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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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349. AI RR. ARCIPRETI E PARROCHI (ANCHE DEI CASALI SEPARATI), A' RETTORI DELLA NOSTRA DIOCESI ED A' CONFESSORI DELLA MEDESIMA.

NOTIFICAZIONE IIª.

[FINE dell'anno 1764.]

 

In primo luogo, rinnoviamo l'ordine, dato da noi nell'anno 1762, in cui comandammo che si faccia recitare al popolo la breve Dottrina stampata in un foglio, in tutti i giorni festivi, dai parrochi e sacerdoti che celebrano nelle parrocchie ed in


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tutte le altre chiese o siano cappelle, anche rurali, in due volte: cioè nella prima messa che ivi si dice, e nell'altra che si celebra allorché vi è maggior concorso di popolo.

 

Ordiniamo a tutti li RR. curati l'attendere con più diligenza in ogni domenica, al giorno, ad insegnar la dottrina cristiana, facendosi aiutare da altri sacerdoti, e specialmente dai chierici delle loro parrocchie che sono obbligati a venire; ma ogni parroco deve porsi, anch'esso, ad istruire, o sempre o il più delle volte; e quando non istruisce, almeno dee assistere per vedere come dagli altri s'istruiscono i figliuoli; avvertendo che non basta per essi il far recitare la piccola Dottrina che si legge nella messa; poiché non basta che sappiano materialmente le cose della Fede, ma bisogna far loro intendere, secondo la loro capacità, quello che proferiscono colla voce.

In tempo però di quaresima, è necessario che, per più settimane avanti la Settimana santa, i parrochi ogni giorno l'istruiscano, specialmente circa la comunione pasquale, che deve farsi prendere dai figliuoli nell'età (ordinariamente) di nove o dieci anni, o al più di dodici; dolendoci che, in qualche parte della nostra diocesi, si è trovato qualche figliuolo di quattordici o quindici anni, non ancor comunicato.

Attendano con modo particolare a fare apprendere dai figliuoli gli atti di fede, speranza, carità e contrizione, coi loro motivi precedenti agli atti. Specialmente facciano loro sapere che niuno può salvarsi, né aver aiuto per vincere le tentazioni, se non prega e si raccomanda a Dio con domandargli tale grazia. Avvertano similmente i parrochi a ben esaminare gli sposi circa le cose della Fede, prima di contrarre le nozze, come ordinò Benedetto XIV, facendo loro sapere che dalla nostra Curia non avranno la licenza di sposare, se non porteranno, tra gli altri atti, la fede giurata del parroco di sapere le cose necessarie ad un cristiano.

 

Ricordiamo a' RR. parrochi l'obbligo stretto che hanno di predicare nelle domeniche: onde dicono i Dottori che un parroco, il quale lascia di predicare per un mese continuo o per tre mesi discontinui, non può essere scusato da peccato mortale.


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La predica sia breve: non passi un terzo d'ora, o al più mezz'ora, con tutto l'atto di contrizione che in fine della predica giova farsi fare sempre dal popolo.

 

Nelle prediche attendano: a fare spesso memoria de' novissimi, che sono la materia più utile a convertire i peccatori; spesso parlino della rovina di tante anime che si perdono, per lasciare in confessione li peccati per vergogna: e perciò di nuovo si raccomanda di far venire, una volta il mese, un confessore forastiere alla parrocchia; di più, spesso riprendano i genitori che fanno entrare in casa giovani che possano dare scandalo alle loro figlie, ricordando loro che, mancando in ciò, incorrono nel caso riservato colla scomunica; inculchino spesso a chiamare Gesù e Maria in tempo di tentazione ed a cercare a Dio la santa perseveranza; esortino spesso il raccomandarsi alla Madonna; ed in fine di ogni predica facciano sempre cercare qualche grazia speciale a questa Madre di Dio.

Sarebbe bene che ogni parroco leggesse, nella nostra Istruzione volgare1, quelle cose di pratica che giovano maggiormente dire al popolo: si veda ivi al cap. VII, cominciando dal n. 36 fino al n. 44.

Sopra tutto attendano a predicare con frasi popolari, secondo la capacità della povera gente, siccome comanda il Concilio di Trento; altrimenti la predica riuscirà inutile, come non fosse fatta.

 

Ricordiamo e rinnoviamo l'ordine dato circa la comunione pasquale da farsi dal popolo. Per lo che non si ammettano alla confessione da niun confessore (generalmente parlando) se non quelli che portano la cartella, firmata dal proprio parroco, di essere stati esaminati ed approvati circa il sapere le cose necessarie della Fede. E questo esame, secondo ordinò Benedetto XIV, deve farsi ancora dai parrochi a tutti gli sposi prima di essere ammessi a contrarre le nozze.

Per , ogni parroco poi, nel prendere lo stato delle anime nella quaresima, deve consegnare ad ognuno la cartella della comunione pasquale


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col notarvi di mano sua, dietro alla cartella, il nome proprio del comunicando; acciocché, compito il tempo del precetto pasquale, possa il parroco, dalle cartelle che avrà ricevute, vedere coloro che hanno adempito, o non hanno adempito, al precetto pascale.

 

Per , vogliamo che le cartelle, che si restituiscono dai figliani nel farsi la comunione, non si ricevano da altro che dal medesimo parroco; avendo noi saputo, con nostro rincrescimento, che in qualche luogho le cartelle si son fatte ricevere da altri, e con ciò alcuno è restato senza fare il precetto.

 

Per , avvertano i parrochi d'avvisare di nuovo ai loro figliani che non soddisfano al precetto, e saranno scomunicati, quelli che non faranno la comunione pasquale nella parrocchia propria, ancorché la facessero in questa cattedrale di Sant'Agata.

 

Per , avvertano i parrochi dopo la festa della SS. Trinità, se vi sono alcuni che non han fatto il precetto, di venir subito da noi a denunziarli senza alcun riguardo, acciocché possiamo procedere ai dovuti espedienti.

 

Per , raccomandiamo ai parrochi che, in ogni anno, facciano fare da' figliuoli la comunione generale, oltre la Pasqua, nella domenica fra l'ottava dell'Assunzione di Maria e nelle feste di Natale.

 

Vogliamo che, nelle fedi che faranno i parrochi di coloro che vogliono essere ordinati, riferiscano: per i loro costumi e fama che corre, e dippiù se hanno portata sempre la sottana e se si sono guardati di giuocare alle carte e di andare a caccia e di praticare con compagni di mal nome: cose che tutte loro son proibite; per se hanno servito alla chiesa: assistendo nelle feste, la mattina, alle messe e nelle domeniche, al giorno, alla dottrina che debbono insegnare a' figliuoli; per se si sono confessati e comunicati ogni quindici giorni, secondo il lor obbligo. E se nelle suddette cose vi sono state mancanze, vogliamo saperne il numero. E di tutto ne incarichiamo fortemente la coscienza di essi RR. parrochi.

ordiniamo a' parrochi che non prendano la parola degli sponsali, se non quando si assicurano che saranno prossime le nozze da contrarsi.


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Avvertano i RR. parrochi, in quanto ai sacramenti del Viatico e dell'Estrema Unzione, che il Viatico deve darsi sempreché l'infermo sta in pericolo di morte, cioè quando l'infermità è co' segni mortali. L'Estrema Unzione, dice il Papa Benedetto XIV, nella sua Bolla 53 al tom. IV del suo Bollario, nominata Euchologium Graecorum o sia Rituale de' Greci, al 46, può darsi sempreché l'infermo gravi morbo laboret, viene a dire che vi è prudente timore della morte. Onde, sempreché può darsi il Viatico, può darsi ancora l'Estrema Unzione. E come si dice nel Catechismo romano, de Extrema Unctione n. 18, peccano gravissimamente que' parrochi che aspettano a dare l'Estrema Unzione, finché l'infermo comincia a perdere i sensi.

 

Inoltre, in quanto agli obblighi di messe lasciate dai testatori: per , in ogni sacristia ci sia la tabella affissa, dove stiano notati i pesi delle messe, a cui è tenuta la chiesa o altri sacerdoti; di più i giorni e gli altari, quando e dove le messe hanno da celebrarsi, e per quali persone; dippiù i nomi de' fondatori e de' benefattori; per , ordiniamo a tutti i curati, rettori, economi e procuratori delle chiese, cappelle ed altri luoghi pii che, tra un mese dalla morte de' testatori, attendano con tutta la cura ad esigere dai loro eredi o esecutori testamentarî i legati pii lasciati. E quando quelli trascurano di pagare, li costringano per mezzo de' giudici competenti; ed in caso che non trovassero altra via per esigere, almeno ne diano subito parte a noi, acciocché possiamo prendervi gli espedienti opportuni; per , ricordiamo l'ordine, e se bisogna, lo rinnoviamo a tutti i rettori e cappellani che, prima di accettare qualunque legato di messe, debbano ottenerne l'assenso dalla nostra Curia per vedere se quelli debbano accettarsi, e se i cappellani possano congruemente soddisfarli.

 

Nel Giovedì santo, i parrochi di ciascun luogo leggano o facciano leggere, dentro la messa parrocchiale, la tabella dei casi riservati, a voce alta ed a passo a passo, acciocché tutto il popolo l'intenda distintamente.


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10° ordiniamo che i cadaveri de' defunti non si seppeliscano prima delle ore quindici o almeno dodici; e quelli dei defunti con morte repentina, non prima di ore ventiquattro.

 

11° Proibiamo espressamente ai parrochi di dare a tenere a' chierici, e tanto meno ai laici, le chiavi del tabernacolo dove sta la SS. Eucaristia, e del luogo ove sta l'olio santo. E parlando dell'olio santo, proibiamo, sotto grave precetto, che non possano trasferirlo altri alle chiese parrocchiali, né possa consegnarsi ad altri, se non a coloro che sono sacerdoti o almeno ordinati in sacris.

 

12° Ordiniamo che tutti i parrochi, rettori di chiese e beneficiati tengano l'inventario de' beni delle loro chiese o cappelle, e che lo rinnovino almeno ogni dieci anni. E se mai in qualche chiesa o cappella non vi è tale inventario, o non si è rinnovato dopo il decennio, ordiniamo che tra sei mesi, dal giorno della presente notificazione, si faccia compitamente, e del medesimo una copia si conservi nell'archivio della chiesa, ed un'altra si porti da noi, per farla conservare nell'archivio della nostra Curia. Ordiniamo ai nostri vicari foranei d'avvisare a noi la morte di alcun beneficiato, subito che sarà passato all'altra vita.

 

13° Avvertano di più i parrochi l'obbligo che hanno di risedere nel luogo della loro cura, né possono andare fuori, se non per causa urgente e colla licenza del vescovo, il quale dee approvare la causa, ed anche il sostituto che dal parroco si lascia nella sua assenza. Avvertendo insieme che, se mancano alla residenza, non solo peccano gravemente, ma di più non acquistano i frutti, e son tenuti a restituirli, secondo la rata dell'assenza, o ai poveri del luogo o alla fabbrica della loro chiesa. Ed alla stessa pena son tenuti i curati che risiedono inutilmente. Sul che ha dichiarato la S. C. del Concilio, che risiede inutilmente quel parroco che, per due mesi, non esercita per sé gli offici più principali del suo ministero, come di predicare, d'amministrare i Sacramenti, specialmente della confessione e della comunione, quante volte ne sono richiesti.


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14° Avvertano di più ch'essi debbano abitare la casa della loro chiesa, o almeno in un'altra casa vicina, da cui facilmente possano andare alla parrocchia, e dove facilmente i loro figliani possano ricorrere per i Sacramenti.

 

15° Avvertano di più la dichiarazione, fatta da Benedetto XIV nella sua Bolla Cum semper del 1744, che i parrochi son tenuti ad applicare la messa pro populo in tutte le domeniche e feste dell'anno, ancorché non avessero congrua sufficiente, e non ostante qualunque consuetudine in contrario, introdotta o introducenda.

 

16° Avvertano per ultimo ch'essi parrochi son tenuti, per giustizia, ed anche talvolta con pericolo della vita, d'ammonire chi sta in peccato mortale o in prossimo pericolo di cadervi; e ciò non solo in necessità estrema de' suoi sudditi, ma anche grave, sempreché vi è speranza di emenda; e mancando a tal obbligo, son tenuti a restituire porzione de' frutti.

 

Si raccomanda, per ultimo, ai parrochi d'avvisare al popolo che Clemente XII concesse cento giorni d'Indulgenza a chi recita il De Profundis con un Pater ed Ave e col versiculo Requiem ecc., quando suona la campana ad un'ora di notte. E chi farà la suddetta preghiera per un anno guadagnerà l'Indulgenza plenaria in un giorno eligendo a suo arbitrio; purché in quel giorno si confessi e comunichi, e preghi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Conforme ad una antica copia.

 




1 Istruzione e Pratica per li confessori.




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