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S. Alfonso Maria de Liguori
Novena del Cuore di Gesù

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MEDITAZIONE III.

Cuore di Gesù anelante d'esser amato.

Gesù non ha bisogno di noi; egli col nostro amore e senza di quello è ugualmente felice, ugualmente ricco e potente; e pure, dice S. Tommaso, Gesù Cristo, perché ci ama, tanto desidera il nostro amore, come se l'uomo fosse suo Dio, e la sua felicità dipendesse da quella dell'uomo.1 Ciò facea stupire il Santo Giobbe che dicea: Quid est homo, quia magnificas eum? aut quid apponis erga eum cor tuum? (Iob VII, 17). Come? un Dio desiderare e chiedere con tante premure l'amore d'un verme! Gran favore sarebbe stato solamente che Dio ci avesse permesso l'amarlo. Se un vassallo dicesse al suo re: Signore, io v'amo; passerebbe per un temerario. Ma che si direbbe se il re dicesse al vassallo: Io voglio che m'ami? A ciò non si abbassano i principi della terra, ma Gesù ch'è il re del cielo, è quello che con tanto impegno ci domanda il nostro amore: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo.2 Con tanta premura ci chiede il cuore: Praebe, fili mi, cor tuum mihi (Prov. XXIII, [26]). E se mai si vede discacciato da un'anima, egli non si parte, ma si mette fuori della porta del cuore e chiama e bussa per entrare: Sto ad ostium et pulso (Apoc. III, [20]); e la prega ad aprirgli, chiamandola sorella e sposa: Aperi mihi, soror mea sponsa (Cant. V).3 Egli in somma trova le sue delizie in vedersi amato da noi, e tutto si consola quando un'anima gli dice e spesso glielo replica: Mio Dio, io v'amo. Tutto ciò è effetto del grande amore che ci porta. Chi ama, necessariamente desidera d'esser amato. Il cuore dimanda il cuore: l'amore cerca amore. Ad quid diligit Deus, nisi ut ametur? disse S. Bernardo;4 e prima lo disse


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Dio stesso: Quid Dominus Deus tuus petit a te, nisi ut timeas... et diligas eum? (Deut. X, 12). Perciò ci fa sapere ch'egli è quel pastore, che trovando la pecorella smarrita, chiama tutti a consolarsene seco: Congratulamini mihi quia inveni ovem meam quam perdideram (Luc. XV, 6).5 Ci fa sapere ch'egli è quel padre, che quando torna un figlio perduto a' suoi piedi, non solo gli perdona, ma teneramente l'abbraccia. Ci fa sapere che chi non l'ama resta condannato a morte: Qui non diligit manet in morte (I Io. III, [14]). Ed all'incontro che chi l'ama lo tiene con se e lo possiede: Qui manet in caritate in Deo manet et Deus in eo (I Io. IV, 16). Or tante dimande, tante premure, tante minacce e promesse non ci moveranno ad amare un Dio che tanto desidera d'esser amato da noi?




1 «Similiter notabile est quod etiam omnes angelos convocat ad congratulandum, non drachmae, non homini, sed sibi, quasi homo Dei Deus esset, et tota salus divina in ipsius inventione dependeret, et quasi sine ipso beatus esse non posset.» S. THOMAS AQUINAS, Opusculum 63 (supposititium), cap. 7, Secundum principale, Opera, tom. 17, Romae, 1570.



2 Deut. VI, 5; Matth. XXII, 37.



3 Vox dilecti mei pulsantis: Aperi mihi, soror mea, amica mea, columba mea, immaculata mea. Cant. V, 2.



4 «Cum amat Deus non aliud vult quam amari: quippe non ad aliud amat nisi ut ametur, sciens ipso amore beatos qui se amaverint.» S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 83, n. 4. ML 183-1183.

5 Congratulamini mihi, quia inveni ovem meam, quae perierat. Luc. XV, 6.






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