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S. Alfonso Maria de Liguori
Opera dogmatica...eretici pretesi riformati

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§. 5. Se le divine scritture furono inspirate da Dio così in quanto alle cose come in quanto alle parole.

38. Dice s. Gregorio: Ipse scripsit, et illius operis inspirator extitit1. Vi sono tre opinioni. La prima dice che le scritture tutte furono ispirate da Dio così in quanto alle sentenze come in quanto alle


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parole. La seconda dice che tutte le sentenze furono da Dio ispirate, ma non tutte le parole; e questa opinione è la più probabile. La terza dice (ma questa è erronea ed empia) che molte sentenze furono ispirate da Dio, ma altre furono poste da alcuni scrittori di loro arbitrio. Quel che è certo dunque si è che almeno tutte le cose sostanziali così del vecchio come del nuovo testamento furono inspirate da Dio; altrimenti, dice s. Agostino, tota scripturarum vacillaret auctoritas, ideoque et fides nostra1. Che perciò s. Paolo2, chiama le scritture eloquia Dei, ed a Timoteo3, scrisse: Omnis scriptura divinitus inspirata. Ciò si comprova poi colla tradizione dei padri, con s. Ireneo, contra haeres.4, Tertulliano5, s. Atanasio6, s. Basilio7, s. Gio. Grisostomo8. E questa tradizione consta dalla perseverante persuasione così dei cristiani circa il nuovo testamento, come degli ebrei circa il vecchio, siccome si scorge da quel che scrivono Filone e Giuseppe.

39. Che poi le scritture non furono inspirate da Dio secondo tutte le parole, lo scrisse s. Girolamo nell'epistola ad Algasia; e s. Agostino9, scrisse: Si ergo quaeritur quae verba potius dixerit Matthaeus, an quae Lucas etc., nullo modo hinc laborandum; mentre dice esser sufficiente che le cose siano vere, giacché alcuni sacri scrittori han tenuto un ordine, altri ne han tenuto un altro; e perciò da Dionisio alessandrino, Origene, Basilio, Gregorio nazianzeno, Girolamo e da altri padri si vedono citati alcuni testi con barbarismi che certamente non poterono esser così dettati da Dio; e tale si crede la volgata, vera in tutte le sentenze, ma senza che tutte le parole siano state da Dio inspirate.

Si risponde ad alcune principali opposizioni.

40. Si oppone per 1. se tutte le sentenze in quanto alle cose furono ispirate da Dio, dunque niuno scrittore dovette usare diligenza e fatica. Ma ciò apparisce falso da quel che scrive s. Luca e lo scrittore del libro e de' maccabei. Si risponde che non ogni inspirazione divina, ma solamente alcuna di esse esclude la fatica e diligenza de' sacri scrittori: poiché Dio non gl'inspirò tutti nello stesso modo; ad alcuni per divina ispirazione si offerivano da sé le sentenze e le parole, ond'essi non abbisognavano di alcun pensamento per iscrivere; altri poi il Signore mosse a porre ogni cura acciocché non errassero, e frattanto rivelava loro le cose dimenticate o ignote.

41. Si oppone per 2. che molte cose delle scritture ripugnano a' divini precetti, quali sono alcune imprecazioni scritte nei salmi, come: Effunde iram in gentes quae te non noverunt10 e simili.. Ma si risponde che queste non furono imprecazioni dettate dal desiderio di vendetta, ma predizioni de' divini castighi, come avverte s. Agostino11, ove scrisse: Non malevolentiae voto ista dicuntur, sed spiritu praevisa praedicuntur.

42. Si oppone per 3. che vi sono nelle scritture alcune cose inutili che non sembrano ispirate da Dio, siccome è quel che scrive l'apostolo a Timoteo12: Penulam, quam reliqui Troade apud Carpum, veniens affer tecum. Ma si risponde che non tutte le cose delle scritture sono egualmente utili, ma niuna di loro è inutile, perché o serve all'integrità della narrativa o pure alla nostra istruzione; siccome le parole dell'apostolo c'istruiscono, che noi meritoriamente possiamo provvedere alle necessità umane. Scrive pertanto s. Girolamo13: Quaecumque in scripturis levia et parva videntur, non minus esse a Deo inspirata, quam creaturae vilissimae sint a conditore coeli et terrae.

43. Si oppone per 4. che alcune cose nelle scritture narransi come incerte, siccome in Giovanni c. 2. 6, dicesi: Hydriae... capientes singulae metretas binas vel ternas. Si risponde che lo Spirito santo in qualche luogo non ha voluto dichiarare alcune circostanze, ma ha voluto accomodarsi al comune uso di coloro che narrano alcun fatto.

44. Si oppone per 5. che lo scrittore del libro 2 de' maccabei nel fine petit veniam erratorum. Si risponde che lo scrittore ivi non parla di errori scritti nel libro, ma solo dello stile men culto con cui ha scritto, dicendo: Et si quidem bene et ut historiae competit, hoc et ipse velim; sin autem minus digne, concedendum est mihi.




1 -Praefat. in Iob.



1 - L. 1. de doctr. christ. c. 27.



2 - Rom. c. 3.



3 - Epist. c. 3.



4 - L. 2. c. 47.



5 - L. de habitu mulier. c. 23.



6 - Ep. ad Marcel.



7 - Prooem. in ps.



8 - Epist. ad Exsuper.



9 - L. 2. de consensu evang. c. 12.



10 - Ps. 78. 10.



11 - In cit. ps. 97.



12 -2. Tim. 4. 13.



13 - Epist. ad Philemon.






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