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Sant'Alfonso Maria de Liguori Pratica del confessore IntraText CT - Lettura del testo |
§ IV - Circa la frequenza de' sagramenti
125. Parliamo per ultimo del come deve il confessore guidare l'anime spirituali circa la frequenza de' sagramenti, cioè della confessione e comunione.
In quanto alla confessione, è bene loro insinuare che si facciano la confessione generale, se non l'han fatta ancora; perché, se mai l'avessero già fatta, o pure se l'anima fosse angustiata da scrupoli, bisogna vietargliela. In quanto poi alla confessione ordinaria, alcune persone di coscienza molto delicata han praticato di confessarsi ogni giorno; del resto, generalmente parlando, basterà alle persone spirituali, specialmente alle scrupolose, il confessarsi una o al più due volte la settimana. Ma quando alcuna di queste si trovasse aggravata da qualche colpa veniale e non avesse comodità di confessarsi, dice il p. Barisoni nel suo trattato della comunione65, coll'autorità di s. Ambrogio66 e di molti altri autori (e lo consiglia anche s.
Francesco di Sales in una sua lettera)67, che non perciò deve lasciar la comunione, giacché per la remissione de' veniali insegna il sagro concilio di Trento68 esservi già altri mezzi, come sono gli atti di contrizione o d'amore; ond'è meglio allora servirsi di quelli per purificarsi da tale colpa che privarsi della comunione per non potersi confessare. E talvolta diceva un dotto direttore che riesce a qualche anima timorata più fruttuoso il disporsi alla comunione cogli atti proprii che colla stessa confessione, avvenendo che allora forse ella si dispone con atti più fervorosi di pentimento, d'umiltà e di confidenza.
126. In quanto poi alla comunione69, non parliamo qui dell'obbligo de' pastori di non negare la comunione ad alcun suddito che non sia pubblico peccatore e che
ragionevolmente la dimandi; di ciò ne abbiam parlato nel Libro (6, 254) dove abbiam veduto che Innocenzo XI70 in un suo decreto ordinò che l'uso della comunione frequente si lasciasse tutto al giudizio de' confessori; onde senza causa evidente non so come i parroci possano in buona coscienza negar la comunione a chi la cerca. E notisi che nell'accennato decreto si proibisce così a' parrochi come a' vescovi di determinare in generale a' loro sudditi i giorni della comunione. Ma parliamo qui solamente de' confessori, come debbano regolarsi intorno al concedere la comunione a' loro penitenti.
In ciò alcuni errano per soverchia indulgenza, altri per soverchio rigore. Non ha dubbio essere errore, come bene avverte il pontefice Benedetto XIV nel suo aureo libro De synodo71, il conceder la frequente comunione a coloro che spesso cadono in peccati gravi né sono molto solleciti di farne penitenza e d'emendarsene, o a coloro che vanno a comunicarsi coll'affetto a' peccati veniali deliberati, senza desiderio di liberarsene. Giova sì bene talvolta dar la comunione ad alcuno il quale stesse in qualche pericolo di colpa grave, per dargli forza a resistere; ma per quelle persone che non sono in tal pericolo e d'altra
parte commettono ordinariamente peccati veniali deliberati, e non si vede in esse né emenda né desiderio d'emenda, sarà bene non permettere loro la comunione più d'una volta la settimana. Anzi può giovare il proibire loro anche in qualche settimana la comunione, affinché prendano maggiore orrore ai loro difetti e maggior riverenza verso il Sagramento. Tanto più che la sentenza più comune vuole che il comunicarsi col peccato veniale attuale o coll'affetto al medesimo sia nuova colpa per ragione dell'irriverenza al Sagramento72. Alcuni adducono il decreto di s. Anacleto, dove dicesi: Peracta consecratione, omnes communicent qui noluerint ecclesiasticis carere liminibus; sic enim et apostoli statuerunt, et sancta romana tenet Ecclesia73. Ma primieramente si nega dal p. Suarez74 e da altri che mai vi sia stato questo precetto degli apostoli. Per secondo un tal decreto, come attesta ivi la glossa75 e il Catechismo Romano76, non era per tutti i fedeli, ma solo per li
ministri assistenti all'altare. Per ultimo, dato che il detto decreto fosse per tutti, è certo che oggidì è andato in disuso.
127. D'altra parte errano certamente altri direttori, e molto si allontanano dallo spirito della Chiesa, i quali, senza riguardo al bisogno o al profitto dell'anime, negano indifferentemente la comunione frequente, non per altra ragione se non perch'è frequente; mentre lo stesso Catechismo Romano77, spiegando il desiderio del s. concilio di Trento78 che tutti gli astanti alla Messa si comunicassero, insegna essere officio del parroco esortare sollecitamente i fedeli alla comunione, non solo frequente, ma benanche quotidiana, con dover loro suggerire che, come il corpo, così l'anima ha bisogno del quotidiano alimento.
Lascio qui di addurre le autorità de' ss. padri e maestri di spirito a ciò conformi: poiché queste già si ritrovano registrate in tanti libri che trattano della frequente comunione. Bastami sapere dal catechismo Romano nel luogo citato e dal decreto d'Innocenzo XI79 riferito nel Libro (6, 254) che l'uso frequente ed anche quotidiano della comunione (come ivi si attesta) è sempre stato approvato dalla Chiesa e da tutti i ss. padri i quali, come prova un dotto autore, quando han veduto raffreddarsi l'uso della comunione quotidiana, si sono con ogni sforzo adoperati per rimetterla in piedi. E nel concilio III di Milano sotto s. Carlo Borromeo80 s'impose a' parrochi
l'esortare nelle prediche questa frequenza della comunione: e di più s'ordinò a' vescovi della provincia che proibissero il predicare e castigassero severamente chi andasse disseminando il contrario, come seminatore di scandali e contraddicente al sentimento della Chiesa. Inoltre nel suddetto decreto d'Innocenzo s'ordina a' vescovi che con somma diligenza provvedano che a niuno sia negata la comunione, anche quotidiana, e che, secondo conviene, cerchino d'alimentare questa divozione ne' loro sudditi.
Alcuni spiriti rigorosi non negano già esser lecita la comunione quotidiana, ma dicono a ciò richiedersi la dovuta disposizione. Ma si desidera sapere che cosa intendano per questa dovuta disposizione: la degna? Se intendono la degna, e chi mai dovrebbe più comunicarsi? Solo Gesù Cristo si comunicò degnamente, perché solo chi è Dio può ricevere degnamente un Dio. Se poi intendono la disposizione conveniente, già si è detto di sopra che a coloro i quali tengono attuali colpe veniali o l'affetto ad esse, senza desiderio d'emendarsi, è ben giusto il negare loro la frequente comunione. Ma se parliamo poi di quell'anime che, avendo già tolto l'affetto a' peccati anche veniali e superata la maggior parte delle loro male inclinazioni, han gran desiderio di comunicarsi, dice s. Francesco di Sales81 che questi col consiglio del direttore ben possono comunicarsi ogni giorno; e s. Tommaso insegna che quando un'anima esperimenta colla comunione di avanzarsi nel divino amore e non mancar di riverenza, non dev'ella lasciare di comunicarsi ogni giorno. Ecco le sue parole: Si aliquis experientia comperisset ex quotidiana
communione augeri amoris fervorem et non minui reverentiam, talis deberet quotidie communicare82. 128. E sebbene l'astenersi qualche giorno dalla comunione per riverenza è anche virtù, tuttavia dice il p. Granata nel suo trattato della comunione83 esser comune opinione de' dottori ch'è meglio accostarsi ogni giorno alla comunione per amore che astenersene per riverenza; e ciò lo conferma lo stesso s. Tommaso dicendo: Et ideo utrumque pertinet ad reverentiam huius sacramenti et quod quotidie sumatur et quod aliquando abstineatur… Amor tamen et spes, ad quem semper Scriptura nos provocat, praeferuntur timori84. Anzi ben dice il p. Barisoni85 che chi si comunica con desiderio di crescere nel divino amore, anche fa un atto di riverenza verso Gesù Cristo; anzi questi lo fa positivo, dove chi se n'astiene lo fa solamente negativo.
Molti santi, che certamente hanno avuta gran riverenza a questo Sagramento, non si sono astenuti dal comunicarsi ogni giorno, come usarono s. Geltrude86, s.
Caterina da Siena87, s. Teresa88, la b. Giovanna di Chantal89 ed altri. Ed a chi dicesse che oggidì non vi sono più queste sante Terese, ben risponde il mentovato p. Barisoni90 esser temerità il supporre che al presente sia abbreviata la mano del Signore. Il v.p. maestro Avila91 giunge a dire che quelli che riprendono chi si accosta molto spesso alla comunione fanno l'officio del demonio.
129. Del resto, considerando le riferite dottrine, par che non possa senza scrupolo il direttore negar la comunione frequente ed anche quotidiana (eccettuato, ordinariamente parlando, un giorno della settimana, come sogliono ordinare alcuni buoni direttori, ed eccettuato quel tempo in cui togliessero la comunione per far prova dell'ubbidienza o dell'umiltà del penitente o per altro buon fine) ad un'anima che la desidera per avanzarsi nel santo amore, sempreché ella, stando già distaccata coll'affetto da ogni peccato veniale, attende di più a far molta orazione mentale e cerca di camminare alla perfezione e non cade in peccati neppure veniali pienamente volontari; poiché questa è la perfezione, come dice s. Prospero92, che può aversi dall'anime secondo la fragilità umana.
E quando il confessore giudica profittevole il dar la comunione frequente a simili persone, dice Innocenzo XI nel suo decreto che non deve ostare che sieno anche negoziati o casati. Ecco le sue parole: Frequens (ad Eucharistiam) accessus confessariorum… iudicio est relinquendus, qui ex conscientiarum puritate et frequentiae fructu et ad pietatem processu laicis negotiatoribus et coniugatis, quod prospiciant eorum saluti profuturum, id illis praescribere debebunt93.
130. E sebbene alcun'anima cadesse qualche volta in qualche peccato veniale volontario per mera fragilità, ma presto se ne dolesse e proponesse l'emenda, se poi desiderasse comunicarsi per acquistar forza dal Sagramento a non cadere e per avanzarsi nella perfezione, perché se l'ha da negare la comunione?
Fu già condannata da Alessandro VIII la proposizione 22 di Baio, che diceva: Sacrilegi sunt iudicandi qui ius ad communionem percipiendam praetendunt antequam de delictis suis poenitentiam egerint94. E così anche la
proposizione 23: Similiter arcendi sunt a sacra communione quibus nondum inest amor Dei purissimus et omnis mixtionis expers95. Il s. concilio di Trento chiama questo Sagramento: Antidotum quo liberemur a culpis quotidianis, et a mortalibus praeservemur96. Certamente, a questo fine ancora di preservare l'anime dal ricadere, gli apostoli davano la comunione quotidiana agli antichi cristiani, fra' quali senza dubbio se ne trovavano imperfetti di tal sorta e forse più, come si ricava dall'epistole di s. Paolo97 e di s. Giacomo98. La s. Chiesa (nel postcommunio della domenica 24 post Pentec.) prega: Ut… quidquid in nostra mente vitiosum est, ipsorum (sacramentorum) medicationis dono curetur99. Dunque la comunione è istituita anche per gl'imperfetti, affinché colla virtù di tal cibo si guariscano. Notisi di più ciò che s. Francesco di Sales nella sua Filotea a tal proposito dice: Se vi dimandano perché vi comunicate tanto spesso,… dite loro che due sorte di persone si deono comunicare spesso, i perfetti e gl'imperfetti: i perfetti per conservarsi nella perfezione e gl'imperfetti per poter giungere alla perfezione; i forti affinché non
diventino deboli, e i deboli affinché diventino forti; gl'infermi per essere guariti e i sani affinché non s'infermino. Ed in quanto a voi, com'imperfetta, inferma e debole, avete bisogno di spesso comunicarvi… Dite loro che quelli che non han negozi mondani debbono spesso comunicarsi, perché ne hanno la comodità, e quelli che li hanno, perché han bisogno della comunione (2, 21). Conclude finalmente il Santo: Comunicatevi spesso, Filotea, e più spesso che potete, col consiglio del vostro padre spirituale e credetemi: le lepri diventano bianche nelle nostre montagne, perché non si cibano che di neve; ed a forza di mangiar la purità in questo Sagramento, voi diventerete tutta pura (l. cit.). Parimente il p. Granata nel suo trattato della comunione dice così: Non deve scostarsi l'uomo da questo Sagramento per la propria indegnità, giacché per i poveri s'è lasciato questo tesoro e per gl'infermi questa medicina. Sicché niuno (soggiunge) per quanto sia imperfetto, deve allontanarsi da questo rimedio, se desidera veramente guarire100. Anzi dice l'Autore nominato di sopra, che quanto più alcuno si conosce debole, tanto più deve andare a prender questo cibo de' forti. E ciò è ben conforme a quel che dicea s. Ambrogio: Qui semper pecco, debeo semper habere medicinam101; e s. Agostino: Quotidie peccas, quotidie sume102.
131. Tanto più che s. Tommaso103 insegna che l'effetto del Sagramento, in quanto all'aumento della grazia, non viene impedito da' peccati veniali, purché questi non si commettano attualmente nel ricever la comunione, dicendo che questi impediscono sì bene in parte, ma non in tutto l'effetto del Sagramento. E questa sentenza è comunemente ritenuta dal Soto104, dal Suarez105, dal Valentia106, dal Vasquez107, dal Coninchio108 e da molti altri.
Inoltre è buona sentenza di molti autori gravi, che questo Sagramento da sé immediatament ex opere operato rimette i peccati veniali, di cui l'anima non abbia attual compiacenza. E ciò è conforme a quel che dice il Catechismo Romano: Remitti vero Eucharistia et condonari leviora peccata, quae venialia dici solent, non est quod dubitari debeat. Quidquid enim cupiditatis ardore anima amisit… totum Eucharistia, eas ipsas minores culpas abstergens, restituit109. Almeno, come dice l'Angelico
colla comune, si eccita colla comunione l'atto di carità, per cui si rimettono poi le colpe: Qui (actus caritatis) excitatur in hoc Sacramento, per quem peccata venialia solvuntur110. 132. Che se poi si scorgesse che colla comunione frequente l'anima non si vedesse avanzare nella perfezione, né emendarsi dalle colpe deliberate, benché veniali, come in cercare gusti de' sensi di mangiare, vedere, sentire, vestir con vanità, etc. allora sembra certamente consiglio restringer l'uso della comunione, anche per farla più avvertita a correggersi e migliorarsi nello spirito.
Del resto avvertasi che sebbene, come insegna s. Tommaso, affinché poss'alcuno accostarsi alla comunione, requiritur ut cum magna devotione… accedat111, tuttavia non è necessario che questa divozione sia somma o che sia sensibile. Basterà che 'l direttore scorga nel fondo della volontà del suo penitente esservi radicata una prontezza di eseguire ciò che piace a Dio. Altrimenti chi s'astiene dalla comunione per non conoscere in sé un gran fervore, dice il dotto Gersone112, che sarebbe costui come quegli il quale, avendo freddo, non volesse accostarsi al fuoco per non sentirsi caldo. Onde insegna il p. Granata
113 col Gaetano114 che quelle persone pusillanimi, le quali per immoderato timore delle loro indegnità lasciano le comunioni, fanno un gran pregiudizio al loro profitto.
Né è necessario per proseguire le comunioni, dice s. Lorenzo Giustiniano115, che l'anima senta o conosca chiaramente in sé l'accrescimento del fervore, poiché alle volte questo sagramento opera senza che noi ce ne accorgiamo. E s. Bonaventura dice: Licet... tepide, tamen confidens de misericordia Dei fiducialiter accedat, quia, qui se indignum reputat, cogitet, quod tanto magis aeger necesse habet requirere medicum, quanto senserit se aegrotum… Nec ideo quaeris te iungere Christo, ut tu eum sanctifices, sed ut tu sanctificeris ab illo. E poi soggiunge: Nec… praetermittenda est sacra communio, si quandoque non sentit homo specialem devotionis gratiam, cum se ad illam praeparare studet, vel cum in ipsa perceptione, vel post, forte minus devotum se sentit, quam vellet116. In
somma, ben esprime il Santo, che sebbene l'anima sentisse minor divozione dopo la comunione che prima, neppure deve lasciarla.
Sicché, come quando l'anima sente grande inclinazione alla comunione, giova talvolta mortificarla con differircela (specialmente se vedesi che colla proibizione s'inquieta, poiché tal'inquiete è segno di superbia che ne la rende indegna); così al contrario, quando si sente arida e tediosa a comunicarsi, giova allora farla comunicare più spesso, affinché dal Sagramento riceva forza.
133. Oh volesse Dio, dico finalmente, che si trovassero nel mondo molte di quest'anime (che da alcuni appassionati per lo spirito del rigore son chiamate irriverenti e temerarie), le quali avendo già orrore anche alle colpe leggiere, cercassero di comunicarsi spesso, ed anche ogni giorno, con vero desiderio d'emendarsi e d'avanzarsi nel divino amore, che certamente nel mondo si vedrebbe assai più amato Gesù Cristo!
Ben dà a vedere l'esperienza a tutti coloro che han qualche pratica d'anime, come l'ho veduto io, che molto profittano quelle persone le quali con buon desiderio si accostano alla comunione, e che il Signore le va mirabilmente tirando al suo amore, benché spesse volte non lo dia loro a conoscere per loro maggior bene, lasciandole in desolazione e tenebre e senza conforto di sensibile divozione.
E per quest'anime, come insegnano s. Teresa117 e 'l b. Errico Susone118, non v'è miglior aiuto che la frequenza della s. comunione.
Sicché, per concludere, procuri il confessore di consigliar la comunione, sempreché l'anima ne dimostra vero desiderio, e scorge che colla comunione ella si avanza nello spirito.
Procuri poi d'insinuarle che dopo la comunione si trattenga al ringraziamento per quel tempo che può. Rari sono i direttori che attendono a questo, cioè d'inculcare a' lor penitenti che si trattengano per qualche tempo notabile dopo la comunione, perché rari son quei sacerdoti che si fermano a ringraziar Gesù Cristo dopo la Messa, e perciò si vergognano d'insinuare agli altri ciò ch'essi non fanno. Il ringraziamento ordinariamente dovrebbe essere di un'ora; almeno sia di mezz'ora, in cui l'anima si trattenga in affetti e preghiere. Dice s. Teresa che dopo la comunione Gesù Cristo sta nell'anima come in trono di misericordia per dispensar le grazie, dicendole: Quid vis, ut tibi faciam119? Ed in altro luogo: Dopo la comunione non perdiamo così buona opportunità di negoziare; non suole sua Maestà mal pagare l'alloggio, se gli vien fatta buona accoglienza120.
Le insinui ancora che faccia spesso la comunione spirituale, così lodata dal concilio di Trento121. Il comunicarsi spiritualmente (dice s. Teresa) è di molto profitto. Non lo lasciate, ché qui farà prova il Signore, quanto l'amate122. Regolamento per una religiosa che domanda d'esser guidata per la via della perfezione.
134. Premetto che le cose che qui soggiungo s'intendono sempreché non ostasse alla penitente qualche impedimento di salute o d'officio o d'ubbidienza. E tutto s'intende sempre doversi fare colla licenza del padre spirituale ed anche della superiora del monastero, per quanto spetta alle mortificazioni esterne che appariscono in pubblico.
135. E per primo circa l'orazione.
1. Tre ore almeno d'orazione mentale, cioè una la mattina, un'altra la sera ed un'altra dopo la comunione123.
2. La visita al santissimo Sagramento124 ed a Maria santissima per mezz'ora o almeno per un quarto d'ora. In queste orazioni procuri di rinnovare i voti più volte al giorno, s'è religiosa professa, o quei voti che tiene.
3. Il rosario almeno di cinque poste125, con altre orazioni vocali; ma queste non sieno molte, perché quando son molte, si dicono con poco frutto, aggravano la testa, ed impediscono poi l'orazione mentale.
4. Usare spesso le orazioni giaculatorie126, per
esempio: Mio Dio e mio tutto. Dio mio, quanto sei buono! T'amo, Gesù mio, morto per me! Gesù mio, come non t'amano tutti? Non t'avessi mai offeso! Voglio quanto volete voi. Quando ti vedrò e t'amerò da faccia a faccia? Eccomi fanne di me quel che ti piace. Insinui fortemente il direttore questi lanciamenti d'amore, e l' anima ne faccia gran conto.
Per 5. Coll'orazione deve accompagnarsi la lezione spirituale di mezz'ora sopra il p. Rodriguez127, il p. Saint-Jure128, gli Avvisi a' religiosi129, o altro libro che tratti di virtù, o pure sopra le vite de' santi, la cui lezione è forse la più utile di tutte.
136. Per secondo la comunione ogni mattina, fuori d'un giorno la settimana; ma nelle novene dello Spirito Santo, di Natale, di Maria ss.130 e de' santi avvocati ogni giorno. E per ogni giorno almeno tre comunioni spirituali131.
137,
Per terzo, circa le mortificazioni:
1. La disciplina a secco ogni giorno per un quarto d'ora in circa e quella a sangue una o due volte il mese.
2. La catenella nella mattina fino ad ora di pranzo e nel giorno qualche picciola catenella al braccio per ricordo. Non la catenella alla cintura, né cilizi di crini, perché questi molto nocciono alla salute.
3. Il digiuno in pane ed acqua nel sabato e nelle vigilie delle sette feste di Maria per chi può farlo; almeno allora contentarsi d'una sola minestra. Il digiuno ordinariamente ogni sera, cioè che non si eccedano le otto oncie di cibo, se non vi fosse qualche urgenza straordinaria. Astenersi da' frutti il mercoledì e venerdì e nelle novene mentovate di sopra, in cui può anche lasciarsi qualche pietanza, ed accompagnarvi anche col cibo qualch'erba amara, ma non cenere. Non mangiar mai fuor di tavola, poich'è meglio, comparativamente parlando, far la suddetta astinenza ogni giorno, che far il digiuno una o due volte la settimana. Il sonno non sia più di sei ore, ma non meno di cinque, perché l'eccedente mancanza del sonno nuoce alla testa ed impedisce poi gli altri esercizi spirituali.
4. Osservar silenzio per tre ore del giorno: s'intende astenersi dalle parole non necessarie.
Can. 898—I fedeli abbiano in sommo onore la santissima Eucaristia... ricevendo con frequenza e massima devozione questo sacramento. Cfr. can. 528. 2.
Can. 917 — Chi ha già ricevuto la santissima Eucaristia, può riceverla di nuovo lo stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del can. 921. 2 (ove si parla di chi è in pericolo di morte.) Solo una seconda volta, non tutte le volte che partecipa alla celebrazione eucaristica. Pont. Com. Cod. 26 giugno 1984, I.
Can. 919. 1—Chi sta per ricevere la santissima Eucaristia si astenga per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine... 3. Gli anziani, coloro che sono affetti da qualche infermità e le persone addette alle loro cure, possono ricevere la santissima Eucaristia anche se hanno preso qualcosa entro l'ora antecedente.
Can. 915—Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l'irrogazione o la dichiarazione dello pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto.
Can. 912—Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione.
Quanto alla indulgenza plenaria è stabilito: 1. Basta la recita d'una sola terza parte ma le cinque decadi debbono recitarsi di seguito. - 2. Alla preghiera vocale si deve aggiungere una pia meditazione dei misteri. — 3. Nella recita pubblica i misteri debbono essere enunciati secondo la consuetudine locale approvata, nella recita privata invece basta che il fedele aggiunga all'orazione vocale la meditazione dei misteri. —4. Presso gli Orientali, ove non vige la pratica di questa devozione, i Patriarchi potranno stabilire altre preghiere in onore della beata V. Maria (per es. presso i Bizantini l'inno "Akathistos" o l'ufficio "Paraclisis"), che godranno delle medesime indulgenze del Rosario. Enchiridion, pp. 62-63, n. 48.