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S. Alfonso Maria de Liguori Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
363. A S. M. FERDINANDO IV, RE DI NAPOLI.
Ricordato il gran male che è il duello, e le condanne fattene per lo passato dalle autorità ecclesiastica e civile, supplica a volerne rinnovare le pene, massime per i militari, tra i quali suole più facilmente accadere.
ALFONSO de' Liguori, vescovo di Sant'Agata, mosso dal solo desiderio di riparare al disonore di Dio ed alla perdita di molte anime, mette a' piedi di V. M. la seguente rappresentanza, supplicandola a considerarla, per disponere poi quello che meglio le parerà, affin d'impedire il gran disordine de' duelli che, da certi anni in qua, sono accaduti in Napoli, così nella città come nel Regno.
Già sa V. M. quanto sia detestabile il delitto del duello, per le tante ree conseguenze che ne succedono; come sono specialmente gli odi delle famiglie e il perturbamento della republica.
Il duello fu un'invenzione di Lucifero, di decidere le contese con la morte de' combattenti, secondo l'uso de' gentili, ne' quali regnava lo spirito di vendetta. E perciò i duelli sono stati condannati da tutte le leggi divine ed umane. Nell'anno 855, dal concilio di Valenza fu imposta la scomunica a tutti i duellanti, con la privazione di sepoltura a chi restava ucciso. Questa legge fu poi confermata dai Pontefici ed anche dal Concilio di Trento (Sess. 25 de reform, cap. 19), ove si dice: Detestabilis duellorum usus, fabricante diabolo, introductus, ut cruenta corporum morte animarum etiam perniciem lucretur, ex christiano orbe penitus exterminetur.
Nell'anno poi 1592 il papa Clemente VIII, nella sua Bolla Illius vices etc., dichiarò che la condanna del duello s'intendesse fatta anche per li duelli privati senza patrini, ed a rispetto anche de' soldati e de' capitani che li permettono.
Parimenti da' monarchi sono stati condannati i duelli, come si osserva L. unica, cod. de gladiator., e nelle leggi di Spagna,
Particolarmente poi i monarchi di Francia, avi gloriosi di V. M., proibirono con gran rigore i duelli. Luigi XIII li vietò sotto pena della perdita delle dignità, della nobiltà e di tutti i beni, dichiarando che restava notato d'infamia ogni duellante. Di poi Luigi XIV li proibì sotto pena di morte; e con tanto rigore fece seguir questa legge che ottenne la gloria di estirpare i duelli dalla Francia.
Nel regno poi di Napoli, fu già prima vietato il duello dall'imperatore Federico, come si legge nelle sue costituzioni. Indi da' re di Napoli sono stati condannati i duelli con maggior rigore in diverse pragmatiche. Nell'anno 1540 a' 2 di gennaro (come si legge al tom. I, pag. 250 nella Pragmat. I) fu proibito il duello sotto pena di morte per coloro che provocano, ancorché non siegua il combattimento, ed anche di morte per li provocati che uccidessero i provocanti; e la stessa pena fu imposta a' patrini e nunzi de' duellanti; ed ivi fu dichiarato che, se il provocato non accettasse il duello, ne riportasse lode e non disonore. Nell'anno 1662 ai 9 di maggio (come si legge nella Pragmatica 3, pag. 251) fu dichiarato che i duellanti, la prima volta, fossero puniti con dieci anni di rilegazione e colla pena d'infamia e di esclusione da ogni officio e dignità; e nella seconda volta, fossero puniti colla pena di morte.
In Napoli, per molto tempo era cessato già quest'uso maledetto de' duelli; ma da pochi anni in qua se ne sono intesi commessi molti, e particolarmente fra' militari, terminati poi colle morti infelici dell'uno de' duellanti.
Nella Germania teneasi da molti la falsa opinione che i militari, essendo provocati al duello, per non perdere l'onore e il posto, poteano lecitamente accettarlo; ma questa perniciosissima opinione fu giustamente condannata dal Pontefice Benedetto XIV nell'anno 1752, colla Bolla che comincia Detestabilem ect.; poiché non dee ascriversi a disonore di un soldato del re, essendo egli cristiano, se ricusa di commettere un tale delitto, con disubbidire a Dio ed al suo sovrano che glielo vieta.
Sire, V. M. accrescerà una gran gloria a quelle che già tiene,
se estirperà dal Regno questa maledetta peste de' duelli, che fa perdere le anime e le vite de' suoi vassalli. Pertanto l'oratore umilmente la supplica a rinnovare le leggi, pubblicate già prima da' re suoi antecessori, con farle poi rigorosamente eseguire secondo le pene imposte sopra tutti, ma specialmente sopra i militari, tra cui sono più frequenti i duelli, e con dichiarare espressamente che quelli, i quali non accettano il duello, restano salvi ne' loro posti e nel loro onore, ed all'incontro che restano i duellanti, così chi disfida come chi è disfidato, notati di perpetua infamia, come rei della vostra real legge.
Questa dichiarazione specialmente sarebbe più giovevole al presente, in cui V. M. ha posta in piedi la nuova brigata regale di tanti giovani spiritosi, tra' quali, essendo essi nel fiore della loro gioventù e nel maggior bollore del sangue, facilmente, per le brighe che frequentemente occorrono fra di loro, possono avvenire simili disfide. I soldati di V. M. non debbono perdere il sangue e la vita per un falso punto di onore, ma solo per difendere la Fede e la vita e i regni di V. M.
Spera l'oratore che questa sua umile supplica non sarà disprezzata dallo zelo della M. V. e l'avrà a grazia ut Deus.
Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.