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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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350. A TUTTI I SACERDOTI SECOLARI E REGOLARI DELLA DIOCESI CHE HANNO DA NOI LA FACOLTÀ DI PRENDERE LE CONFESSIONI.

NOTIFICAZIONE IIIª.

[FINE Dell'anno 1764.]

 

Avvertano i sacerdoti, da noi approvati per le confessioni, che non basta loro, a non trovarsi rei per tale officio avanti Dio, l'approvazione avuta dal vescovo; ma vi bisogna l'approvazione


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di Gesù Cristo giudice, che dovrà esaminare in punto di morte se l'hanno bene o male esercitato.

Con ciò vogliamo dire che il confessore, per ben esercitare il suo officio, non deve lasciare lo studio della Morale. Questa scienza non è così facile, come alcuni la credono: ella è molto difficile, ed è molto vasta per ragione delle innumerabili circostanze che possono occorrere in ogni caso di coscienza, e perciò collo studiare sempre s'imparano cose nuove; e per ragione ancora di tante leggi positive che oggidì ci sono. Ond'è che, se il confessore lascia di rivedere i libri, facilmente si dimenticherà col tempo anche di quelle cose che prima già sapea.

Per tanto raccomandiamo a tutti di non lasciare lo studio della Morale, specialmente quando occorrono casi di maggior conseguenza, come di contratti o di obblighi di restituzione, d'impedimenti di matrimonio e simili. Allora, oltre il riaprire i libri, bisogna non rare volte prendere anche consiglio da uomini dotti.

 

Nella Notificazione da noi fatta a' sacerdoti, si parla del modo come deve farsi la congregazione de' casi di coscienza in ogni settimana, e si ammoniscono ad intervenirvi tutti i sacerdoti, se vogliono essere considerati nelle provviste; ma parlando de' confessori, assolutamente imponiamo loro di assistervi sempre; e sappiano che, mancando essi per tre volte senza legittima causa (della quale dovrà ciascuno farne inteso il prefetto ed averne la di lui licenza), troveranno poi impedimento ad essergli prorogata la pagella.

E perciò vogliamo che il segretario della congregazione mandi a noi la notizia delle mancanze, così de' confessori come de' sacerdoti, due volte l'anno; cioè nel fine di giugno e nel fine di dicembre, acciocché possiamo regolarci.

 

Imponiamo a tutti i confessori che, quando vengono a confessarsi padri e madri, domandino loro se stanno attenti a mandare i figli alla dottrina; e neghino loro l'assoluzione, se quelli in ciò sono trascurati, secondo il caso a noi riservato.

 

Rinnoviamo a' confessori il precetto di non ricevere, nel tempo del precetto pasquale, alla confessione coloro che non


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portano la cartella, firmata dal parroco, di essere bene istruiti nei rudimenti della Fede. Ciò s'intende sempreché il confessore può dubitare probabilmente che il penitente non li sappia.

 

Si raccomanda ai medesimi, quando vengono da essi a confessarsi persone delle cui coscienze non abbiano cognizione, d'interrogarle se mai abbiano qualche scrupolo d'aver lasciato alcun peccato in confessione per rossore.

 

Stiano accorti a non assolvere coloro che si trovano in occasione prossima volontaria di peccare, prima che non hanno tolta affatto l'occasione. Ed ancorché l'occasione fosse necessaria, pure debbono differire ad essi l'assoluzione, fintantoché, colla dovuta esperienza, non si veda che l'occasione, da prossima, si è fatta rimota. Specialmente stiano attenti a non assolvere gli sposi o altri giovani, che fanno l'amore e praticano insieme con le loro drude, se prima non tolgono ogni occasione di far male; il qual male se non vi è stato prima, certamente vi sarà appresso, se non si toglie la tresca. Singolarmente poi neghino l'assoluzione a quei genitori, o altri capi di famiglia, che permettono di praticare insieme uomini e donne con pericolo d'impudicizia, se prima non impediscano di fatto una tal pericolosa pratica; e ricordino loro la scomunica col caso riservato che incorrono, mancando in ciò tali capi di famiglia.

 

Stiano parimenti attenti a non assolvere, subito, quei che sono male abituati e recidivi nel peccato, specialmente di bestemmie e d'impudicizia, se non danno col tempo e coll'emenda prova bastante della loro mutazione di vita; o pure se, nella stessa confessione, non dànno qualche segno straordinario certo della loro buona disposizione. Quali poi siano questi segni, essi stan dichiarati nella nostra Morale, e bisogna che tutti i confessori li tengano avanti agli occhi, acciocché possano ben regolarsi nel dare l'assoluzione.

 

Stiano attenti ad ammonire i medici, se vengono da loro a confessarsi, del grave obbligo che hanno di avvertire a' loro infermi di confessarsi, subito che vi è dubbio che la loro infermità sia o possa farsi mortale; e che, se gl'infermi non si confessano,


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essi medici, dopo il terzo giorno, sono obbligati ad abbandonarli, per la Bolla di S. Pio V.

 

Quando vengono penitenti che si confessano di soli peccati veniali, stiano attenti di non dar loro l'assoluzione, se non si assicurino che quelli han vero pentimento e proposito di tali colpe, od almeno di alcuna di esse; e quando dubitano della disposizione circa li peccati presenti, almeno li facciano accusare di qualche peccato, già prima confessato, del quale abbiano vero dolore.

 

10° Stiano attenti a non imporre, sotto colpa grave, penitenze, le quali prevedono essi confessori che dai penitenti difficilmente si adempiranno.

 

11° Esortino sempre e con calore quei penitenti, che sogliono ricadere in peccati gravi, a dimandare a Dio spesso tra giorno la santa perseveranza, e nelle tentazioni di ricorrere subito al Signore ed alla sua SS. Madre, dicendo e replicando Gesù e Maria! finché persiste l'impeto della tentazione. Questo rimedio della preghiera è il più utile e necessario di tutti per conservarsi in grazia di Dio; ma questo e forse il più trascurato ad insinuarsi a' penitenti: onde esortiamo i nostri confessori ad insinuarlo sempre a tutti i loro penitenti, e specialmente a coloro che sono deboli di spirito.

 

12° Procurino d'insinuare a tutti i loro penitenti, che vedono più inclinati alla pietà, l'esercizio dell'orazione mentale, e specialmente alle zitelle ed a' giovani; ed usino la carità d'insegnar loro brevemente, al principio, il modo di fare la detta orazione, ed appresso abbiano la cura di domandar loro semplicemente se l'hanno fatta, e di sgridarli quando la tralasciano. Così potranno santificare molte anime, e così praticano i confessori che di cuore amano Dio.

Non tralascino poi d'insinuare a tutti, e divoti e peccatori, la divozione verso Maria SS. col recitare il rosario, far le sue novene, e singolarmente col raccomandarsi alla Beata Vergine, la mattina e la sera, con tre Ave Maria, affinché li liberi da peccato mortale. E difficilissimo che un'anima perseveri in grazia


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di Dio e si salvi senza una special divozione alla Madre di Dio; che perciò elle si chiama la Madre della perseveranza.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.

 




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