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S. Alfonso Maria de Liguori
Meditaz. per li giorni dell'Avvento

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Affetti e preghiere.

Amato mio Gesù, io che ancora vi ho offeso non son degno di grazie; ma per lo merito di quella pena che patiste e voi offeriste a Dio in vedere tutti i peccati miei e in soddisfare per quelli la divina giustizia, datemi parte di quella luce colla quale voi allora ne conosceste la malizia, e parte di quell'abbominio col quale allora voi l'abborriste. Dunque sarà vero, o mio amabile Salvatore, ch'io sono stato di voi sin da che eravate bambino, e per ogni momento della vostra vita, carnefice del vostro cuore, e carnefice più crudele di tutti i


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vostri crocifissori? E questa pena ve l'ho rinnovata ed accresciuta per quante volte vi ho ritornato ad offendere?

Signore, voi siete già morto per salvarmi, ma non basta a salvarmi la vostra morte, s'io dalla parte mia non detesto sopra ogni male e non ho vero dolore delle offese che vi ho fatte. Ma questo dolore anche da voi mi ha da esser donato. Voi lo date a chi ve lo dimanda. Io ve lo domando per lo merito di tutte le vostre pene che patiste in questa terra; datemi dolore de' miei peccati, ma un dolore che corrisponda alla mia malizia. Aiutatemi, Signore, a far quest'atto di contrizione ch'ora intendo di fare. Eterno Dio, sommo ed infinito bene, io misero verme ho avuto l'ardire di perdervi il rispetto e di disprezzare la vostra grazia; io detesto sopra ogni male e odio l'ingiurie che vi ho fatte; me ne pento con tutto il cuore, non tanto per l'inferno meritato, quanto perché ho offeso voi bontà infinita. Spero per li meriti di Gesù Cristo da voi il perdono; e spero col perdono anche la grazia d'amarvi.

V'amo, o Dio degno d'infinito amore, e sempre voglio replicarvi, io v'amo, io v'amo, io v'amo. E come vi diceva stando a' piedi di voi crocifisso la vostra cara S. Caterina da Genova, così voglio dirvi ancor io or che sto a' piedi vostri: Signor mio, non più peccati, non più peccati.6 No, che voi non meritate d'essere offeso, o Gesù mio, ma meritate solo d'essere amato. Redentor mio, aiutatemi.

Madre mia Maria, soccorretemi; altro non vi cerco che vivere amando Dio in questa vita che mi resta.




6 Ciò avvenne quando, dopo dieci anni d'infelice matrimonio, e cinque nei quali, “per refrigerio di sì dura vita,” si era compiaciuta nelle delizie e vanità del mondo, trovandosi immersa in una profondissima malinconia, si convertì al perfetto amor di Dio. “Per istanza di sua sorella monaca, andò Caterina per confessarsi dal confessore di esso monasterio, benché non fosse disposta a ciò fare... Di subito che se gli fu inginocchiata innanzi, ricevette una ferita al cuore, d'un immenso amor di Dio, con una vista così chiara delle sue miserie e de' suoi difetti e della bontà di Dio, che ne fu quasi per cascare in terra. Onde.... di dentro gridava con affocato amore: “Non più mondo! non più peccati!” ed in quel punto, se essa avesse avuto mille mondi, tutti gli avrebbe gettati via.” - Lasciata per allora la confessione, e ritiratasi in una segretissima stanza del suo palazzo, “il Signore... se le mostrò in ispirito con la croce in ispalla, piovendo tutto sangue... Questa vista le fu tanto penetrativa, che le pareva sempre vedere, e con gli occhi corporali, il suo Amore tutto insanguinato, e inchiodato in croce. Vedeva ancor le offese che gli aveva fatto, e però gridava: “O Amore, mai più, mai più peccati!” MARABOTTO e VERNAZZA, Vita, Padova, 1743, cap. 2. - Nella 1a ed. si legge: S. Caterina da Genua.






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