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S. Alfonso Maria de Liguori
Opera dogmatica...eretici pretesi riformati

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§. 7. Delle diverse versioni della scrittura.

50. I libri del testamento vecchio tutti furono scritti in ebraico: i libri del nuovo furono scritti in greco, fuorché il vangelo di s. Matteo e l'epistola di s. Paolo agli ebrei, scritta probabilmente in lingua siriaca, mista di voci ebraiche e caldaiche; e fuori di s. Marco, che probabilmente fu scritto in lingua latina in Roma. Dell'antico testamento vi furono molte versioni, di Origene, di s. Luciano, di Teodozione, di Aquila, di Simmaco e di altri, ma la più celebre fu quella de' settanta, che fu fatta fare circa l'anno 280 prima di Gesù Cristo dal re Tolomeo Filadelfo, figlio di Tolomeo Lago, re di Egitto e terzo re della Grecia dopo Alessandro magno, indotto da Demetrio Filarco filosofo. Il nominato Tolomeo, volendo arricchire la sua biblioteca, mandò a chiedere ad Eleazaro sommo sacerdote che gl'inviasse i sacri libri ed insieme i suoi dottori ebrei per tradurli in greco. Eleazaro gli mandò settantadue dotti, i quali fecero la versione che fu poi approvata da' giudei e da' greci di Alessandria.

51. Circa questa versione s. Ireneo, Clemente alessandrino, s. Agostino col Bellarmino e Baronio furono di parere che quegl'interpreti fossero inspirati dallo Spirito santo nel tradurre le divine carte: ma lo nega s. Girolamo: altri eruditi dicono che almeno furono assistiti dallo Spirito santo, acciocché non errassero.

52. Altri hanno scritto sull'istoria registrata da un certo Aristea gentile che i mentovati interpreti si fossero chiusi divisamente in diverse cellette che ciascuno avesse fatta la sua traduzione e che finalmente tutte quelle, essendosi conferite insieme,


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si fossero trovate tutte uniformi. Ma s. Girolamo, praefat. in Pentateuchum ributta affatto questo fatto dicendo: Nescio quis primus auctor septuaginta cellulas mendacio suo extruxerit; ed asserisce che i settantadue dottori trasportarono i sacri testi solamente col conferir tra di loro: ed in ciò consentono il Bellarmino e molti dotti moderni. Avverte di più il Bellarmino con altri che la mentovata versione de' settanta oggidì è talmente corrotta che sembra affatto diversa da quella che era. Del resto non si dubita che di quella traduzione si valsero gli apostoli ed i santi padri ne' primi secoli; ma oggi è certo che ella non si ha per autentica, checché dicasi Giovenino1, volendo che la versione de' settanta sia stata e sia anche al presente autentica.

53. Parlando poi delle versioni latine dello stesso vecchio testamento, la più comune fu sempre la volgata, chiamata itala da s. Agostino e vetere da s. Gregorio. S. Girolamo l'emendò e trasportò in latino due volte, la prima dalla versione greca de' settanta e la seconda dal testo ebreo; fuori del salterio (che da lui fu solamente emendato) e fuori de' libri della sapienza, dell'ecclesiastico e de' maccabei, i quali sono gli stessi ch'erano dell'antica versione latina. Questa versione poi di s. Girolamo universalmente è stata ricevuta nella chiesa occidentale, e finalmente dal concilio di Trento nella sessione quarta è stata dichiarata autentica, come quella che per mezzo della tradizione apostolica è stata approvata per vera col lungo uso di tanti secoli.

54. Si avverta poi che il nuovo testamento non fu già da s. Girolamo convertito dal greco in latino, ma solo fu emendato di certi errori; così Giovenino2. E scrive il Bellarmino3, che la versione greca del nuovo testamento, fatta dal santo per ordine di s. Damaso, oggi non è totalmente sicura, perché non è affatto incorrotta.

55. Oppongono per I. gli eretici contra la volgata ch'ella discorda dall'ebraica e dalla greca; che perciò Clemente VIII. corresse la volgata data fuori da Sisto V. Si risponde ch'ella non discorda in quanto al senso sostanziale: del resto poco importerebbe che in qualche luogo discordasse, mentre dicono gli eruditi che gli esemplari così ebraici come greci sono difettosi; il che è avvenuto per negligenza degli editori. Nondimeno i fonti greci ed ebraici sono ben utili a scorgere il senso delle parole, e il concilio di Trento, sebbene ha preferita loro la volgata, ha lasciata però a' testi ebraici e greci l'autorità che aveano. Avvertasi poi che Clemente VIII. nell'emendazione della volgata non variò da quella di Sisto in quanto al senso, ma solo in certe espressioni. Del rimanente, come parla Clemente, la volgata neppure oggi è libera da ogni errore accidentale; ma al presente sta già definito che sia esente da ogni errore sostanziale contra la fede o contra i buoni costumi.

56. Oppongono per 2. che il concilio non avea alcuna ragione di preferire la volgata alle altre. Si risponde che bastante fondamento di preferirla fu l'uso della chiesa, che per mille anni della volgata si valse; mentre a tempo di s. Gregorio magno la sola volgata fu impiegata per le lezioni e definizioni, siccome apparisce dai libri di s. Gregorio e dagli atti dei concilj.

57. Si oppone per 3. che la volgata contiene molti errori che a tempo del tridentino non si poterono emendare. Si risponde che sinora non si è potuto appurare alcuno errore. E se per causa dei libraj alcuni errori casualmente si sono scritti, da' sommi pontefici sono stati fatti emendare. Se poi alcuni pochi sono stati lasciati, sono essi di leggerissimo momento, ma affatto non offendono né la fede né i buoni costumi; vedi Giovenino, tom. I, p. 9, concl. 4.




1 - T. 1. p. 75 e 76.



2 - T. 1. p. 79. concl. 4.



3 - L. 6. de verb. Dei, c. 7.






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