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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Pratica del confessore

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Introduzione di Stefano Manelli OFMC

S. Alfonso Maria de Liguori fu definito "Dottore utilissimo", per la sua vita e per i suoi scritti con cui fecondò i tre campi della Teologia Morale, della Teologia Spirituale, dell'Apologetica.

Proprio pensando a S. Alfonso si avverte stridentemente, oggi, che nella Chiesa anziché dottori "utilissimi", ci sono tanti dottori "dannosissimi": quei dottori che il Papa Paolo VI definì "teologi da camera" e "autoteologi", dei quali "diffidare", giacché anche per essi valgono le terribili parole profetiche di S. Pietro nel mettere i . n guardia i primi cristiani dai maestri di errori e deviazioni: "Tra voi ci saranno dei falsi dottori che provocheranno dannose fazioni e rinnegheranno il Signore che li redense, attirando su se stessi una rapida rovina... Costoro sono fonti senz'acqua, nubi agitate dalla bufera, dense di tenebre. Pronunciano discorsi gonfi di vanità, adescano con le concupiscenze della carne, con le dissolutezze... Promettono loro libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione" (2 Pt 2, 1 e 18-19).

A suo tempo, anche S. Alfonso parlava allo stesso modo - e parlerebbe tanto più oggi - dei falsi teologi, "che senza preoccuparsi del vero scrivono per piacere al mondo. Sempre pronti a mettere guanciali sotto il capo dei peccatori, li addormentano nel vizio... Questi teologi cagionano un danno immenso alla Chiesa, perché chi ama la via facile si affretta a seguire le loro massime".

Davvero contro i "falsi maestri" (2 Pt 2,1), S. Alfonso fu realmente "guida dei fratelli e difesa del popolo", come si espresse S. S. Pio VII. Il nostro "Dottore utilissimo", ebbe a che fare con i falsi teologi e pretesi maestri che infestavano la Chiesa di dottrine erronee o pericolose. Ad essi egli oppose la dottrina intatta epura della Chiesa, colta nelle sue immutabili radici: S. Scrittura, Tradizione, Magistero Pontificio. Per tutta la Chiesa l'opera di S. Alfonso fu, e resta, una corrente poderosa di aria pura che spazza via i miasmi degli errori, ridonando respiro e vita alle anime.

"Dottore zelantissimo", fu anche definito. E ben a ragione. Perché la sua azione, in campo dottrinale e pastorale, fu anche insonne, oltre che poderosa.

Sappiamo che egli si era impegnato con voto a non perdere neppure un istante di tempo disponibile. Di poche ore era il suo sonno. Immobile alla sua scrivania, studiava o scriveva finché gli occhi o le dita non si immobilizzavano anch'essi. Lavorava anche infermo, con indosso l'artrite e altri acciacchi. Lancinato da dolori al capo, con una mano si premeva una pietra di marmo sulla fronte, con l'altra continuava a scrivere senza posa. (La pietra si può vederla ancor oggi, accanto al quadro di Maria SS. del Buon Consiglio, sull'umile tavolino, nella sua povera cella di Pagani).

In una pagina concisa e forte, il P. Berthe ci offre questa descrizione della vita di S. Alfonso: "Passava il suo tempo libero ai piedi di Dio, in pie letture ed in sante orazioni. Dopo una preparazione, spesso assai lunga, celebrava la Messa con la pietà di un Angelo: il suo ringraziamento durava ore intere. Le sue visite al SS. Sacramento, che erano assai frequenti, lo infiammavano di amore divino e lo univano sì strettamente all'Ospite del tabernacolo, che non lo lasciava mai senza rammarico. Affine di rassomigliare a Gesù Crocifisso, non indietreggiava dinanzi a nessuna mortificazione. Il cibo malissimo preparato... pareva a lui troppo delicato: quindi trovava il mezzo di amareggiarlo, mescolando a tutte le pietanze aloè e mirra. Spesso il suo pasto consisteva in una minestra ordinaria, e di più mangiata in ginocchio o seduto per terra, con una pietra sospesa al collo, come un colpevole. Il sabato, per onorare la sua Madre Maria, digiunava a pane ed acqua. Portava cilizio, catenelle di ferro... Due volte la settimana si dava la disciplina a sangue. Più avido egli di sofferenze, che i mondani di piaceri, seguiva con ardore la sola via che mena dalla terra al cielo: la via della croce" (1).

A proposito del suo amore alla povertà eroica, ricordiamo, ad esempio, che "quando S. Alfonso prese possesso della sua sede vescovile si trovò in grandi impicci. "Siamo in tutto - diceva scherzosamente - un vecchio vescovo, un vecchio cocchiere, una vecchia vettura e un paio di vecchi cavalli". Ma le difficoltà, la vecchia carrozza, i vecchi cavalli non gli impedirono di fare meraviglie" (2). E ancora: "S. Alfonso impegnò la sua croce pettorale per assistere i poveri. Tenne l'anello soltanto perché per quello non vollero dargli nulla" (3), mentre "le scarpe che doveva portare da Vescovo gli durarono venticinque anni!" (4).

Se è vero che in quello stesso secolo non mancarono, alla Chiesa, altri valorosi apologisti come l'Huet, il Muratori, il Bergier, tuttavia, fra quelli, S. Alfonso fu la "stella della Chiesa militante", come disse ancora Pio VII, e tutti ,egli sovrastò di gran lunga per l'influsso formativo esercitato sulle masse dei fedeli, in Europa e oltre.

Si sa che S. Alfonso venne creato Dottore della Chiesa principalmente per la sua Theologia Moralis. La dottrina morale di S. Alfonso "ha creato una corrente nuova - afferma il De Luca - dopo un secolo e mezzo di moralismi a volte esasperati, e questa corrente è stata quella che ha poi adottato la Chiesa. S. Tommaso nella Dommatica, sant'Alfonso nella Morale" (5).

La comparsa della Theologia Moralis di S. Alfonso fu un vero avvenimento e una grande provvidenza nella Chiesa. Ricordiamoci che a quei tempi anche i teologi più eminenti - come scrive il Berthe - navigavano a stento fra Scilla e Cariddi" (6), ossia fra il lassismo e il rigorismo. E S. Alfonso, finalmente, fu colui che seppe "segnare una via sicura tra le opinioni o troppo larghe o troppo rigide dei teologi" (7). Per questo principalmente fu Dottore in universa Ecclesia, da seguirsi "senza timore di ingannarsi" (Pio IX, Breve del 9 luglio 1871).

Nove edizioni della Theologia Moralis si esaurirono vivente ancora il Santo, senza contare i diversi compendi in italiano e in latino da lui stesso compilati per l'uso pastorale (La Pratica del confessore, L'Homo Apostolicus). Il Papa Pio XII, inoltre, nel 1950 gli conferì anche il titolo di "Celeste Patrono dei confessori e dei moralisti" (8).

Ciò vale singolarmente per il nostro Santo Dottore e per le sue opere, di cui, appunto, il Servo di Dio Don Calabria poté affermare: "Gli scritti di S. Alfonso hanno un pregio loro tutto caratteristico: non vanno mai fuori moda, non sono mai vecchi" (9).

Anche questo "utilissimo" volume, "La Pratica del confessore", che ha avuto numerosissime edizioni fino al passato più recente, ed è servito a generazioni e generazioni di confessori, specialmente giovani, non è affatto vecchio né fuori uso. Al contrario, forse mai come in questi tempi di lacerante crisi della confessione, di scarsità e impreparazione dei confessori, proprio quest'opera del grande Dottore e sommo moralista, deve ritornare fra le mani di tutti i ministri del Sacramento della Riconciliazione. Con questo volume, opportunamente adeguato al nuovo Codice di Diritto Canonico, S. Alfonso offre ai confessori una sintesi mirabile dei principi e delle norme morali per una retta e feconda amministrazione del Sacramento del perdono, con riferimenti pratici e preziosi a gruppi differenziati di penitenti e a molteplici casi delicati e scabrosi.

È una pista sicura, è un vademecum di prima qualità a sostegno del confessore nella difficile arte della purificazione delle anime, a garanzia dei penitenti nel cammino della conversione attraverso la Confessione.

Se S. Alfonso è Dottore della Chiesa soprattutto come Maestro di morale, è alla sua scuola che debbono tornare i ministri della riconciliazione. Se S. Alfonso è il Dottore "utilissimo" e "zelantissimo", è a lui che dobbiamo tornare per imparare da lui a rendere il nostro ministero sacerdotale "utilissimo" e "zelantissimo" su tutto il fronte della dottrina e della pratica pastorale per la guida delle anime alla salvezza e alla santificazione.

Per l'idea di fare una nuova edizione della Pratica siamo in debito nei confronti di P. Basilio Maria Arthadeva, O.M. V., Direttore della rivista Cristo al Mondo.

P. Stefano Maria Manelli O.F.M.Conv., S.T.D.

Ministro Provinciale

della Religiosa Provincia Napoletana di S. Francesco

in S. ALFONSO DE LIGUORI

Pratica del Confessore

Casa Mariana, Frigento 1987, pp. XIII-XVIII

 

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(1) A. Berthe, S. Alfonso de' Liguori, Pagani 1933, pp. 83-84. Cfr. J. Angot des Rotours, S. Alfonso de Liguori, Rorna 1910, pp. 78, 133,190.

(2) A. Roche, Sublimità dei Santi, Roma 1958, p. 84.

(3 Ivi, p. 86.

(4) Ivi, p. 86.

(5) G. De Luca, Sant'Alfonso mio maestro di vita cristiana, Roma 963, p. 84; cfr. pure pp. 90 e 138. Vedere la 1 Aggiunta di questa Pratica.

(6) A. Berthe, S. Alfonso de' Liguori, Pagani 1933, p. 282.

(7) Decretum super concessione tituli Doctoris, 23 marzo 1871.

(8) AAS 42, p. 597.

(9) Riportato da O. Gregorio nella Premessa a La vera Sposa di Gesù Cristo, Alba 1965, p. 8.

 

 

 

 




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