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S. Alfonso Maria de Liguori
Novena del Santo Natale

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DISCORSO IX - Il Verbo Eterno da sublime si fece umile.

Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde.

(Matth. XI, 29).

La superbia fu la prima causa della caduta de' nostri primi parenti, i quali per non volersi sottomettere alla divina ubbidienza, perderono se stessi e tutto il genere umano. Ma la misericordia di Dio per rimedio d'una tanta ruina fece che il suo Unigenito si umiliasse a prendere carne umana, e coll'esempio della sua vita inducesse l'uomo ad innamorarsi della santa umiltà, e a detestare la superbia, che ci rende odiosi agli uomini e a Dio. A tal fine c'invita oggi S. Bernardo a visitare la grotta di Betlemme, con dirci: Transeamus usque Bethlehem, ibi habemus quod admiremur, quod amemus, quod imitemur.1 Sì in quella spelonca avremo per prima che ammirare. Come! un Dio in una stalla! un Dio sulla paglia! Come! quel Dio che siede in trono di maestà, il più sublime nel cielo: Vidi Dominum, disse Isaia, super solium excelsum et elevatum (VI, 1); vederlo collocato poi dove? In una mangiatoia, sconosciuto e abbandonato, sì che appena gli stan d'intorno due animali e pochi poveri pastori! - Habemus quod amemus, ben troveremo ivi a chi mettere il nostro affetto, trovando un Dio, bene infinito, che ha voluto avvilirsi a comparire nel mondo da povero bambino, per farsi a noi più amabile e caro, come diceva lo stesso S. Bernardo: Quantum mihi vilior, tantum mihi carior.2 - Troveremo finalmente che imitare, habemus quod imitemur: il sublime, il Re del cielo, fatto umile, piccolo e povero bambino, che già in questa grotta vuol cominciare dalla sua infanzia ad insegnarci col suo esempio


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quel che poi dovrà dirci colla voce. Clamat exemplo - parla il medesimo santo abbate - quod post docturus est verbo: Discite a me, quia mitis sum et humilis corde.3 Cerchiamo lume a Gesù e a Maria.

Chi non sa che Dio è il primo, il sommo nobile, dal quale ogni nobiltà dipende? Egli è l'infinita grandezza. Egli è indipendente, sicché la sua grandezza non l'ha ricevuta da altri, ma sempre l'ha posseduta in se stesso. Egli è il Signore del tutto, a cui tutte le creature ubbidiscono: Mare et venti obediunt ei (Matth. VIII, 27).4 Dunque ha ragione di dire l'apostolo che solo a Dio spetta l'onore e la gloria: Soli Deo honor et gloria (I Tim. I,17). Ma il Verbo Eterno per recar rimedio alla disgrazia dell'uomo, che per la sua superbia si era perduto, siccome fecesi esempio di povertà - come considerammo nel precedente discorso - per distaccarlo da i beni mondani; così volle anche farsi esempio di umiltà, per liberarlo dal vizio della superbia. Ed in ciò il primo e maggior esempio d'umiltà fu il farsi uomo e vestirsi delle nostre miserie: Habitu inventus ut homo (Philip. II, [7]). Dice Cassiano, che colui che si mette la veste d'un altro, sotto quella si nasconde; così Dio nascose la sua natura divina sotto l'umile veste di carne umana: Qui vestitur, sub veste absconditur; sic natura divina sub carnis veste se delituit.5 E S. Bernardo: Contraxit se maiestas, ut se ipsum limo nostro coniungeret, et in persona una uniretur Deus et limus, maiestas et infirmitas, tanta vilitas et sublimitas tanta (Serm. 3, in vigil. Nat.).6 Un Dio unirsi al fango! la grandezza alla miseria! la sublimità alla viltà! Ma quello che più dee farci stupire, è che non solo un Dio volle comparir creatura, ma volle comparir peccatore, vestendosi di carne peccatrice: Deus Filium suum mittens in similitudinem carnis peccati (Rom. VIII, 3).


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Ma non fu contento il Figlio di Dio di comparir uomo, ed uomo peccatore; di più volle eleggersi una vita la più bassa ed umile tra gli uomini; talmente che Isaia ebbe a chiamarlo l'ultimo, il più umiliato tra gli uomini: Novissimum virorum (Is., c. LIII, [3] ). Geremia disse che doveva esser saziato d'ignominie: Satiabitur opprobriis (Thren. III, 30).7 E Davide che dovea rendersi l'obbrobrio degli uomini, e 'l rifiuto della plebe: Opprobrium hominum et abiectio plebis (Ps. CXXI, 6)8 A tal fine volle nascer Gesù Cristo nel modo più vile che possa immaginarsi. Quale obbrobrio d'un uomo, ancorché povero, è l'esser nato in una stalla? Chi nasce nelle stalle? I poveri nascono nelle casucce, almeno nella paglia, ma non già nelle stalle; nelle stalle appena nascono le bestie, i vermi; e da verme volle nascere in terra il Figlio di Dio: Ego vermis, et non homo (Iob, XXI, 7).9 Sì, con tale umiltà, dice S. Agostino, nascer volle il Re dell'universo, per dimostrarci nella stessa umiltà la sua maestà e potenza, in rendere col suo esempio amanti dell'umiltà quegli uomini, che nascono tutti pieni di superbia: Sic nasci voluit Excelsus humilis, ut in ipsa humilitate ostenderet maiestatem (S. Aug., I. 2, de Symb., c. 5).10

L'angelo annunziò a' pastori la nascita del Messia, e i segni che diede loro per ritrovarlo e riconoscerlo, furono tutti segni d'umiltà. Quel bambino, disse, che troverete in una stalla fasciato tra' panni, e collocato in una mangiatoia sulla paglia, quello sappiate ch'è il vostro Salvatore: Et hoc vobis signum, invenietis infantem pannis involutum et positum in praesepio (Luc. II, [12]). Così fa trovarsi un Dio che viene in terra a distruggere la superbia. La vita poi che Gesù Cristo fece in Egitto, dopo essere stato esiliato, fu conforme alla sua nascita. Visse ivi, per quegli anni che vi stette, da forestiere, sconosciuto e povero tra quei barbari; ivi chi mai lo conosceva? chi ne facea conto? Ritornò nella Giudea; e la sua vita non fu molto dissimile da quella che avea fatta in Egitto. Visse per trent'anni in una bottega, stimato da tutti per figlio d'un vile artigiano, facendo l'officio di semplice garzone, povero,


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nascosto, e disprezzato. In quella santa famiglia non v'erano già né servi, né serve. Ioseph et Maria - scrisse S. Pier Grisologo - non habent famulum, non ancillam: ipsi domini et famuli.11 Un solo servo vi era in questa casa, ed era il Figlio di Dio, che volle farsi figlio dell'uomo, cioè di Maria, per farsi umile servo, e qual servo ubbidire ad un uomo e ad una donna: Et erat subditus illis (Luc. II, 51).

Dopo trent'anni di vita nascosta, venne finalmente il tempo che 'l nostro Salvatore dovette comparire in pubblico a predicare le sue celesti dottrine, ch'egli dal cielo era venuto ad insegnarci; e perciò fu bisogno che si facesse conoscere per quello ch'era, vero Figlio di Dio. Ma oh Dio, quanti furono coloro che lo riconobbero e l'onorarono come meritava? Toltine pochi discepoli che lo seguirono, tutti gli altri in vece d'onorarlo lo disprezzarono qual uomo vile ed impostore. Ah che allora maggiormente si avverò la profezia di Simeone: Positus est hic... in signum cui contradicetur (Luc. II, [34] ). Fu Gesù Cristo contraddetto e disprezzato in tutto. Disprezzato nella dottrina, poiché palesando ch'egli era l'Unigenito di Dio, fu stimato bestemmiatore, e come tale giudicato degno di morte; così disse l'empio Caifas: Blasphemavit, reus est mortis (Io. IX, 22).12 Disprezzato nella sapienza, mentre fu stimato pazzo, privo di senno: Insanit, quid eum auditis? (Io. X, 20). Disprezzato ne' costumi, mentre fu stimato crapulone, ubbriaco, ed amico dei ribaldi: Ecce homo devorator, [et] bibens vinum, amicus publicanorum et peccatorum (Luc. VII, 34). Fu stimato stregone che avesse commercio co' demoni: In principe daemoniorum eiicit daemonia (Matth. IX, 34).13 Stimato eretico e indemoniato: Nonne bene dicimus nos, quia samaritanus es tu, et daemonium habes? (Io. VIII, 48). Stimato seduttore: Quia seductor ille dixit etc. (Matth. XXVII, 63). In somma fu stimato Gesù Cristo uomo così scellerato appresso il pubblico, che non vi bisognasse processo per condannarlo a morir crocifisso, siccome dissero gli Ebrei a Pilato: Si non esset hic malefactor, non [tibi] tradidissemus eum (Io. XVIII, 30).

Giunse in fine il Salvatore finalmente al termine di sua


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vita, ed alla sua Passione; e nella sua Passione, oh Dio, quali disprezzi e vilipendi non ricevette! Fu tradito e venduto da uno de' suoi stessi discepoli per trenta danari, prezzo minore di quel che vale una bestia. Da un altro discepolo fu rinnegato. Fu portato per tutte le vie di Gerusalemme ligato da ribaldo, abbandonato da tutti, anche dagli altri suoi pochi discepoli. Fu trattato vilmente da schiavo col castigo de' flagelli. Fu schiaffeggiato in pubblico, fu trattato da pazzo, facendolo vestire Erode con una veste bianca per farlo riputare- quale scemo senza senno: Sprevit illum tamquam ignorantem, dice S. Bonaventura, quia verbum non respondit: tamquam stolidum, quia se non defendit.14 Fu trattato da re di burla, con porgli nelle mani una canna rozza in vece di scettro, uno straccio rosso sulle spalle in vece di porpora, ed un fascio di spine in testa in vece di corona; e quindi deridendolo lo salutavano: Ave Rex Iudaeorum;15 e poi lo caricavano di sputi e di guanciate: Et exspuentes in eum (Matth. XXVII, [30]). Et dabant ei alapas (Io. XIX, [3]).- Finalmente volle morire Gesù Cristo, ma con qual morte? colla morte più ignominiosa, quale fu la morte di croce: Humiliavit semet ipsum factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philip. II, 8). Chi moriva allora giustiziato in croce, era stimato il più vile e ribaldo fra' rei: Maledictus [omnis] qui pendet in ligno (Galat. III, 13). Onde il nome de' crocifissi restava per sempre maledetto ed infamato. Perciò scrisse l'Apostolo: Christus factus est pro nobis maledictum (Galat. III).16 Commenta S. Atanagio: Dicitur maledictum, quod pro nobis maledictum suscepit.17 Volle Gesù prender sopra di sé una tal maledizione, per salvare noi dalla maledizione eterna. Ma dove, Signore, esclama S. Tomaso da Villanova, dov'è il tuo decoro, la tua maestà nello stato di tanta ignominia? Ubi est, Deus, gloria tua, maiestas tua? E risponde: Noli quaerere, extasim passus est Deus (Ser. de Transfig.).18


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E vuol dire il santo: Non andar cercando gloria e maestà in Gesù Cristo, poich'egli è venuto a dar esempio di umiltà ed a manifestare l'amore che porta agli uomini, e l'amore l'ha fatto quasi uscir di se stesso.

Son favole quelle che narravano i gentili, che il dio Ercole per l'amore che portava al re Augia, si pose a governargli i cavalli; e che il dio Apollo per amore di Admeto gli guardasse la greggia.19 Queste son invenzioni di cervello; ma è di fede che Gesù Cristo vero Figlio di Dio per amor dell'uomo si e umiliato a nascere in una stalla, a fare una vita disprezzata, e finalmente a morir giustiziato in un patibolo infame. O gratiam, o amoris vim! esclama S. Bernardo. Ita ne summus omnium imus factus est omnium? (Serm. 64, in Cant.).20 Oh forza dell'amor divino; il più grande di tutti si è fatto il più vile di tutti! Quis hoc fecit? seguita S. Bernardo. Amor dignitatis nescius. Triumphat de Deo amor (Serm. 84, in Cant.).21 L'amore non riguarda dignità quando si tratta di guadagnar l'affetto della persona amata. Dio che da niuno può esser mai vinto, è stato vinto dall'amore, mentre l'amore l'ha ridotto a farsi uomo e a sagrificarsi per amor dell'uomo in un mare di dolori e di disprezzi. Semet ipsum exinanivit, conclude il santo abbate, ut scias amoris fuisse, quod altitudo adaequata est.22 Il Verbo divino ch'è la stessa altezza, si umiliò sino per così dire ad annientarsi, per far conoscere all'uomo l'amore che gli portava. Sì, perché, dice S. Gregorio Nazianzeno che in niun altro modo potea meglio palesarsi l'amor divino, che con abbassarsi


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ad abbracciare le maggiori miserie ed ignominie che patiscono gli uomini in questa terra: Non aliter Dei amor erga nos declarari poterat, quam quod nostra causa ad deteriorem partem se deiecerit (Lib. 2. De Incarn. hom. 9.).23 Aggiunge Riccardo di S. Vittore che avendo l'uomo avuto l'ardire di offendere la maestà di Dio, fu necessario a purgare il suo delitto, che v'intervenisse un'umiliazione dal sommo all'infimo: Oportuit ut ad expiationem peccati fieret humiliatio de summo ad imum (Lib. de Incarn., cap. 8).24 Ma quanto più, ripiglia S. Bernardo, il nostro Dio si è abbassato, tanto più grande si è dimostrato nella bontà ed amore: Quanto minorem se fecit in humanitate, tanto maiorem se exhibuit in bonitate.25

Dopo dunque che un Dio si è tanto umiliato per amore dell'uomo, avrà ripugnanza l'uomo di umiliarsi per amore di Dio? Hoc... sentite in vobis, quod et in Christo Iesu (Philip. II, 5). Non merita nome di cristiano chi non è umile, e non cerca d'imitare l'umiltà di Gesù Cristo, il quale, come dice S. Agostino, è venuto umile al mondo per abbattere la superbia. La superbia dell'uomo è stato il morbo che ha estratto dal cielo questo medico divino, l'ha colmato d'ignominie e l'ha fatto morire in croce. Si vergogni dunque l'uomo d'esser superbo, almeno in vedere un Dio che, per guarirlo dalla superbia, s'è tanto umiliato: Propter hoc vitium superbiae Deus humilis venit. Iste morbus medicum de caelo deduxit, usque ad formam servi humiliavit, contumeliis egit, ligno suspendit. Erubescat homo esse superbus, propter quem factus est humilis


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Deus (S. Aug., in Ps. XVIII, enarr. 2, n. 15).26 E S. Pier Damiani scrisse: Ut nos erigeret se inclinavit.27 Ha voluto abbassarsi per sollevar noi dal lezzo de' nostri peccati, e collocarci insieme cogli angeli nell'alto regno del cielo: De stercore erigens pauperem, ut collocet eum eum principibus... populi sui (Ps. CXII, 7, [8]). Humilitas eius nostra nobilitas est (S. Hilar., lib. II, de Trinit.).28 O immensità dell'amore divino! ripiglia S. Agostino. Un Dio per amor dell'uomo viene a prendersi i disprezzi, per fargli parte del suo onore: viene ad abbracciarsi con i dolori per dargli la salute; viene a patire la morte per ottenergli la vita: Mira dignatio! Venit accipere contumelias, dare honores: venit haurire dolores, dare salutem: venit subire mortem, dare vitam.29

Gesù Cristo con eleggersi una nascita così umile, una vita così disprezzata, ed una morte così ignominiosa, ha renduti nobili ed amabili i disprezzi e gli obbrobrii. Che perciò i santi in questo mondo sono stati così amanti, anzi avidi dell'ignominie, che par che altro non sapessero desiderare e cercare, che d'esser disprezzati e calpestati per amor di Gesù Cristo. Alla venuta del Verbo in terra ben si avverò quel che predisse Isaia (Cap. XXXV, [7]):30 In cubilibus ubi prius dracones habitabunt, orietur viror calami; che dove abitavano i demoni, spiriti della superbia, ivi dovea nascere, al vedersi l'umiltà di Gesù Cristo, lo spirito d'umiltà: Viror calami, id est humilitatis,


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commenta Ugone, quia humilis est vacuus in oculis suis;31 gli umili non sono pieni di sé, come sono i superbi, ma vuoti, stimando quello ch'è in verità, che tutto ciò che hanno è dono di Dio. Da ciò ben possiamo intendere, che quanto è cara a Dio un'anima umile, altrettanto si fa odioso un cuore superbo. Ma è possibile, dice S. Bernardo, che si trovino superbi, dopo che abbiam veduta la vita di Gesù Cristo? Ubi se exinanivit maiestas, vermis intumescit!32 È possibile che un verme lordo di peccati, vedendo un Dio d'infinita maestà e purità, che tanto si umilia per insegnare a noi l'essere umili, sia superbo! Ma sappiasi che i superbi non fan bene con Dio. Avverte S. Agostino: Erigis te, Deus fugit a te; humilias te, Deus venit ad te.33 Il Signore sen fugge da' superbi; ma all'incontro un cuore che s'umilia, ancorché peccatore, Dio non sa disprezzarlo: Cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.34 Dio ha promesso di esaudire ognuno che lo prega: Petite et dabitur vobis... omnis enim qui petit accipit (Matth. VII, 7, [8] ). Ma si è protestato che non può esaudire i superbi, come ci avvisa S. Giacomo: Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (Epist. IV, 6). Alle orazioni de' superbi resiste, e non le ascolta; ma agli umili non sa negare qualunque grazia che gli domandano. Diceva in fatti S. Teresa che le maggiori grazie ella aveale ricevute da Dio, allora che più si umiliava avanti la sua presenza.35 L'orazione di chi si umilia entra da sé nel cielo, senza bisogno di chi l'introduca; e non si parte senza ottenere da Dio ciò che desidera: Oratio humiliantis se nubes penetrabit... et non discedet, donec Altissimus aspiciat (Eccli. XXXV, 21).




1 “In Circumcisione Domini, Fratres, habemus quod amemus et admiremur, habemus etiam quod imitemur.” S. BERNARDUS, In Circumcisione Domini, Sermo 3, De die octavo, n. 1. ML 183-137.



2 “Quanto enim minorem se fecit in humanitate, tanto maiorem exhibuit in bonitate; et quanto pro me vilior, tanto mihi carior est.” S. BERNARDUS, In Epiphania, Sermo 1, n. 2. ML 183-143.

3 “Iam clamat exemplo, quod postmodum praedicaturus est verbo: Discite a me, quia mitis sum et humilis corde (Matth. XI, 29).” S. BERNARDUS, In Nativitate Domini, Sermo 1, n. 1. ML 183-115.



4 Venti et mare obediunt ei. Matth. VIII, 27.



5 Non abbiamo trovato questo testo di Cassiano.



6 “Voluit quoque infirmiora nostra abundantiori gloria sublimare, et contraxit se maiestas: ut quod melius habebat, videlicet seipsum, limo nostro coniungeret, et in persona una sibi invicem unirentur Deus et limus, maiestas et infirmitas, tanta vilitas et sublimitas tanta. Nihil enim Deo sublimius, nil vilius limo.” S. BERNARDUS, In Vigilia Nativitatis, Sermo 3, n. 8. ML 183-98.

7 Saturabitur opprobriis. Thren. III, 30.



8 Ps. XXI, 7.



9 Ego autem sum vermis et non homo. Ps. XXI, 7.



10 Inter Opera S. Augustini, De Symbolo, Sermo ad catechumenos, cap. 5, n. 11. AI. Liber 2 de Symbolo (non sembra che appartenga a S. Agostino). ML 40-643.



11 Non abbiamo trovato questo testo.



12 Tunc princeps sacerdotum scidit vestimenta sua, dicens: Blasphemavit... At illi respondentes dixerunt: Reus est mortis. Matth. XXVI, 65, 66.



13 In principe daemoniorum eiicit daemones. Matth. IX, 34.



14 “Sprevit, inquam, tamquam impotentem, quia signum non fecit; tamquam ignorantem, quia verbum non respondit; tamquam stolidum, quia contra accusantes se non defensavit.” S. BONAVENTURA, Commentarium in Lucam, cap. 23, v. 11, n. 13.



15 Matth. XXVII, 29.



16 Christus nos redemit de maledicto legis, factus pro nobis maledictum, Gal. III, 13.



17 “Christus factus est pro nobis maledictum (Gal. III, 13); et sicut non ipse factus est maledictum, sed quia maledictum pro nobis suscepit, idcirco dictum est ipsum factum esse maledictum.” S. ATHANASIUS, Epistola ad Epictetum, n. 8. MG 26-1063.



18 “Ubi est, Deus, sapientia tua? ubi est potentia tua? ubi est gloria tua? ubi est divinitas, maiestas et aeternitas tua? Noli quaerere; ecstasim passus est. Deus alienatus est a seipso, ut tu redeas ad te ipsum.” S. THOMAS A VILLANOVA, In Dominica 2 Quadragesimae, concio 1, n. 7.



19 Fra le famose fatiche di Ercole vi è quella di aver pulito in un giorno, in seguito a promesso compenso, le stalle di Augia, facendo passare in esse i fiumi Alfeo e Peneo. - Apollo, condannato da Giove a servire, per un più meno lungo spazio di tempo, per aver ucciso i Ciclopi, scelse di dimorare presso Admeto di cui custodì le greggi le quali prosperarono straordinariamente. Egli amò Admeto per la sua religiosità e giustizia, ma anche per la sua bellezza.



20 “O suavitatem! o gratiam! o amoris vim! itane summus omnium unus factus et omnium?” S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 64, n. 10. ML 183-1088. - Tractatus de caritate, cap. 6, n. 29, inter Opera S. Bernardi, ML 184-599: “O suavitatem! o gratiam! o amoris vim! summus omnium imus factus est omnium.” L'autore ignoto prese molto da S. Bernardo, specialmente dai Sermones in Cantica.



21 “Quis hoc fecit? Amor, dignitatis nescius, dignatione dives, affectu potens, suasu efficax. Quid violentius? Triumphat de Deo amor. Quid tamen tam non violentum? Amor est.” S. BERNARDUS, In Cantica, Sermo 64, n. 10. ML 183-1088.



22 “Denique semetipsum exinanivit; ut scias amoris fuisse quod plenitudo effusa est, quod altitudo adaequata est, quod singularitas associata est.” IDEM, ibid.



23 “Qui plenus est, exinanitur; sua enim gloria nonnihil exinanitur, ut ego plenitudinis ipsius particeps efficiar. Quaenam hae bonitatis divitiae? Quodnam me circumstat mysterium? Divinam imaginem accepi, nec custodivi: ille carnis meae particeps fit, ut, et imagini salutem, et carni immortalitatem afferat. Secundum consortium nobiscum init, et quidem priori longe admirabilius; tum enim id, quod praestantius erat, nobis impertivit: at nunc ipse eius, quod deterius est, particeps efficitur. Hoc priori illo divinius; hoc apud cordatos et prudentes viros, multo sublimius.” S. GREGORIUS NAZIANZENUS, Oratio 38, In Theophania, n. 13. MG 36-326.



24 “Ad plenitudinem autem satisfactionis, oportuit ut tanta esset humiliatio in expiatione, quanta fuerat praesumptio in praevaricatione... Quando.... homo praesumpsit contra Deum, facta est elatio de imo ad summum. Oportuit ergo ut ad expiationis remedium fieret humiliatio de summo ad imum, sed hoc omnino non potuit nisi aliqua in Trinitate personarum.” RICHARDUS S. VICTORIS, Operum pars 2, Theologica, Liber de Verbo Incarnato, cap. 8. ML 196-1003.



25 “Quanto enim minorem se fecit in humanitate, tanto maiorem exhibuit in bonitate”. S. BERNARDUS, In Epiphania, Sermo 1, n. 2. ML 183-143.

26 “ Propter hoc vitium, propter hoc magnum superbiae peccatum, Deus humilis venit: haec causa hoc peccatum magnum: iste ingens morbus animarum omnipotentem medicum de caelo deduxit; usque ad formam servi humiliavit, contumeliis egit, ligno suspendit; ut per salutem tantae medicinae curetur hic tumor. Iam tandem erubescat homo esse superbus, propter quem factus est humilis Deus.” S. AUGUSTINUS, Enarratio 2 in Ps. XVIII, n. 15. ML 36-163.



27 “Deus enim cui ut nos erigeret, se misericordite inclinavit nos quidem in suam gloriam transtulit, sed nihilominus ipse in sua divinitate permansit.” S. PETRUS DAMIANUS, Sermo 61, In Nativitate Domini. ML 144- 846.



28 “Non ille eguit homo effici, per quem homo factus est: sed nos eguimus ut Deus caro fieret, et habitaret in nobis, id est, assumptione carnis unius interna universae carnis incoleret. Humilitas eius nostra nobilitas est, contumelia eius honor noster est: quod ille Deus in carne consistens, hoc nos vicissim in Deum ex carne renovati.” S. HILARIUS, Pictaviensis episcopus, De Trinitate, lib. 2, n. 25. ML 10-67.



29 “Haec enim mira commutatio facta est et divina sunt peracta commercia: mutatio rerum celebrata in hoc mundo a negotiatore caelesti; venit accipere contumelias, dare honores; venit haurire dolorem, dare salutem; venit haurire dolorem, dare salutem; venit subire mortem, dare vitam.” S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. XXX, n. 3. ML 36-231.



30 In cubilibus, in quibus prius... Is. XXXV, 7.

31 “Per calamum significatur humilitas... quia vere humilis est vacuus ab omni bono in oculis suis.” HUGO A SANCTO CHARO, Cardinalis, O. P., In Isaiam, cap. 35, v. 7.



32 “Intolerabilis imprudentiae est, ut ubi sese exinanivit maiestas, vermiculus infletur et intumescat.” S. BERNARDUS, In Nativitate Domini, Sermo 1, n. 1. ML 183-115.



33 “Altus est Deus: erigis te, et fugit a te: humilias te, et descendit ad te.” Inter Opera S. Augustini, Sermo 177 (inter supposititios in Appendice ), n. 2. ML 39-2083.



34 Ps. L, 19.



35 “Porque es muy ordinario, cuando alguna particular merced recibo del Senor, haberme primero deshecho a mi mesma, para que vea màs claro cuàn fuera de merecerial yo son; pienso lo debe el Senor de hacer.” S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 38. Obras, Burgos, 1915, I, 336.




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