassero che vi è Dio e che Dio sopporta, ma non sopporta sempre.

Fo questo sfogo, perché sentendo la rovina che corre da pertutto, mi sento morire.

Vi riverisco e resto

Di V. Sig. Devmo servo

ALFONSO MARIA DE' LIGUORI vescovo.

 

[P. S.] Si negano le verità della Fede, e li peccati crescono.

Conforme all'edizione romana ed all'originale, che si conserva in gran parte presso le Carmelitane scalze del monastero di S. Monica in Ferrara.

 




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