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S. Alfonso Maria de Liguori
Novena del Santo Natale

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DISCORSO X - Dalla nascita di Gesù, per la notte del Santo Natale.

Evangelizo vobis gaudium magnum...

quia natus est vobis hodie Salvator.

(Luc. II, [10], 11).

Evangelizo vobis gaudium magnum. Così disse l'angelo a' pastori, e così dico a voi in questa notte, anime divote. Vi porto una nuova di grande allegrezza. E qual nuova di maggior allegrezza può darsi ad un popolo di poveri esiliati dalla patria e condannati alla morte, che quella d'esser già venuto il lor Salvatore non solo a liberarli dalla morte, ma ancora ad ottenere loro il ritorno alla patria? E ciò è quello appunto che stanotte io vi annunzio: Natus est vobis... Salvator. È nato Gesù Cristo, ed è nato per voi, per liberarvi dalla morte eterna e per aprirvi il paradiso, ch'è la patria nostra, dalla quale avevamo avuto il bando in pena de' nostri peccati. Ma acciocché siate grati in amare d'oggi in poi questo vostro nato Redentore, lasciate ch'io vi metta avanti gli occhi, dove è nato, e com'è nato, e dove questa notte si ritrova, affinché possiate andare a trovarlo e a ringraziarlo di tanto beneficio e tanto amore. Cerchiamo lume a Gesù ed a Maria.

Lasciate dunque ch'io vi rappresenti in breve l'istoria della nascita di questo Re del mondo ch'è sceso dal cielo per la vostra salute. Volendo Ottaviano Augusto imperator di Roma sapere le forze del suo imperio, volle che si facesse una general


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numerazione di tutti i suoi sudditi; e perciò ordinò a tutti i presidi delle provincie, e tra gli altri a Cirino preside della Giudea, che facessero venire ciascuno a scriversi, con pagare insieme un certo tributo in segno del comun vassallaggio: Factum est... edictum..., ut describeretur universus orbis (Luc. II, [1]). Pubblicato che fu quest'ordine, ecco Giuseppe che subito ubbidisce, né aspetta che prima partorisca la sua santa sposa, che stava già vicina al parto. Subito, dico, ubbidisce, e si mette in cammino con Maria pregna del Verbo Incarnato, per andare a scriversi nella città di Betlemme, ut profiteretur cum Maria... uxore praegnante.1 Il viaggio fu lungo, mentre come portano gli autori, fu di 90 leghe, viene a dire di quattro giornate;2 lungo e strapazzoso, dovendosi andare per montagne e per vie aspre, e con venti, pioggie e freddo.

Quando entra la prima volta il re in una città del suo regno, quali onori non se gli apprestano? quanti apparati, quanti archi trionfali! Preparati dunque, o felice Betlemme, a ricever con onore il tuo Re, mentre ti avvisa il profeta, che già viene a visitarti il tuo Signore, ch'è Signore non solo di tutta la Giudea, ma di tutto il mondo. E sappi, dice il profeta, che fra tutte le città della terra tu sei la fortunata, che s'ha eletta per nascere in terra il Re del cielo, affin di regnare poi non già nella Giudea, ma ne' cuori degli uomini, che vivono nella Giudea ed in tutta la terra: Et tu, Bethleem Ephrata, parvulus es in millibus Iuda; ex te mihi egredietur qui sit dominator in Israel (Mich. V, 2). Ma ecco già entrano in Betlemme questi due gran pellegrini, Giuseppe e Maria che porta seco nell'utero il Salvator del mondo. Entrano nella città, vanno alla casa del ministro imperiale a pagare il tributo, ed a scriversi nel libro de' sudditi di Cesare, dove si scrive anche la prole di Maria, cioè Gesù Cristo, ch'era il Signore di Cesare e di tutti i principi della terra. Ma chi li riconosce? Chi va loro ad incontro per onorarli? Chi li saluta, chi l' accoglie? In propria venit, et sui eum non receperunt (Io. I, [11]). Vanno


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essi da poveri, e come poveri son disprezzati, anzi peggio che gli altri poveri son trattati e discacciati. Sì, perché stando ivi, factum est autem, cum essent ibi, impleti sunt dies, ut pareret (Luc. II, [6] ). Intese Maria ch'era già arrivato il tempo del parto, e che 'l Verbo Incarnato voleva in quel luogo e in quella notte nascere e farsi vedere al mondo. Ond'ella ne avviso Giuseppe, e Giuseppe con fretta si diede a procurar qualche alloggio tra le case di quei cittadini, per non portare la sposa a partorire nell'osteria, che non era luogo decente per una donzella che partoriva; tanto più che in quel tempo stava quella piena di gente. Ma non trovò chi li desse udienza, e verisimilmente da alcuno fu anche rimproverato come sciocco, in condurre la sposa vicina al parto in quel tempo di notte e di tanto concorso. Sicché fu costretto finalmente, per non restare in quella notte in mezzo alla via, di portarla alla pubblica osteria, dove v'erano già anche molti poveri alloggiati in quella notte. Vi andò; ma che? anche di furono discacciati; e fu risposto loro che non ci era luogo per essi: Non erat eis locus in diversorio (Luc. II, 7). Vi era luogo per tutti, anche per li plebei, ma non per Gesù Cristo.- Quell'osteria fu figura di quei cuori ingrati dove molti dan luogo a tante creature miserabili, e non a Dio. Quanti amano i parenti, amano gli amici, amano anche le bestie, ma non amano Gesù Cristo, e niente fan conto, né della sua grazia, né del suo amore. Ma disse Maria SS. ad un'anima divota: Fu disposizione di Dio, che mancasse a me ed a mio Figlio alloggio tra gli uomini, acciocché l'anime innamorate di Gesù gli offerissero se stesse per alloggio, e con amore l'invitassero a venire nei loro cuori (Vedi il P. Patrign.).3

Ma seguitiamo l'istoria. Vedendosi dunque discacciati da ogni parte questi poveri pellegrini, escono dalla città per ritrovare almeno fuori di essa qualche ricovero. Camminano all'oscuro, girano, spiano; finalmente vedono una grotta che stava cavata in un sasso del monte sotto la città. Scrive il Barrada, Beda e Brocardo, che il luogo dove nacque Gesù Cristo, era una rupe scavata sotto il muro di Betlemme, separata dalla città, a guisa d'una spelonca, che serviva d'alloggio agli


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animali.4 Allora disse Maria: Giuseppe mio, non occorre passare più avanti, entriamo in questa grotta e qui fermiamoci.

Ma come? rispose allora Giuseppe; sposa mia, non vedi che questa è grotta tutta svadata, fredda, umida, che da ogni parte scorre acqua? non vedi che questa non è stanza d'uomini, ma è stalla di bestie? Come vuoi stare qui in tutta questa notte, e qui partorire? Eppur è vero, allora disse Maria, che questa stalla, questa è la reggia, il palagio regale in cui vuol nascere in terra il Figlio eterno di Dio.

Oh che avran detto gli angeli in vedere entrar la divina Madre a Partorire in quella grotta! I figli de' principi nascono nelle stanze addobbate d'oro, si apparecchiano loro culle ricche di gemme, panni preziosi, col corteggio de' primi signori del regno. E poi al re del cielo si apparecchia per nascervi una stalla fredda e senza fuoco? poveri pannicelli per coprirlo, un poco di paglia per letto, ed una vil mangiatoia per riporvelo? Ubi aula?, dimanda san Bernardo, ubi thronus? Dov'è la corte, dov'è il soglio regale, dice il santo, per questo Re del cielo, s'io non vedo altro che due animali che stan per fargli compagnia, e che un presepio di bestie, dove ha da esser collocato?5 - O grotta fortunata che avesti sorte di vedere in te


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nato il Verbo divino! O presepe fortunato che avesti l'onore di accogliere in te il Signor del cielo! O fortunate paglie che serviste di letto a colui che siede sulle spalle de' serafini! Ah che in considerare la nascita di Gesù Cristo e 'l modo come nacque, dovressimo tutti ardere d'amore; e in sentir nominare grotta, mangiatoia, paglia, latte, vagiti, tali nomi - pensando alla nascita del Redentore - dovrebbero essere per noi tutte fiamme d'amore, e saette che ci ferissero i cuori. Sì, voi foste fortunati, o grotta, o presepe, o paglie; ma son più fortunati quei cuori che amano con fervore e tenerezza questo amabilissimo Signore, ed infiammati d'amore l'accolgono poi nella santa comunione. Oh con qual desiderio e contento va Gesù Cristo a riposare in un cuore che l'ama!

Entrata che fu Maria nella spelonca, subito si pose in orazione, e venuta già l'ora del parto, si scioglie i capelli, in segno di riverenza, spargendoli sulle spalle; ed ecco che vede una gran luce, sente nel cuore un gaudio celeste, bassa gli occhi, e oh Dio che mira? mira già sulla terra un bambino, così bello ed amabile, che innamora, ma che trema, che piange, e collo stender delle mani segno di voler esser preso tra le di lei braccia: Extendebat membra quaerens Matris favorem, secondo la rivelazione fatta a S. Brigida.6 Maria chiama Giuseppe. Vieni, Giuseppe, disse, vieni a vedere ch'è già nato il figlio di Dio. Viene Giuseppe, e in vedere Gesù già nato, L'adora in mezzo a un fiume di dolci lagrime: Intravit senex, et prosternens se plorabat prae gaudio (Revel., ibid.).7 Indi la S. Vergine con riverenza prende l'amato Figlio, e se lo pone in seno. Cerca di riscaldarlo col calore delle sue guance e del suo petto: Maxilla et pectore calefaciebat eum cum laetitia et tenera compassione materna.8 - Considerate la divozione, la tenerezza, l'amore che allora provò Maria in vedersi tra le braccia e in seno il Signore del mondo, il Figlio dell'Eterno Padre, che si era degnato di farsi anche figlio di lei, scegliendola per sua Madre tra le donne.- Avendolo poi già in seno


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Maria, l'adora come Dio, gli bacia i piedi come a suo Re, e poi la faccia come a suo Figlio. Indi cerca subito di covrirlo, e fasciarlo co' panni. Ma, oh Dio, che i panni sono aspri e rozzi perché son panni di poveri; e son freddi, sono umidi, e in quella grotta non v'è fuoco da riscaldarli!

Venite, monarchi, venite imperatori, venite tutti, o principi della terra, venite ad adorare il vostro sommo Re, che per amor vostro nasce e nasce così povero in questa spelonca. Ma chi comparisce? niuno. In propria venit, et mundus eum non cognovit (Io. I).9 Ah che il Figlio di Dio è venuto nel mondo, ma il mondo non vuol conoscerlo. Ma se non vengono gli uomini, ben vengono gli angeli ad adorare il lor Signore. Così comanda l'eterno Padre per onor di questo suo Figlio: Et adorent eum omnes angeli eius (Hebr. I, 6). Vengono in gran numero, lodando il loro Dio cantano con giubilo: Gloria in altissimis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis (Luc. II, 14). Gloria alla divina misericordia che in vece di castigare gli uomini ribelli, fa che lo stesso loro Dio prenda sopra di sé il castigo, e così li salvi. Gloria alla divina sapienza che ha trovato il modo di soddisfare insieme la giustizia e di liberare l'uomo dalla morte da esso meritata. Gloria alla divina potenza, in abbattere le forze dell'inferno in maniera così ammirabile, col venire il Verbo divino da povero a patire dolori, disprezzi e morte, e così tirarsi i cuori degli uomini ad amarlo, ed a lasciar tutto per suo amore, onori, beni e vita: come han fatto poi tante donzelle, tanti giovani, anche nobili, e principi, per esser grati all'amore di questo Dio. Gloria finalmente al divino amore, mentre ha ridotto un Dio a farsi bambino, povero, umile, a vivere una vita penosa, ed a fare una morte spietata. per dimostrare all'uomo l'affetto che gli porta, e per guadagnarsi il di lui amore. Agnoscimus in stabulo potentiam exinanitam, sapientiam prae amoris nimietate infatuatam.10 Vediamo in questa stalla, dice San Lorenzo Giustiniani, la potenza di un Dio quasi annichilata; vediamo un Dio ch'è la


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stessa sapienza, per lo troppo amore che porta agli uomini, quasi impazzito.

Orsù, Maria invita tutti, nobili e plebei, ricchi e poveri, santi e peccatori, ad entrare nella grotta di Betlemme, per adorare e baciare i piedi al suo Figlio già nato. Entrate dunque, anime divote, entrate a vedere sul fieno il Creatore del cielo e della terra in forma d'un piccolo bambino, ma così bello, e così luminoso che manda per tutto raggi di luce. Ora ch'è nato e sta su quella paglia, la grotta non è più orrida, ma è divenuta un paradiso. Entriamo su e non abbiamo timore. È nato Gesù, ed è nato per tutti, per ognun che lo vuole. Ego flos campi - egli ci fa sapere ne' sagri Cantici - et lilium convallium (Cant. II, 1). Si chiama giglio delle valli, per darci ad intendere che siccome egli nasceumile, così solamente gli umili lo trovano; perciò l'angelo non andò ad annunziar la nascita di Gesù Cristo a Cesare o ad Erode; ma a poveri ed umili pastori. Del resto egli si chiama fiore de' campi, perché sta esposto per farsi trovare da tutti: Ego flos campi, commenta Ugon cardinale, quia omnibus me exhibeo inveniendum.11 I fiori de' giardini stan chiusi e son riserbati tra le mura, non è permesso a tutti di trovarli e di prenderli; all'incontro i fiori de' campi sono esposti a tutti; chi li vuole, li prende; e tale vuol essere Gesù Cristo, esposto ad ognun che lo vuole. Entriamo su, la porta è aperta: non est satelles, dice S. Pier Grisologo, qui dicat non est hora.12 I monarchi stan chiusi nelle lor reggie, e le reggie stan circondate da' soldati: non è facile aver udienza da' principi: chi vuol parlarci, molto ci ha da stentare; più volte dovrà essere licenziato, con sentirsi dire: Ritornate in altro tempo, ora non è tempo di udienza. Non va così con Gesù Cristo. Egli se ne sta in quella grotta,


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e vi sta da bambino, per allettare ognun che viene a cercarlo; e la grotta è svadata, senza guardie e senza porte, sicché ciascuno può entrarvi a suo piacere quando vuole, per trovare e parlare, ed anche abbracciare questo picciolo Re, se l'ama e desidera.

Entrate dunque , anime. Ecco , guardate in quella mangiatoia, su quella povera paglia quel tenero pargoletto che piange. Vedete come è bello; mirate la luce che manda, l'amore che spira quegli occhi inviano saette a' cuori che lo desiderano; quei vagiti son fiamme a chi l'ama; la medesima stalla, le stesse paglie gridano, dice S. Bernardo: Clamat stabulum, clamant paleae,13 e vi dicono che amiate chi vi ama: amiate un Dio ch'è degno d'infinito amore, e ch'è sceso dalle stelle, e si è fatto bambino, si è fatto povero per farvi intendere l'amor che vi porta, e per guadagnarsi colle sue pene il vostro amore. Dimandategli : Ahi vago bambinello, dimmi, a chi sei figlio? Risponde: La madre mia è questa bella e pura verginella, che mi sta accanto. E 'l Padre tuo chi è? Il Padre mio, dice, è Dio. E come! tu sei figlio di Dio, e stai così povero? così umile? in questo stato chi mai ti riconoscerà? chi ti rispetterà? No, risponde Gesù, la santa fede mi farà conoscere per quel che sono, e mi farà amare dall'anime ch'io son venuto a redimere e ad infiammare del mio amore. Io non son venuto. dice, a farmi temere, ma a farmi amare; e perciò ho voluto comparire a voi la prima volta che mi vedete, da bambino cosi povero ed umile, acciocché così più mi amiate, vedendo a che mi ha ridotto l'amore ch'io vi porto. Ma dimmi, Bambino mio, perché giri gli occhi d'intorno? che vai guardando? Ti sento sospirare, dimmi, perché sospiri? Oh Dio ti sento piangere; dimmi, perché piangi? Sì, risponde Gesù, io giro gli occhi d'intorno, perché vo cercando qualche anima che mi desidera. Sospiro per desiderio di vedermi a canto qualche cuore che arda per me, come ardo io per lui d'amore. Ma piango, e per questo piango, perché non vedo, o vedo troppo poche anime e cuori che mi cercano e mi vogliono amare.




1 Ut profiteretur cum Maria, desponsata sibi uxore praegnante. Luc. II, 5.



2 La lega è misura itineraria, la cui estensione varia secondo i paesi. Dice altrove S. Alfonso: 90 miglia. Da Nazareth a Gerusalemme vi sono da 120 a 130 chilometri; da Gerusalemme a Betlemme, 7 chilometri. Novanta miglia romane (1480 metri incirca al miglio, esattamente 1481, 75) fanno poco più di 133 chilometri.



3 Giuseppe Antonio PATRIGNANI, S. I., La Santa infanzia del Figliuolo di Dio, parte 3, capo 3, Considerazione 11, vol. II, pag. 173. Venezia, 1757.

4 BARRADAS Sebastianus, S. I., Comment, in Concordiam et Historiam Evangelicam, I, Lugduni, 1611, lib. 8, cap. 14. - Dal Barrada, in questo luogo, viene citato il BROCARDO (Brocardus, Burcardus, Burckhardus, Brocard, Brochard, ecc.), detto da Barby, dal luogo di nascita nel circondario di Magdeburgo, detto pure de Monte Sion per il lungo soggiorno che fece, prima e dopo il 1283, nel Monastero di quel nome di Gerusalemme; pubblicò una Descriptio Terrae Sanctae, la quale ebbe almeno 26 edizioni in varie lingue, e divenne il vade mecum dei pellegrini. - Barrada cita pure il BEDA, De locis sanctis, cap. 8. Quantunque la ML riconosca l'autenticità di questa operetta, pur non ne riferisce il testo inter Opera Bedae Venerabilis. Ma nota il Mabillon (ML 88-778, n. 6, in fine) che S. Beda “librum de Locis sanctis ex Adamnani scriptione collegerat;” e con lui diciamo: “Nobis sat visum est solum reddere Adamnanum.” S. ADAMNANUS, De Locis sanctis, lib. 2, cap. 1 et 2, ML 88-795: “Quae civitas (Bethlehem)... in dorso (montis) sita est angusto, undique ex omni parte vallibus circumdato... In eiusdem vero civitatis orientali et extremo angulo quasi quaedam naturalis dimidia inest spelunca, cuius interior ultima pars praesepe Domini nominatur, in quo natum puerum reclinavit Mater: alius vero supradicto continuus praesepio introeuntibus propior, locus proprie nativitatis Dominicae traditur fuisse.”



5 “Quid facitis, o Magi? ... Quid facitis, quod et aurum offertis? Ergo rex est ipse? Et ubi aula regia, ubi thronus, ubi curiae regalis frequentia? NUmquid aula est stabulum, thronus praesepium, curiae frequentia Ioseph et Maria? “ S. BERNARDUS, In Epiphania Domini, Sermo 1, n. 5. ML 183-145. - “Sed ubi est, o Magi, ubi est purpura Regis huius? Numquid viles panni isti, quibus est involutus? Si Rex est, diadema eius ubi est?” IDEM, In Epiphania Domini, Sermo 2, n. 1. ML 183-147.

6 “Et tunc puer plorans et quasi tremens prae frigore... volvebat se paululum et extendebat membra, quaerens invenire refrigerium et matris favorem.” S. BRIGITTAE Revelationes, lib. 7, cap. 21.



7 “Intravit senex, et prosternens se ad terram, genibus flexis adorando eum, plorabat prae gaudio.” Ibid.



8 “Quem (puerum) tunc Mater suscepit in manibus et strinxit eum ad pectus suum, et cum maxilla et pectore calefaciebat eum cum magna laetitia.” Ibid.



9 Et mundus eum non cognovit. In propria venit, et sui eum non receperunt. Io. I, 10, 11.



10 “Adeamus cum fiducia.... ad diversorium humanitatis eius (cioé la grotta di Betlemme)... Ibi namque agnoscemus exinanitam Maiestatem, Verbum abbreviatum, Solem carnis nube obtectum, et Sapientiam amoris nimietate infatuatam.” S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in Nativitate Domini, n. 4. Opera, Lugduni, 1628, pag. 394, col. 2.

11Ego fios campi, quasi dicat: O Sponsa, noli in abscondito cubiculi, vel in horto lectuli me quaerere, quia palam me exhibeo omnibus ad cognoscendum, inveniendum, obtinendum, ut fios campi.” HUGO A SANCTO CHARO, primus Cardinalis O. P., In Canticum Canticorum, cap. 2, v. 1.



12 (Non già S. Pier Grisologo, ma) S. IOANNES CHRYSOSTOMUS, Expositio in Ps. IV, MG 55-42: “Non assistit miles qui expellat, non satelles qui opportunitatem tollat; non est qui dicat: Non est nunc tempus accedendi, veni postea; sed quando veneris, stat audiens, etiamsi tempore prandii, etiamsi tempore coenae, etiamsi nocte intempesta, in foro, in via, in cubili, etiamsi in iudicio coram magistratu fueris et eum vocaveris, nihil vetat quominus tuam petitionem audiat, si rite vocaveris.” - È chiaro che il Grisostomo non parla di Gesù nella grotta di Betlemme, ma di Dio sempre attento ed accessibile alle nostre preghiere.

13 “Consolamini, consolamini, dicit Dominus Deus vester. Dicit hoc Emmanuel, nobiscum Deus. Clamat hoc stabulum, clamat praesepe, clamant lacrimae, clamant panni.” S. BERNARDUS, In Nativitate Domini, Sermo 5, n. 1. ML 183-128.






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