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S. Alfonso Maria de Liguori
Novena del Santo Natale

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DISCORSO VIII - Il Verbo Eterno da ricco si fece povero.

Excutere de pulvere, consurge, sede, Ierusalem

(Isaia, LII, 2).

Via su, anima cristiana, ti dice il profeta, scuotiti dalla polvere degli affetti terreni: Excutere de pulvere, consurge; via su alzati dal fango, dove stai miseramente a giacere; e siedi, sede, Ierusalem, siedi regina a dominare sopra le passioni che t'insidiano la gloria eterna, e ti espongono al pericolo d'un'eterna ruina. Ma che avrà da fare quest'anima per giungere a ciò? Guardare e considerare la vita di Gesù Cristo, il quale essendo quel ricco che possiede tutte le ricchezze del cielo e della terra, si è fatto povero, disprezzando tutti i beni della terra. Chi considera Gesù fatto povero per suo amore, non è possibile che non si muova a disprezzar tutto per amor di Gesù. Consideriamolo noi, e perciò cerchiamo lume a Gesù ed a Maria.

Quanto v'è nel cielo e nella terra, tutto è di Dio: Meus est... orbis terrae, dice il Signore, et plenitudo eius (Ps. XLIX, 12). Ma questo è poco, il cielo e la terra non è il tutto, ma è una minima parte delle ricchezze di Dio. Dio è quel ricco, la di cui ricchezza è infinita, e non può mancare; perché la sua ricchezza non dipende da altri, ma la possiede in se stesso ch'è bene infinito. Perciò dicea Davide: Deus meus es tu, quoniam bonorum meorum non eges (Ps. XV, 2). Or questo Dioricco si povero col farsi uomo, affin di far diventare ricchi noi poveri peccatori: Egenus factus est, cum esset dives, ut illius inopia vos divites essetis (II Cor. VIII, 9). Come? un Dio venire a farsi povero! E perché? Intendiamo il perché. I beni di questa terra non possono essere che terra e fango, ma fango che acceca talmente gli uomini, ch'essi non vedono più quali siano i veri beni. Prima della venuta di Gesù Cristo, era il mondo pieno di tenebra, perché pieno di peccati. Omnis... caro corruperat viam suam (Gen. VI, 12): Ogni uomo avea corrotta la legge e la ragione, sì che vivendo come bruti, intenti solo ad acquistarsi beni e piaceri di questa terra, niente più curavano


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de' beni eterni. Ma la divina misericordia che venisse lo stesso Figlio di Dio ad illuminare questi uomini accecati: Habitantibus in regione umbrae mortis, lux orta est eis (Isaia, IX, 2).

Gesù fu chiamato la luce delle genti: Lumen ad revelationem gentium:1 lux in tenebris lucet.2 Già il Signore prima ci avea promesso di farsi egli medesimo il nostro maestro, e maestro visibile agli occhi nostri; il quale venisse ad insegnarci la via della salute, ch'è la pratica delle sante virtù, e specialmente della santa povertà. Et erunt oculi tui videntes praeceptorem tuum (Is. XXX, 20). Ma questo maestro dovea insegnarci non solo colla voce, ma ancora, anzi più coll'esempio della sua vita. Dice S. Bernardo che la povertà non si ritrovava in cielo, solo in terra poteva trovarsi; ma l'uomo non conosceva il di lei pregio, e perciò non la cercava. Pertanto il Figlio di Dio discese dal cielo in terra, e l'elesse per compagna di tutta la sua vita, per renderla col suo esempio anche a noi preziosa e desiderabile: Paupertas non inveniebatur in caelis, porro in terris abundabat, et nesciebat homo pretium eius. Hanc itaque Filius concupiscens descendit, ut eam eligat sibi, et nobis sua aestimatione faciat pretiosam (Serm. 1, in vig. Nat.).3 Ed ecco il nostro Redentor bambino, che già sul principio di sua vita è fatto maestro di povertà nella spelonca di Betlemme, chiamata appunto dallo stesso S. Bernardo, Schola Christi,4 e da sant'Agostino, Spelunca magistra.5


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A questo fine dispose Dio che uscisse l'editto di Cesare, acciocché il Figlio nascesse non solo povero, ma il più povero di tutti gli uomini, facendolo nascere fuori della propria casa, in una grotta ch'era stanza d'animali. Gli altri poveri, nascendo nelle loro case, almeno nascono con qualche maggior comodità di panni, di fuoco, e d'assistenza di persone, che almeno per compassione loro soccorrono. Qual figlio mai di alcun povero nasce nelle stalle? Nelle stalle appena nascono le bestie. Come ciò avvenisse, lo narra S. Luca. Venuto il tempo che Maria dovea partorire, Giuseppe le va cercando alloggio in Betlemme. Va girando e cercandolo per le case, ma non lo trova. Lo va a cercare nell'osteria, e neppure lo trova. Non erat eis locus in diversorio (Luc. II, 7). Onde fu costretta Maria a ricoverarsi e partorire in quella spelonca, dove con tutto il concorso di tanta gente non vi stavano già uomini, ma appena erano due animali. - A' figli de' principi che nascono si apprestano le stanze calde e addobbate di arazzi, le culle d'argento, e i panni più fini, coll'assistenza de' primi nobili e dame del regno. Al re del cielo in vece della stanza addobbata e calda gli tocca una grotta fredda, vestita d'erbe: in vece delle coltrici di piume, gli tocca un poco di paglia dura e pungente: in vece de' panni fini, gli toccano poveri pannicelli, rozzi, freddi ed umidi: Conditor angelorum, dice S. Pier Damiani, non ostro opertus, sed vilibus legitur panniculis involutus. Erubescat terrena superbia, ubi coruscat humilitas Salvatoris (Lib, 6, cap. 18).6 In vece di fuoco, e dell'assistenza de' grandi, appena gli tocca l'alito e la compagnia di due bestie: in vece finalmente della culla d'argento, gli tocca una vil mangiatoia.- Come? dice S. Gregorio Nisseno, il Re de' regi, che riempie il cielo e la terra, non trova altro luogo nascendo che un povero presepio di animali? Qui complexu suo ambit omnia, in brutorum praesepe reclinatur?7 Sì, perché questo Re de' regi per


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nostro amore voll'esser povero, ed il più povero di tutti. Almeno i bambini de' poveri hanno latte che basta a saziarli; ma anche in ciò voll'esser povero Gesù Cristo, mentre il latte di Maria era latte miracoloso, di cui era ella provveduta, non dalla natura, ma dal cielo, come ci avvisa la santa Chiesa: Virgo lactabat ubere de caelo pleno.8 E Dio, per compiacere il desiderio di suo Figlio, che voleva essere il più povero di tutti, non provvide Maria di latte abbondante, ma solamente di quello che appena bastava per sostentare la vita del Figlio; onde canta la stessa santa Chiesa: Modico lacte pastus est.9

E conforme nacque povero Gesù Cristo, così seguì a viver povero in tutta la sua vita; e non solo povero, ma mendico, mentre la parola egenus di S. Paolo,10 nel testo greco significa mendico; onde dice Cornelio a Lapide: Patet Christum non tantum pauperem fuisse, sed etiam mendicum.11 Il nostro Redentore dopo esser nato così povero, fu costretto a fuggire dalla patria in Egitto. In questo viaggio S. Bonaventura va considerando e compatendo la povertà di Maria e di Giuseppe, che viaggiano da poveri, per un cammino così lungo, portando il santo bambino, che molto venne a patire per la loro povertà. Quomodo, dice il santo, faciebant de victu? Ubi nocte quiescebant ? Quomodo hospitabantur?12 Ma di che altro potevano cibarsi, che di poco pane, e duro ? Dove di notte alloggiavano in quel deserto, se non sopra il terreno allo scoperto e sotto qualche albero? Oh chi mai avesse incontrati per quelle vie questi tre gran pellegrini, per quali mai gli avrebbe allora riputati, se non per tre poveri mendici! - Giungono in Egitto; ed ivi ciascun può considerare, essendo essi poveri e forestieri, senza parenti, senza amici, la gran povertà che dovettero soffrire per quei sette anni che vi abitarono. Dice S. Basilio che in Egitto appena arrivavano a sostentarsi, procacciandosi il


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vitto colle fatiche delle loro mani: Sudores frequentabant, necessaria vitae inde sibi quaerentes.13 Scrisse Landolfo da Sassonia che talvolta Gesù fanciullo costretto dalla fame andava a cercare un poco di pane a Maria. e Maria lo licenziava, dicendo che non vi era pane: Aliquando Filius famem patiens panem petiit, nec unde daret Mater habuit (In vita Christi, c. 13).14

Da Egitto passano di nuovo alla Palestina a vivere in Nazaret, ed ivi siegue Gesù a vivere da povero. Ivi la casa è povera, e povera la suppellettile: Domus paupercula, suppellex exigua. Tale elegit hospitium fabricator mundi, dice S. Cipriano (Serm. 1, de Nat.).15 In questa casa vive da povero, sostendando la vita coi sudori e colle fatiche, come appunto vivono gli artigiani e i figli degli artigiani, secondo era già chiamato e creduto dagli ebrei, che diceano: Nonne hic est faber? (Marc. VI, 3). Nonne hic est fabri filius? (Matth. XIII, 55).- Esce poi il Redentore finalmente a predicare, ed in questi ultimi tre anni di sua vita non muta già fortuna o stato, ma vive con maggior povertà di prima, vivendo di limosine. Ond'ebbe a dire ad un cert'uomo che volea seguirlo, affin di poter vivere più comodamente; sappi, gli disse, Vulpes foveas habent, volucres caeli nidos; Filius... hominis non habet ubi caput reclinet (Matth. VIII 20). E volle dire: Uomo, se tu speri con farti mio seguace di avanzare il tuo stato, erri, perché io sono venuto ad insegnare in terra la povertà; e perciò mi sono fatto più povero delle volpi e degli uccelli, che hanno le loro


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tane e i loro nidi; ma io in questo mondo non ho neppure un palmo di terra mio proprio, dove mettere a riposare la testa; e tali voglio che sieno ancora i miei discepoli. Speras commenta il suddetto testo Cornelio a Lapide- te in mei sequela rem tuam augere? Sed erras, quia ego, velut perfectionis magister, pauper sum, talesque volo esse meos discipulos.16 Poiché, come dice S. Girolamo: Servus Christi nihil praeter Christum habet (Epist. ad Herod.):17 I veri servi di Gesù non hanno né desiderano d'avere altro che Gesù. Povero in somma visse sempre Gesù Cristo, e povero finalmente morì; mentre per seppellirsi18 bisognò che Giuseppe d'Arimatea gli desse un luogo, ed altri per limosina gli dessero un lenzuolo da coprirgli il morto corpo.

Ugon cardinale, considerando la povertà, i disprezzi e le pene a cui volle sottomettersi il nostro Redentore, dice: Quasi insanus factus, ad miserias nostras descendit: Sembra che Dio per amore degli uomini sia andato in pazzia, volendo abbracciarsi con tante miserie, per ottenere loro le ricchezze della grazia divina e della gloria beata. E chi mai, dice lo stesso autore, avrebbe potuto credere, se Gesù Cristo non l'avesse fatto, ch'egli essendo il padrone di tutte le ricchezze, abbia voluto rendersi così povero! essendo il signore di tutti, abbia voluto farsi servo! essendo Re del cielo, assumere tanti disprezzi! essendo beato, assumere tante pene! Quis crederet divitem ad paupertatem descendere, dominum ad servitutem, regem ad ignominiam, deliciosum ad austeritatem!19 Vi sono in terrabene de' principi pietosi, che godono d'impiegare le loro ricchezze in sollievo de' poveri; ma dove mai si è ritrovato un re, che per sollevare i poveri siasi fatto egli povero simile ad essi, come Gesù Cristo? Si narra come un prodigio di carità quel che fece il santo re Eduardo, che vedendo un povero mendico sulla via, il quale non potea muoversi e stava


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da tutti abbandonato, questo principe con affetto se lo prese sulle spalle e lo portò alla chiesa.20 Sì, fu questo un grand'atto di carità che stordire i popoli; ma S. Eduardo con far ciò non lasciò di esser monarca, e restò ricco qual era. Ma il Figlio di Dio, il Re del cielo e della terra, per salvare la pecorella perduta, qual era l'uomo, non solo discese dal cielo per venire a cercarla, non solo se la pose sulle spalle, ma depose anche la sua maestà, le sue ricchezze, i suoi onori; e si fece povero, anzi il più povero tra gli uomini. Abscondit purpuram sub miseriae vestimentis, dice S. Pier Damiani (Serm. 61):21 Nascose la porpora, cioè la sua maestà divina, sotto le vesti d'un misero garzone di un fabbro. Qui alios ditat - ammira S. Gregorio Nazianzeno - paupertate afficitur; carnis meae paupertatem subit, ut ego divinitatis opes consequar:22 Quegli che provvede di ricchezze i ricchi, si elegge d'esser povero, affin di meritare a noi, non già le ricchezze terrene misere e caduche, ma le divine che sono immense ed eterne; procurando così col suo esempio di distaccarci dall'affetto de' beni mondani, che portano seco un gran pericolo dell'eterna ruina. Si riferisce nella vita di S. Giovan Francesco Regis, che l'ordinaria sua meditazione era la povertà di Gesù Cristo.23

Riflette Alberto Magno che Gesù Cristo volle nascere in un presepe, esposto alla via pubblica, per due fini: l'uno per farci meglio intendere che tutti siam pellegrini in questo mondo, e che vi stiamo di passaggio.24 Hospes es, vides et transis, dice S. Agostino.25 Chi si trova ad alloggiare in un luogo di


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passaggio, certamente che non vi mette affetto, pensando che tra poco l'ha da lasciare. Oh se gli uomini pensassero continuamente che su questa terra son viandanti, e di passaggio all'eternità, chi mai si attaccherebbe a questi beni con pericolo di perdere i beni eterni? L'altro fine fu, dice Alberto Magno, ut mundum contemnere doceret; acciocché noi dal suo esempio imparassimo a disprezzare il mondo, che non ha beni che possano contentare il nostro cuore.26 Insegna il mondo a' suoi seguaci, che la felicità consiste nel possesso delle ricchezze, de' piaceri e degli onori; ma questo mondo ingannatore fu condannato dal Figlio di Dio nel farsi uomo: Nunc iudicium est mundi (Io. XII, 31). E questa condanna del mondo - come dicono S. Anselmo,27 e S. Bernardo28 - principiò nella stalla di Betlemme. Volle Gesù Cristo in quella nascer povero, ut inopia illius divites essemus;29 acciocché al suo divino esempio togliessimo dal cuore l'affetto alle robe, e lo ponessimo alle virtù ed al santo amore. Initiavit Christus, scrisse Cassiano, viam novam, dilexit quae mundus odio habuit, paupertatem.30

Perciò i santi, all'esempio del Salvatore, han cercato di spogliarsi di tutto, per seguire da poveri Gesù Cristo povero. Dice S. Bernardo: Ditior Christi paupertas cunctis thesauris saeculi (Serm. 5, in Vig. Nat.).31 La povertà di Gesù Cristo


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apportò a noi più beni che tutti i tesori mondani, perché ella ci muove ad acquistare le ricchezze del cielo con disprezzare quelle della terra. Ecco un S. Paolo che diceva: Omnia... arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam (Philip. III, [8]). L'Apostolo, a confronto della grazia di Gesù Cristo, stimava ogni altra cosa letame e sterco. Ecco un S. Benedetto, che nel fiore della sua gioventù lascia i comodi della sua ricca casa paterna, e va a vivere in una spelonca, ricevendo la limosina di un poco di pane dal monaco Romano, che per carità così lo sostentava.32 Ecco un S. Francesco Borgia, che lascia tutte le sue ricchezze, e se ne va a vivere da povero nella Compagnia di Gesù.33 Ecco un S. Antonio abbate, che vende tutto il suo ricco patrimonio, lo dispensa a' poveri e poi se ne va a vivere in un deserto.34 Ecco un San Francesco d'Assisi che rinuncia al padre anche la camicia, per vivere mendicando in tutta la sua vita.35

Chi vuole robe, diceva S. Filippo Neri, non si farà mai santo.36 Sì, perché in quel cuore che sta pieno di terra non trova luogo l'amor divino. Affersne cor vacuum? Questo era il requisito più necessario che cercavano i monaci antichi, per accettare alcuno che veniva ad aggregarsi nella loro compagnia.37 E dicendo, porti il cuor vuoto degli affetti di terra? volean dire: Altrimenti sappi che non mai potrai essere tutto di Dio. Ubi enim, disse Gesù Cristo, est thesaurus tuus, ibi est et cor tuum (Matth. VI, [21]). Quello è il tesoro di ciascuno, quel bene ch'egli stima ed ama. Essendo morto una volta un


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certo ricco, ed essendosi dannato, S. Antonio di Padova pubblicò dal pulpito la sua dannazione, ed in segno di ciò disse che andassero a vedere il luogo dove stavano i suoi danari, che avrebbon trovato il suo cuore. In fatti andarono e trovarono il cuore di quel miserabile ancora caldo in mezzo a' denari.38 Non può esser Dio il tesoro di quell'anima che tiene l'affetto ai beni di questa terra; perciò pregava Davide: Cor mundum crea in me Deus (Ps. L, [12]): Signore, purgate il mio cuore dagli affetti terreni, acciocch'io possa dire che voi solo siete il Dio del mio cuore e la mia ricchezza eterna: Deus cordis mei, et pars mea Deus in aeternum.39 Chi dunque vuol farsi veramente santo, bisogna che scacci dal cuore ogni cosa che non è Dio. Che onori!40 che robe! che ricchezze! A che servono questi beni, se non contentano il cuore, e presto l'abbiamo da lasciare? Nolite thesaurizare vobis thesauros in terra, ubi aerugo et tinea demolitur...: thesaurizate... vobis thesauros in caelo (Matth. VI, 19, [20]).

Oh che beni immensi apparecchia Dio nel cielo a chi l'ama! Oh che tesoro è la grazia di Dio, e 'l divino amore a chi lo sa conoscere! Mecum sunt divitiae, et ...opes superbae,... ut ditem diligentes me (Pro VIII, 8).41 Dio in se stesso contiene, e porta seco la ricchezza, e 'l premio: Ecce merces mea cum eo, diceva Isaia (LXII, 11). Dio solo in cielo è tutto il premio de' beati; egli solo basta a farli appieno contenti: Ego... ero merces tua magna nimis (Gen. XV, 1).42 Ma chi vuole amare Dio assai in cielo, bisogna che prima l'ami assai in questa terra. Con quella misura d'amore colla quale finiremo il viaggio di nostra vita, con quella seguiremo poi ad amare Dio in eterno. E se vogliamo assicurarci di non averci più a separare da questo sommo bene nella presente vita, stringiamolo sempre più coi legami del nostro amore, dicendo colla sacra Sposa: Inveni quem diligit anima mea: tenui eum, nec dimittam-


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(Cant. III, [4]). Come la Sposa tenne il suo diletto? Brachiis caritatis,43 colle braccia dell'amore, risponde Guglielmo nel luogo citato.44 Sì, dice S. Ambrogio (In Ps. CXVIII, serm. 7): Tenetur Deus vinculis caritatis: Dio da noi si fa legare dai lacci dell'amore. Felice dunque chi potrà dire con S. Paolino: Habeant sibi divitias suas divites, regna sua reges, mihi Christus divitiae, et regnum est.45 E con S. Ignazio: Amorem tui solum cum gratia tua mihi dones, et dives sum satis.46 Signore, dammi la grazia tua, il tuo santo amore; fa ch'io t'ami, e sia amato da te; et dives sum satis, e son ricco abbastanza; altro non desidero, né ho più che desiderare. Non pavet, dice S. Leone, indigentia laborare, cui donatum est in Domino omnia possidere (Serm. 4, in Quadr.).47 Non lasciamo poi sempre di ricorrere alla divina Madre, e di amarla sopra ogni cosa dopo Dio, assicurandoci ella - come la fa parlare la santa Chiesa - che fa ricchi di grazie tutti coloro che l'amano: Mecum sunt divitiae... ut ditem diligentes me.




1 Luc. II, 32.



2 Io. I, 5.



3In sinistra eius divitiae et gloria, in dextera longiturnitas vitae. Horum omnium aeterna in caelis affluentia suppetebat, sed paupertas non inveniebatur in eis. Porro in terris abundabat et superabundabat haec species, et nesciebat homo pretium eius. Hanc itaque Dei Filius concupiscens descendit, ut eam eligat sibi, et nobis quoque sua aestimatione faciat pretiosam.” S. BERNARDUS, In Vigilia Nativitatis Domini, Sermo 1, n. 5. ML 183-89.



4 “Necdum loquitur lingua, et quaecumque de eo sunt clamant, praedicant, evangelizant: ipsa quoque infantilia membra non silent. In omnibus mundi iudicium arguitur, subvertitur, confutatur... Ipse est promissus olim per Isaiam parvulus, sciens reprobare malum et eligere bonum (Is. VII, 15). Malum ergo voluptas corporis, bonum vero afflictio est: siquidem et hanc eligit et illam reprobat puer sapiens, Verbum infans... O homo, in carne tibi exhibetur sapientia... et ipsis sese ingerit sensibus carnis tuae. Carnaliter, ut ita dixerim, praedicatur tibi: Fuge voluptatem... age paenitentiam... Hoc tibi prraedicat stabulum istud, hoc praesepe clamat, hoc membra illa infantilia maifeste loquuntur, hoc lacrimae et vagitus evangelizant.” S. BERNARDUS, In Nativitate Domini, Sermo 3, n. 2 et 3. ML 183-124.



5 “Vide, o homo, quid pro te factus est Deus: doctrinam tantae humilitatis agnosce, etiam in nondum loquente doctore.” S. AUGUSTINUS, Sermo 188, cap. 3, n. 3. ML 38-1004.

6 “Ipse Conditor angelorum dum in praesepio vagiens reclinatur (Luc. II), non ostro vel togis rutilantibus obsitus, sed vilibus legitur panniculis obvolutus. Erubescat ergo terrena superbia, confundatur et obstupescat arrogantia redempti hominis, ubi mox erumpentibus radiis, exorti coruscat humilitas Redemptoris.” S. PETRUS DAMIANUS, Opusculum 29, De vili vestitu ecclesiasticorum, cap. 2. ML 145-521.



7 “Rex regnantium et Dominus dominantium sponte sua formam servitutis induit: Iudex rerum universarum principibus tributarius exsistit creaturae Dominus in spelunca diversatur: qui mundum universum complexus est, non invenit locum in diversorio, sed in praesepio brutorum animalium abiicitur.” S. GREGORIUS NYSSENUS, De beatitudinibus, Sermo 1. ML 44-1202.



8 BREVIARUM ROMANUM, In circumcisione Domini, Responsor. VIII.



9 BREVIARUM ROMANUM, In Nativitate Domini, ad Laudes, Hymnus.



10 II Cor. VIII, 9.



11 “Unde patet Christum non tantum pauperem fuisse, sed et vere mendicasse, fuisseque mendicum.” CORNELIUS A LAPIDE, Commentaria in II Epist. ad Cor., cap. 8, v. 9.



12 “Sed quomodo faciebant de victu secum portando? Ubi etiam et quo modo de nocte quiescebant et hospitabantur? Raro enim domus in illo deserto inveniebant.” Meditationes vitae Christi, cap. 12: inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, VI, pag. 343. - Auctore: “Fr. Ioannes a Caulibus” (Opera S. Bonav., ad Claras Aquas, VIII, Prolegomena, cap. 3, art. 2).

13 “In prima quidem aetate subditus parentibus, omnem laborem corporalem leni ac obedienti animo cum ipsis sustinuit. Cum enim homines illi essent iusti quidem et pii, sed pauperes et rebus ad vivendum necessariis non admodum instructi - cuius rei testit est praesepe quod venerando partui inservivit - erant, ut verisimile est, laboribus corporis assiduis dediti, sic ut hac ratione res necessarias sibi ipsis compararent. Iesus autem, ut ait Scriptura, his subiectus, laboresque una cum ipsis perferendis obedientiam suam prorsus declaravit.” S. BASILIUS MAGNUS, Constitutiones Monasticae, cap. 4, n. 6. MG 31-1355, 1358.



14 “Quid etiam si aliquando filius, famem patiens, panem petiit, nec unde dare mater habuit? Nonne in his et similibus totaliter concutiebantur viscera eius?” LUDOLPHUS A SAXONIA, Vita Iesu Christi, pars 1, cap. 13, in fine.



15 “Veniunt in Bethlehem (pastores); quem praedixit Gabriel, invenitur Emmanuel: civitas parva: domus paupercula: suppellex exigua. Nulla domus ambitio, nisi reclinatorium in stabulo: mater in feno, filius in praesepio. Tale elegit fabricator mundi hospitium, huiusmodi habuit delicias sacrae Virginis puerperium.” Cardinalibus operibus Christi, I, De Nativitate. ML 189-1616. - Questa ed altre opere di Ernaldo vennero attribuite a S. Cipriano.

16 “ Tu cupis me sequi quia vides erga me populum esse gratum ob sanitates et beneficia quae ei confero. Unde speras te in mei sequela posse rem tuam augere et multa bona corradere, quasi ego ex evangelio me meosque locupletem: sed erras: quia ego velut perfectionis magister, pauper sum et paupertatis studiosus, talesque volo esse meos discipulos, ut expediti a cura rerum temporalium toti vacent mihi et Deo, ac praedicationi.” CORNELIUS A LAPIDE, Commentaria in Matthaeum, cap. 8, v. 20.



17 “Perfectus autem servus Christi nihil praeter Christum habet.” S. HIERONYMUS, Epistola 14, ad Heliodorum, n. 6. ML 22-331.



18 L'ediz. del 1779, Venezia, ha: seppellirlo: le altre, come nel testo.



19 Non abbiamo trovato questo testo di Ugone cardinale.

20 Vita, auctore S. EALREDO, cap. 7, n. 24: Acta Sanctorum Bollandiana, die 5 ianuarii.



21 “Quis non obstupescit quod is qui caeli immensitate non capitur, in angusto praesepio reclinatur? qui electos suos stolas immortalitatis induit, vilibus pannis contegi non contempsit?” S. PETRUS DAMIANUS, Sermo 61. ML 144-847.



22 “O novam et inauditam misturam!... Qui est, fit: qui increatus est, creatur... Qui alios ditat, pauper efficitur; carnis enim meae, paupertatem subit, ut ego deitatis ipsius opes consequar.” S. GREGORIUS NAZIANZENUS, oratio 45, In Sanctum Pascha, n. 9. MG 36-635. - Oratio 38, In Theophania, n. 13. MG 36-326.



23 “Jésus Christ couché sur la paille dans l'étable de Bethléem fut la matière la plus ordinaire de ses méditations, et le modèle qu' il se proposa d'imiter.” DAUBENTOS, S. J., Vie, liv. 5, pag. 294. Lyon, 1803.



24 “Quadruplici autem ex causa natus est in via; ut scilicet se peregrinum in hoc mundo ostenderet, ut se viam demonstraret, ut mundum contemnere doceret, ut semper patriam inquirere exemplo suo probaret.” S. ALBERTUS MAGNUS, In Evangelium Lucae, cap. 2. Opera, Lugduni, 1651, X, pag. 101, in fine.



25 “Nam unusquisque hic et in domo sua hospes est. Si non est hospes, non inde transeat. Si transiturus est, hospes est. Sed dimittit illam domum filiis suis, hospes hospitibus. Quare? Et si in stabulo esses, non alio veniente discederes? Hoc facis et in domo tua. Cessit tibi locum pater tuus, cessurus es locum filiis tuis. Nec mansurus manes, nec mansuris relinques. Si omnes transimus, aliquod quod transire non potest operemur.” S. AUGUSTINUS, Sermo 111, cap. 2, in fine. ML 38-643.



26 Vedi sopra, nota 24.



27 Non sappiamo dove S. Anselmo abbia questa sentenza.



28 “Nasciturus itaque Dei Filius, cuius in arbitrio erat quodcumque vellet eligere tempus (cioé hiemem vel aestatem), elegit quod molestius est, praesertim parvulo et pauperis matris filio... Non est tale iudicium mundi: aut iste fallitur, aut mundus errat. Sed divinam falli impossibile est sapientiam. Merito proinde et carnis prudentia... inimica est Deo, et saeculi quoque prudentia stultitia nominatur... Christus utique, qui non fallitur, elegit quod carni molestius est. Id ergo melius, id utilius, id potius eligendum: et quisquis aliud doceat vel suadeat, ab eo tamquam a seductore cavendum. Iam vero etiam nocte voluit nasci. Ubi sunt qui tam impudenter ostentare gestiunt semetipsos?... Vos eligitis quod reprobat ille. Quis prudentior e duobus?... Denique tacet Christus, non se extollit, non magnificat. Et tu ergo qui Christum sequeris, inventum absconde thesaurum. Ama nesciri... Adhuc autem in stabulo nascitur Christus, et in praesepio reclinatur... Plane ut reprobet gloriam mundi, damnet saeculi vanitatem... In omnibus mundi iudicium arguitur, subvertitur, confutatur.” S. BERNARDUS, In Nativitate Domini Sermo 3, n. 1, 2. ML 183-123, 124.



29 Propter vos egenus factus est, cum esset dives, ut illius inopia vos divites essetis. II Cor. VIII, 9.



30 Non abbiamo trovato questo testo di Cassiano.



31 “Ipsi panni divitiae nostrae sunt. Pretiosiores siquidem panni Salvatoris omni purpura, et gloriosius hoc praesepe auratis regum soliis; ditior denique Christi paupertas cunctis opibus cunctisque thesauris.” S. BERNARDUS, In Vigilia Nativitatis Domini, Sermo 4, n. 6. ML 183-102.



32 S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, Vita S. Benedicti, cap. 1. ML 66-128.



33 BARTOLI, Vita, lib. 1, cap. 4; lib. 2, cap. 1; cap. 5.



34 De Vitis Patrum. Vita B. Antonii Abbatis, auctore S. ATHANASIO, cam. 2 et 3. ML 73-127 et seq.



35 S. BONAVENTURA, Legenda S. Francisci, cap. 2, n. 4.



36 “Soggiungeva... che non avrebbe mai fatto profitto nella virtù, colui che fosse stato in qualche modo posseduto dall'avarizia... Quando poi volea riprendere di ciò tacitamente qualcheduno, inframettea questo detto: “Chi vuol la robba, non avrà mai spirito” BACCI, Vita, lib. 2, cap. 15, n. 17.



37 Questa sentenza è come il riassunto di quanto esigevano gli antichi monaci dai loro novizi, volendoli vuoti di se stessi, per il distacco non solo dai beni terreni, ma anche dalla loro volontà propria. Cf. CASSIANUS, De coenobiorum institutis, lib. 4, De institutis renuntiantium, cap. 3-10, ML 49, col. 154-163; cap. 40 et 41, ibid., col. 199-201; S. BASILIUS, Regulae fusius tractatae, Interrogatio X, MG 31-943 et seq. - Vedi il nostro vol. I, Appendice, 72, pag. 481.

38 “In usurarii cuiusdam exsequiis vir Dei concionaturus, thematis loco illud accepit ex Evangelio: Ubi est thesaurus tuus, ibi est et cor tuum. Sub concione autem inter cetera ait: Mortuus est hic dives, et sepultus est in inferno. Ite ad thesaurum eius, et in illius medio invenietis cor eius, corpore iam humato. Abierunt hominis parentes et amici, et cor adhuc calidum in medio nummorum eius invenerunt.” Vita (praefixa Operibus ), cap. 19, pag. 15. Pedeponti, 1739.



39 Ps. LXXII, 26.



40 Le ed. napoletane: Che onori! La veneta 1760: Che cuori! Veneta 1779: Che tesori!



41 Prov. VIII, 18, 21.



42 Ecce Salvator tuus venit; ecce merces eius cum eo. Is. LXII, 11.



43Guithelmus habet similia: Tenui eum, inquit, brachiis caritatis.” Martinus DELRIO, In Cantum Canticorum, cap. 3, sectio 1, Mixta interpretatio seu de Deipara. Parisiis, 1604, fol. 107, a. - I Commentarii dei due Guglielmi, tanto di quello di Parigi che di quello “Neobrigensis”, sono inediti.



44 “Disce quemadmodum quaeratur Christus. Ab his utique qui non perfunctorie quaerunt, sed violenter retinent, sicut ista quae ait: Tenui eum et non dimisi eum (Cant. III, 4), fide invenit, mediatione constrinxit.” S. AMBROSIUS, In Psalmum CXVIII Expositio, Sermo 7, n. 36. ML 15-1293.



45 “Sibi habeant litteras suas oratores, sibi sapientiam suam philosophi, sibi divitias suas divites, sibi regna sua reges: nobis gloria et possessio et regnum Christus est, nobis sapientia in stultitia praedicationis, nobis virtus in infirmitate carnis, nobis gloria in crucis scandalo.> S. PAULINUS, Epistola 38, ad Aprum, n. 6. ML 61-360.



46 S. IGNATIUS LOYOLA, Exercitia spiritualia, Hebdom. 4, Contemplatio ad amorem spiritualem in nobis excitandum. “Amorem tui solum cum gratia tua mihi dones, et dives sum satis, nec aliud quidquam ultra posco.” - Versio literalis ex autographo hispanico: Exercitia spiritualia a R. P. Io, Roothaan, Praeposito Generali S. I., Romae, 1835: “Contemplatio ab obtinendum amorem. Da mihi amorem tui et gratiam, nam haec mihi sufficit.”



47 “Nec pavet in isto mundo indigentia laborare, cui donatum est in omnium rerum Domino omnia possidere.” S. LEO MAGNUS, Sermo 42 (al. 41), De quadragesima, Sermo 4, cap. 2. ML 54-276.




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