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S. Alfonso Maria de Liguori
Opera dogmatica...eretici pretesi riformati

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Cap. I. Dell'istituzione del sacramento dell'estrema-unzione.

2. In questo capo I si dice essere stata questa sacra unzione degl'infermi istituita da Cristo come vero e proprio sacramento, siccome sta insinuato nel vangelo di s. Marco e poi da s. Giacomo apostolo fu promulgato a' fedeli con quelle parole: Infirmatur quis in vobis? inducat presbyteros ecclesiae, et orent super eum, ungentes eum oleo in nomine Domini: et oratio fidei salvabit infirmum, et alleviabit eum Dominus; et si in peccatis sit, dimittentur ei. Colle quali parole la chiesa ammaestrata dall'apostolica tradizione insegna esser la materia di questo sacramento l'olio benedetto dal vescovo; poiché l'unzione rappresenta la grazia, colla quale invisibilmente viene ad esser unta l'anima dell'infermo. La forma poi esser quelle parole: Per istam unctionem etc. Ecco le parole del concilio: Instituta est autem sacra haec unctio infirmorum tamquam vere et proprie sacramentum novi testamenti a Christo D. N. apud Marcum quidem insinuatum, cap. 6, vers. 12 et seq., per Iacobum autem apostolum ac Domini fratrem fidelibus commendatum ac promulgatum: Infirmatur etc. (come sopra). Quibus verbis, ut ex apostolica traditione per manus accepta ecclesia didicit, docet materiam, formam, proprium ministrum et effectum huius salutaris sacramenti. Intellexit enim ecclesia materiam esse oleum ab episcopo benedictum; nam unctio aptissime Spiritus Sancti gratiam, qua invisibiliter anima aegrotantis inungitur, repraesentat: formam deinde esse illa verba. Per istam unctionem etc.

3. A questo capo I corrisponde il canone I, ove si dice: Si quis dixerit extremam unctionem non esse vere et proprie sacramentum a Christo Domino institutum, et a b. Iacobo apostolo promulgatum, sed ritum tantum acceptum a patribus aut figmentum humanum, anathema sit.

4. Sicché si ha dal concilio in questo primo capo che il sacramento dell'estrema unzione è vero, e proprio sacramento, istituito da Cristo, insinuato nel vangelo di s. Marco colle parole: Et exeuntes praedicabant ut poenitentiam agerent; et daemonia multa eiiciebant et ungebant oleo multos aegros et sanabant, 6, 12 et 13, e promulgato da s. Giacomo; onde s. Giacomo non ne fu l'istitutore, ma solo il promulgatore; poiché l'istitutore di questo sacramento fu Gesù Cristo com'è di tutti gli altri. Se poi Cristo immediatamente per s. Giacomo istituì questo sacramento, è questione; e niuna delle due opinioni è di fede, dicendo il Tridentino solamente che questo sacramento è istituito da Cristo, e ciò è senza dubbio di fede; e pare più probabile che immediatamente sia stato istituito dal Signore, mentre il concilio ascrive a s. Giacomo


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la sola promulgazione: Instituta est sacra haec unctio... a Christo Domino tamquam sacramentum novi testamenti, apud Marcum quidem insinuatum, per Iacobum autem fidelibus promulgatum. In qual tempo poi l'estrema-unzione fosse promulgata, scrive il Tournely1 esser più probabile che fu promulgata dopo l'istituzione della penitenza, come perfectiva et consummativa di quella, secondo parlano i padri.

5. Lutero e Calvino han tolta affatto di mezzo l'estrema-unzione, dicendo essere una superstizione de' papisti. Ma, come abbiamo osservato, il concilio afferma esser vero sacramento, concorrendovi le tre parti necessarie che costituiscono i sacramenti; vi è per I. il segno sensibile dell'unzione dell'olio; per 2. vi è la promessa della grazia, si in peccatis sit dimittentur ei; per 3. vi è l'istituzione divina, ungentes eum oleo in nomine Domini; ed essendoché s. Giacomo non ne fu che semplice promulgatore, Cristo dovette esserne l'istitutore a cui solo spetta d'istituire i sacramenti.

6. Si oppone da Calvino narrarsi da Sigeberto nella sua cronaca che

l'estrema-unzione fu istituita da Innocenzo I. Ma come può credersi a Sigeberto, quando lo stesso Innocenzo2 asserisce che l'estrema-unzione degl'infermi è vero sacramento, né affatto dice parole ch'egli l'abbia mai istituita? Anzi Sigeberto attesta lo stesso. Tutti i fatti asseriti dagli eretici sono tutti sospetti di falsità.

7. Si oppone che ne' primi sei secoli da coloro che scrissero la morte de' santi, non si fa menzione ch'essi avessero preso questo sacramento in fine di vita. Ma ciò che importa? né pure scrissero che avessero presa l'eucaristia, la quale certamente allora si prendeva in morte da tutti i fedeli. Basta sapere, come scrive Possidio nella vita di s. Agostino, ch'era allora massima comune dei santi che niuno dovea morire senza segni di penitenza: Sacerdotes absque digna poenitentia exire de corpore non debere. Sotto nome di penitenza includeasi ancora il prender quest'ultimo sacramento.

8. Oppongono di più che da s. Giacomo l'effetto dell'estrema-unzione si attribuisce all'orazione della fede, et oratio fidei salvabit infirmum; onde, dicono, se fosse sacramento l'effetto si attribuirebbe all'unzione come materia ed all'orazione semplicemente come forma. Ma errano, perché in verità all'unzione ed all'orazione semplicemente si attribuisce l'effetto: ungentes eum in nomine Dominis; dopo le quali parole immediatamente si dice: et oratio fidei salvabit infirmum; le quali parole oratio fidei non si deon prendere subiective a rispetto della fede del ministro, ma obiective a rispetto di tutta la chiesa, mentre quell'orazione contiene l'oggetto della fede, ch'è il sacramento.

9. Abbiamo di più dal concilio di Trento, qual è la materia dell'estrema-unzione: la materia remota è l'olio di ulive, come consta dall'eucologio de' Greci e dal sacramentario di s. Gregorio; poiché il nome di olio propriamente dinota quello di ulive, come spiega il catechismo romano3 ex olearum baccis tantummodo expressum. Gli altri olj cum addito di lino, di noce, ecc. Né osta che Innocenzo I lo chiami crisma, perché con tal nome volle dinotare qualunque unzione. Ma se mai accadesse, dice il Tournely4 , che tal olio di ulive si trovasse misto con balsamo, come è l'olio de' catecumeni, ben sarebbe materia idonea del sacramento in caso di necessità.

10. Inoltre bisogna sapere che sebbene i Greci adoperano l'olio benedetto dal sacerdote, nondimeno tra' Latini, come consta da tutti i rituali, la benedizione dee aversi dal vescovo. È vero però che tal benedizione può dal papa commettersi anche a' sacerdoti semplici, come si ha dal decreto di Clemente VIII (vedi la nostra Teologia morale, lib. 6, n. 709, dub. 3). Se poi tal benedizione o sia consecrazione del vescovo o del sacerdote sia necessaria di necessità di sacramento, scrive Giovenino5 che in quanto a' Greci consta che solamente sia di precetto, ma in niun luogo si parli di sacramento. Del resto altri dottissimi teologi, come Bellarmino, Estio ec., vogliono che sia necessaria di necessità di sacramento; ma lo nega Sambovio con altri, a cui pare che aderisca Tournely6 e risponde alle ragioni di Bellarmino. Ma trattandosi di valore di sacramento non è lecito, fuorché in caso di necessità, servirsi di materia dubbia. Quando però fosse mancato l'olio benedetto, ben può mischiarvisi qualche parte del non benedetto, ma in minor quantità, come si ha dal capo Quod in dubiis, de consecr.

11. La materia prossima poi è la stessa unzione, la quale nella chiesa latina dee farsi negli occhi, orecchie, narici, labbra,


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mani, piante de' piedi o vicino a quelle parti, ed anche ne' reni rispetto agli uomini (non già alle donne) che possono muoversi senza pericolo in quella infermità; siccome si spiega nel sacramentario di s. Gregorio e nel rituale romano. I Greci poi usano di ungere nella fronte, nel mento, petto, ginocchia, mani e piedi. Del resto in caso di necessità, che non vi è tempo, basta ungere un solo senso più ovvio, dicendo: indulgeat tibi Deus quicquid per sensus peccasti; mentreché s. Giacomo non altro esprime che ungant. Ma se vi è tempo, non è lecito mai di tralasciare alcuna delle suddette particolari unzioni, come ben dice Tournely1 con s. Tomaso. Anticamente gl'infermi tutti ordinariamente si sforzavano di andare all chiesa a prendere questo sacramento; il p. Chalon2 ne adduce più esempi; e s. Cesario suppone che questa pratica era comune nella chiesa, e perciò non si aspettava l'estremità della vita; ed in effetto così al presente praticano i religiosi trappesi nelle loro chiese.

12. Abbiamo ancora dal concilio qual sia la forma di questo sacramento, cioè: Per istam etc., la quale forma fu già prescritta da Eugenio IV. nella sua istruzione agli Armeni: Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam indulgeat tibi Deus quidquid deliquisti per visum, odoratum, gustum, tactum, auditum, gressus, lumborum delectationem, come si ha nel decreto di Eugenio IV. (e nel rituale romano), del quale il Tridentino3 fa menzione: benché riferisce il p. Chalon4 esservi stata in ciò anticamente gran varietà; anzi rapporta più esempi ne' quali si è usata l'unzione di una sola parte del corpo. Del resto, in quanto al valore del sacramento non son necessarie le parole per istam sanctam unctionem etc., né il nominare tutti i sensi; bastano le parole: indulgeat tibi Deus quidquid per sensum deliquisti. Ho detto per lo valore, poiché le altre parole, fuori del caso di necessità, non possono lasciarsi senza colpa. Altra è poi la forma de' Greci, colla quale si esprimono singolarmente gli effetti del sacramento. Scrive Giovenino5 che alcune chiese latine prima adoperavano la forma indicativa: Ungo te hoc oleo etc., e riferiscono ivi s. Tomaso, s. Bonaventura ed altri che questa era la forma ambrosiana che si usava a Milano: Ungo te oleo sanctificato, in nomine Patris etc. Del resto la forma che ora universalmente si usa nella chiesa latina è la deprecatoria descritta di sovra; e questa ancora, attesta Giovenino6 essere stata sempre usata dalla chiesa greca.




1 - Compend. de sacr. extr. unct. t. 2. p. 50. q. 2.

2 - Ep. 1. c. 8.

3 - Part. 2. n. 9.

4 - T. 2. de extr. unct.

5 - T. 7. de extr. unct. p. 424. q. 1.

6 - T. 2. de sacram. p. 15.

1 - T. 2. de extr. unct. p. 21. q. 3.

2 - L. 3. c. 3.

3 - Sess. 14. c. 1.

4 - Cit. l. 3. c. 1.

5 - De extr. unct. p. 22. q. 2.

6 - P. 25. q. 2. v. 3.




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