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S. Alfonso Maria de Liguori
Meditaz. per li giorni dell'Avvento

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MEDITAZIONE XIII.

Baptismo... habeo baptizari, et quomodo coarctor usquedum perficiatur? (Luc. XII, 50).

Considera come Gesù patì sin dal primo momento di sua vita, e tutto lo patì per nostro amore. Egli in tutta la sua vita non ebbe altro interesse, dopo la gloria di Dio, che la nostra salvezza. Egli come Figlio di Dio non avea bisogno di patire per meritarsi il paradiso: quanto sofferse di pene, di povertà e d'ignominie, tutto l'applicò per meritare a noi la salute eterna. Anzi potendo salvarci senza patire, volle assumere una vita tutta di dolori, povera, disprezzata e abbandonata da ogni sollievo, con una morte la più desolata ed amara che abbia fatta mai alcun martire o penitente, solo per farci intendere la grandezza dell'amore che ci portava e per guadagnarsi i nostri affetti. Visse 33 anni, e visse sospirando che giungesse l'ora del sacrificio della sua vita ch'egli desiderava d'offerirla


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per ottenere a noi la divina grazia e la gloria eterna, affin di averci sempre seco in paradiso. Questo desiderio gli fece dire: Baptismo... habeo baptizari: et quomodo coarctor usquedum perficiatur? Desiderava d'esser battezzato col suo medesimo sangue, non già per lavare i peccati suoi, mentr'egli era innocente e santo, ma i peccati degli uomini ch'esso tanto amava: Dilexit nos et lavit nos... in sanguine suo (Ap. I, 5). - O eccesso dell'amore di un Dio, che tutti gli uomini e tutti gli angeli non giungeranno mai a comprenderlo e a lodarlo quanto basta! Ma piange poi S. Bonaventura in vedere la grande ingratitudine degli uomini a sì grande amore: Mirum est quomodo pro tuo amore corda hominum non scinduntur (Stim., cap. 2).1 È maraviglia, dice il santo, vedere un Dio patir tante pene, piangere in una stalla, povero in una bottega, esangue su d'una croce, in somma afflitto e tribolato in tutta la sua vita per amore degli uomini; e vedere poi gli uomini che non ardono d'amore per questo Dio così amante, anzi che hanno l'animo di disprezzare il suo amore e la sua grazia. Oh Dio, com'è possibile sapere che un Dio siasi ridotto a tanto patire per gli uomini, e sapere all'incontro che vi sieno uomini che offendano e non amino questo Dio!




1 “O cor plus quam lapideum, o cor non cor, cur non accenderis ex amore? Lapis calore solutus in aes vertitur, et tu ad tantum calorem immutabilis perseveras. Utinam ergo lapideum esses, non carneum! Et quid vero mirabilius quam quod caro cordis lapide durior et insensibilior invenitur?” Stimulus amoris, pars 2, cap. 2. Inter Opera S. Bonaventurae, VII, Lugduni, 1668 (item Romae et Moguntiae), pag. 211. - Autore, a quanto sembra, “Fr. Iacobus, O. M., Lector Mediolanensis”: Opera S. Bonaventurae, VIII, ad Claras Aquas, 1898, Prolegomena, pag. CXI.




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