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S. Alfonso Maria de Liguori Meditaz. per l'ottava di Natale IntraText CT - Lettura del testo |
MEDITAZIONE VI. - Di Gesù che dorme.
Troppo scarsi e penosi erano i sonni di Gesù bambino. Una mangiatoia era la culla, di paglia era il letto, di paglia il guanciale; onde spesso era interrotto il sonno di Gesù dalla durezza di quel troppo duro e tormentoso letticciuolo, e dal rigore del freddo che v'era in quella grotta. Da quando in quando non però, vinta la natura dal bisogno, tra quelle pene il caro Bambino si addormentava. Ma i sonni di Gesù molto differivano da quelli degli altri fanciulli: i sonni degli altri fanciulli sono utili in quanto alla conservazione della vita, ma non in quanto alle operazioni dell'anima, perché l'anima sopita da' sensi allora non opera. Non furono così i sonni di Gesù Cristo: Ego dormio, et cor meum vigilat (Cant. V, 2). Riposava il corpo, ma vegliava l'anima; mentre in Gesù vi era unita la persona del Verbo che non potea dormire ed esser sopita da' sensi. - Dormiva dunque il santo Bambino, ma mentre dormiva pensava a tutte le pene che dovea patire per
amor nostro in tutta la sua vita e nella sua morte. Pensava a' travagli che dovea patire in Egitto ed in Nazarette, in una vita si povera e disprezzata. Pensava poi particolarmente a' flagelli, alle spine, alle ignominie, alle agonie ed a quella morte desolata che in fine dovea patir sulla croce; e tutto mentre dormiva Gesù offeriva all'Eterno Padre per impetrare a noi il perdono e la salute. Sicché il nostro Salvatore anche dormendo stava meritando per noi e placando il suo Padre, e ci otteneva le grazie.- Preghiamolo ora che per lo merito de' suoi beati sonni ci liberi dal sonno mortifero de' peccatori i quali dormono miseramente nella morte del peccato, scordati di Dio e del suo amore; e che all'incontro ci doni il felice sonno della sacra Sposa di cui egli diceva: Ne suscitetis neque evigilare faciatis dilectam, quoadusque ipsa velit (Cant. II, 7). Questo è quel sonno che Dio dà all'anime sue dilette, il quale non è altro, come dice S. Basilio, nisi summa rerum omnium oblivio;1 ed è quando l'anima si dimentica di tutte le cose terrene, per attendere solo a Dio ed agli affari di sua gloria.