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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO I

Figuratevi di trovarvi presente ad un infermo, a cui non restano che poche ore di vita. Povero infermo, mirate come sta oppresso da' dolori, dagli svenimenti, suffogazioni di petto, mancanza di respiro, sudor freddo, colla testa svanita a tal segno che poco sente, poco capisce e poco può parlare. Tra le sue miserie la maggiore è quella ch'egli già sta vicino a morire,1 ed in vece di pensare all'anima e ad apparecchiar i conti per l'eternità, non pensa che a' medici, a' rimedi, per liberarsi dall'infermità e da' dolori che lo vanno uccidendo. «Nihil aliud quam de se cogitare sufficiunt», dice S. Lorenzo Giustiniani,2 parlando di tali moribondi. Almeno i parenti, gli amici l'avvertissero dello stato pericoloso in cui si trova; no, non v'ha fra tutt'i suoi parenti ed amici chi abbia l'animo di dargli la nuova della morte e di avvisargli che prenda i Sagramenti; ognuno ricusa di dircelo per non dargli disgusto.

(O mio Dio, da ora io vi ringrazio che in morte mi farete assistere da' miei cari Fratelli della mia Congregazione,3 i quali non avranno altro interesse allora che della mia eterna salute, e tutti mi aiuteranno a ben morire).

Ma frattanto, benché non si l'avviso della morte, nulladimeno l'infermo vedendo la famiglia in rivolta, i collegi de' medici che si replicano, i rimedi moltiplicati, spessi e violenti4 che si adoprano; il povero moribondo sta in confusione e spavento tra gli assalti de' timori, de' rimorsi e delle diffidenze, dicendo tra sé: Oimé chi sa, se già è arrivata la fine degli anni miei? Or quale sarà poi il sentimento dell'infermo, quando già riceve la nuova della sua morte? «Dispone domui tuae,


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quia morieris, et non vives».5 Che pena avrà in sentirsi dire: Signor tale, la vostra infermità è mortale, bisogna che prendiate i Sagramenti, vi uniate con Dio e vi andiate licenziando dal mondo. Licenziando dal mondo? Come? si ha da licenziar da tutto? da quella casa, da quella villa, da quei parenti, amici, conversazioni, giuochi, spassi? Sì, da tutto. Già è venuto il notaio e scrive questa licenziata: «Lascio, lascio». E con sé che si porta? non altro che un misero straccio, che tra poco dovrà infracidarsi insieme con lui dentro la fossa.

Oh che malinconia e turbamento apporterà al moribondo allora il veder6 le lagrime de' domestici e 'l silenzio degli amici, che in sua presenza tacciono e non hanno animo di parlare! Ma le maggiori pene saran per lui i rimorsi della coscienza, che in quella tempesta si faran più sentire, per la vita disordinata fatta sino ad allora, dopo tante chiamate e lumi divini, dopo tanti avvisi de' padri spirituali, e dopo tante risoluzioni fatte, ma o non eseguite mai, o appresso trascurate. Dirà egli allora: Oh povero me, ho avuto tanti lumi da Dio, tanto tempo da aggiustare la mia coscienza, e non l'ho fatto; ed ecco che ora già sono arrivato alla morte! Che mi costava il fuggir quell'occasione, lo staccarmi da quell'amicizia, il confessarmi ogni settimana? E benché avesse avuta a costarmi assai, io dovea far tutto per salvarmi l'anima, che importava tutto. Oh se avessi posta in esecuzione quella buona risoluzione da me fatta; se avessi seguitato, come allora cominciai, ora quanto me ne troverei7 contento? ma non l'ho fatto, ed ora non v'è più tempo di farlo. I sentimenti di tali moribondi, che sono stati in vita trascurati di coscienza, son simili a quelli de' dannati, che nell'inferno anche si dolgono de' loro peccati, come causa della loro pena,8 ma senza frutto e senza rimedio.

Affetti e preghiere

Signore, se in questo punto mi fosse portata la nuova della mia prossima morte, ecco i sentimenti di dolore, che mi toccherebbero. Vi ringrazio che mi date questa luce, e mi date tempo da ravvedermi. No, mio Dio, non voglio fuggire più da Voi. Basta quanto mi siete


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venuto appresso. Giustamente debbo ora temere che se ora a Voi non mi rendo e resisto, Voi mi abbandoniate.

Voi mi avete dato il cuore per amarvi, ed io l'ho così male impiegato; ho amate le creature, e non ho amato Voi, mio Creatore e Redentore, che avete data la vita per me! In vece d'amarvi, quante volte vi ho offeso, vi ho disprezzato, vi ho voltate le spalle! Sapeva io già che con quel peccato io vi dava un gran disgusto, e pure l'ho fatto. Gesù mio, me ne pento, me ne dispiace con tutto il cuore; io voglio mutar vita. Io rinunzio a tutt'i gusti del mondo, per amare e dar gusto a Voi, Dio dell'anima mia. Voi mi avete dimostrato gran segni del vostro amore, vorrei anche io9 prima di morire dimostrarvi qualche segno dell'amor mio.

Da ora accetto tutte l'infermità, le croci, i disprezzi e i disgusti, che avrò dagli uomini; datemi forza di soffrirli con pace, ch'io voglio sopportarli tutti per amor vostro. V'amo bontà infinita, v'amo sopra ogni bene. Datemi Voi più amore, e datemi la santa perseveranza.

Maria speranza mia, pregate Gesù per me.




1 [11.] morire, ed) morte VR BR1 BR2.



2 [13.] S. LAUR IUSTIN., De contemptu mundi, c. 15; Opera, Venetiis 1721, 435.



3 [20.] La Congreg. del SS. Redentore fondata da s. Alfonso nel 1732 a Scala (Salerno). La parentesi è dell'autore.



4 [25.] violenti) volentieri NS7; errore tipografico.



5 [1.] Is., 38, 1: «Dispone domui tuae, quia morieris tu et non vives».



6 [10.] veder) vedere VR.



7 [23.] troverei) trovarei ND3.



8 [26.] loro pena) lor VR BR1 BR2.



9 [11.] anche io) anch'io VR BR1 BR2.






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