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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Pratica del confessore

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§ II. - Avvertimenti a' parroci

È bene qui notare in breve alcuni obblighi particolari che hanno i parroci circa la cura delle loro pecorelle.

Il parroco è tenuto ad istruirle de' misteri della


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fede e delle cose necessarie alla salvezza12, come sono per 1. i quattro misteri principali, cioè che vi sia un solo Dio, e che questo Dio sia onnipotente, sapientissimo, creatore e signore del tutto, misericordioso ed amabile più d'ogni bene; specialmente che sia giusto rimuneratore de' buoni e de' cattivi; di più il mistero della ss. Trinità dell'Incarnazione e morte di Gesù Cristo. Per 2. i sagramenti necessari, come il battesimo, Eucaristia e penitenza, e gli altri, almeno quando si han da prendere. Per 3. g articoli del Credo, e fra questi specialmente la verginità di Maria santissima; la sessione di Gesù alla destra del Padre, cioè ch'egli in cielo sta in gloria eguale al Padre; la resurrezione de' corpi nel giudizio finale che si farà da Gesù Cristo; l'unità della Chiesa Romana, in cui solamente si trova la salvezza12A; e finalmente l'eternità del paradiso e dell'inferno. Le quali cose ciascun fedele per precetto grave è obbligato a sapere. Per 4. i comandamenti de Decalogo e della Chiesa. Per 5. il Pater noster e l'Ave Maria, e gli atti di fede, speranza, amore e contrizione.

Ora, come pecca gravemente chi trascura di saper queste cose (e di saperle non solo in quanto ai nomi, ma anche in quanto al senso), così anche gravemente pecca il parroco, come dicono comunemente i dottori, se per sé o per altri idoneo (stando egli legittimamente impedito, come dice il concilio di Trento, Sess. 5 de reform. c. 2) tralascia d'insegnarle almeno in sostanza a' suoi sudditi, fanciulli e adulti che non le sanno. Ond'è che quando egli


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vede che i padri o padroni non mandano i loro figli o garzoni alla dottrina, è obbligato a prendervi i dovuti espedienti col vescovo il quale, come dicesi nel Tridentino (Sess. 24, de reform. c. 4), può costringere i padri anche con censure ecclesiastiche. I buoni parroci tengono la nota de' figlioli per sapere chi manca. Anzi, dice La Croix13, che se vi sono persone ignoranti che non possono venire alla chiesa, per dover custodire le case o le greggi, stando questi in grave necessità spirituale, deve il parroco andar privatamente ad istruiRli cum quantocumque suo incommodo14, come parla il detto Autore. Almeno, diciamo, quando ciò dovesse riuscirgli troppo difficile per la numerosità di questi ignoranti, procuri almeno d'esaminarli ed istruirli nel tempo del precetto pasquale, o pure quando vengono a domandar le fedi per cresimarsi o accasarsi.

È di bene ancora che 'l parroco esplori i maestri e le maestre15, affinché possano ben insegnare a' figlioli e figliole la dottrina ed i mezzi per vivere nel timore di Dio.

Il parroco è obbligato per se stesso ad amministrare i sagramenti16, ogni volta che giustamente i figliani li dimandano. E se mai tiene l'economo, esamini bene la di lui vita e scienza: altrimenti de' sconcerti che n'avverranno egli dovrà darne conto a Dio.

Di più è tenuto d'assistere a' moribondi17, se non


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v'è altri idoneo. Ed i peccatori abituati moribondi dev'egli assisterli con modo speciale, poiché quelli staranno in una grave necessità della sua assistenza. E circa l'estrema unzione, avverta quel che dice il Catechismo Romano (part. 2. c. 6, n. 9): Gravissime peccant qui illud tempus aegroti ungendi observare solent, cum iam, omni salutis spe amissa, vita et sensibus carere incipiat18. È tenuto anche il parroco ad informarsi se i suoi sudditi hanno adempito il precetto pasquale19. E stia avvertito a non affidare le cartelle della comunione a qualunque chierico.

Deve impedire che si dia l'abito clericale a quei giovani o figlioli che ne' costumi non dan segno d'indole ecclesiastica. Deve poi con diligenza ammaestrare i suoi


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chierici20 che già portano l'abito, per lo stato ecclesiastico; altrimenti quelli, lasciati senza istruzione, trovandosi scorretti, o per fas o per nefas si ordineranno e saranno lo scandalo del paese. Lascio poi di parlare del gran conto che hanno da rendere a Dio que' parroci che danno le fedi agli ordinandi, ch'essi già conoscono non esser degni dell'Ordine, o pure le danno senz'assicurarsi prima della loro bontà con diligente informazione21. È tenuto il parroco ad informarsi di coloro che vivono in peccato per correggerli; delle inimicizie e de' scandali che vi sono, specialmente tra' sposi, per rimediarvi quanto può. Dice s. Tommaso (2 - 2, q. 33, art. 2, ad 4): Qui habet spiritualiter curam alicuius, debet eum quaerere ad hoc quod eum corrigat de peccato. E quando v'è qualche scandalo di persona potente (precisamente s'è sacerdote), a cui egli non può rimediare, deve almeno darne parte al vescovo, affinché vi provveda. E per qualunque rispetto o timore ciò non può tralasciarlo: il buon pastore è obbligato a dar la vita per la salute delle sue pecorelle.

Procuri di non prendere le parole degli sposi molto tempo innanzi al matrimonio, perché, fatti i fidanzamenti, in tutto quel tempo prima delle nozze staranno in peccato così gli sposi, come i di loro genitori.

Quando nel paese vi sono sconcerti notabili, a cui il parroco non può darvi rimedio, egli è obbligato adoprarsi per farvi venire la missione22, se non trovasse


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altro mezzo per rimediarvi. E sarà sempre conveniente che da quando in quando vi faccia venire confessori forestieri per l'anime vereconde, specialmente se nella sua terra non suole venirvi il predicatore quadragesimale a confessarvi. Ma quel parroco che rifiuta la missione, gran sospetto di sua probità.

Il parroco non solo deve togliere il male, ma anche promovere il bene, come fanno tutti i buoni pastori, che non lasciano d'esortare alla frequenza de' sagramenti e delle pie associazioni, alle visite del ss. Sagramento e della divina Madre, alle novene, all'accompagnamento del Venerabile quando esce per viatico, e sovra tutto all'orazione mentale, di cui nel § III. si darà il modo pratico e facile che potrà servire per metodo a parroci e confessori per insegnarla.

Il parroco è obbligato a predicare nelle domeniche e feste principali23, onde dicono i dottori (vedi alla Morale, 3, 269 e 360), che pecca gravemente quel parroco che lascia di predicare per un mese continuo o per tre discontinui, tolti però i due mesi in cui dichiara il Concilio esser lecita a' parroci l'assenza dalla loro residenza per giusta causa da approvarsi dal vescovo.

E qui deve notarsi che 'l Tridentino (Sess. 5, de reform. c. 2) ha ordinato che i parrocci pascano le loro greggi colla divina parola, secondo la di loro capacità24, facendo sermoni facili, affinché intendano quel che si predica; poiché essendo vero che la fede, come si sparge,


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così si conserva per mezzo della predicazione, fides ex auditu, poco gioveranno a' popoli quelle prediche che non saranno conformi al modo con cui predicò Gesù Cristo ed i santi apostoli, i quali predicarono, non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in ostensione spiritus et virtutis25, come dice s. Paolo (I Cor. 2, 4).

E perciò con ragione il v.p.m. Avila26 chiamava, non ministri, ma traditori di Gesù Cristo quei che predicano con vanità; e 'l p. Gaspare Sanzio27 dicea che costoro sono i maggiori persecutori della Chiesa: mentre col predicare così, son cagione che si perdano molte anime, le quali colle prediche all'apostolica si salverebbero. Le parole vane, i periodi sonanti, le descrizioni inutili, dicea s. Francesco di Sales28 che sono la peste della predica, il cui unico intento dev'essere il muovere al bene la volontà degli uditori, e non già il pascere inutilmente l'intelletto, come già coll'esperienza si vede che con tal sorta di predicar fiorito l'anime non mutano vita, perché Iddio colla vanità non vi concorre. E ciò valga detto per tutti i predicatori che predicano con vanità, ma specialmente per li parroci a cui il Tridentino nel luogo citato prescrive: Archipresbyteri quoque, plebani, et quicumque parochiales vel alias curam animarum habentes ecclesias quocumque modo obtinent, per se, vel alios idoneos, si legitime impediti


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fuerint, diebus saltem dominicis et festis solemnibus plebes sibi commissas pro sua et earum capacitate pascant salutaribus verbis29 (Sess. 5 de reformat. c. 2). Notisi quel pro earum capacitate, onde certamente controvengono al Concilio que' pastori che predicano alto, oltre la capacità del popolo che sente.

Qui giova ancora avvertire alcune cose più importanti, che 'l parroco predicando deve più spesso inculcare al suo popolo.

E per 1. che per l'emenda non basta proporre di fuggire il peccato, ma bisogna anche fuggire l'occasione del peccato. E parlando de' sposi che praticano nelle case delle spose, dica che così essi, come i loro genitori che ciò permettono, non potranno essere assolti, se non tolgono la suddetta occasione30. Per 2. insista cogli uomini che non vadano alle taverne, dimostrando loro i molti peccati ch'ivi, oltre l'ubbriachezze, soglion commettersi di bestemmie, di risse, di scandali, oscenità, discordie colla casa, defraudamenti del vitto alla famiglia, etc.

Per 3. predichi spesso e gridi contro il vizio ch'è generale (specialmente ne' villaggi) di parlar disonesto nelle campagne e nelle botteghe: tanto più se si parla innanzi a figlioli, a signorine e persone di diverso sesso. Da tali discorsi quanti giovani si pervertono! Ed avverta in ciò i padri, i padroni ed i maestri di bottega che stiano attenti


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a correggere e castigare i loro figli o garzoni che parlano così, specialmente in tempo di vendemmia.

Per 4. insista a dimostrare l'enormità del sagrilegio che commettono quei che si confessano e comunicano, lasciando qualche peccato grave per vergogna. Ed affine di mettere orrore a questo gran male, procuri spesso di narrare qualche esempio terribile di coloro che han fatto confessioni sacrileghe per rossore e può servirsi in ciò specialmente del librettino del p. Vega, intitolato Casi della confessione, etc.31. Per 5. insinui spesso le necessità del dolore e proposito nelle confessioni anche de' peccati veniali, esortando che niuno vada a prendersi l'assoluzione, se non ha vero pentimento almeno di qualche peccato veniale di quelli che si confessa, o pure se non mette la materia certa, cioè qualche peccato della vita passata, di cui n'abbia veramente il dolore necessario per la validità della confessione. E perché i rozzi poco intendono come dev'essere questo dolore, dichiari spesso che ogni penitente per confessarsi validamente (o il dolore sia di contrizione o d'attrizione), deve avere un tal dispiacere del suo peccato, che l'odi ed abborrisca sovra ogni male.

Per 6. esorti che negli adiramenti, in vece di bestemmiare o mandare imprecazioni, si avvezzino a dire: Mannaggia il peccato mio; mannaggia il demonio; o pure: Madonna, aiutami; Signore, dammi pazienza.

Per 7. ponga orrore alle superstizioni o siano vane osservanze, che si adoprano dalla gente per guarire i morbi o per conoscere i ladri, etc.


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Per 8. inculchi a' padri e madri che castighino i loro figli, specialmente quando son piccioli, quando bestemmiano o rubano, etc. Di più che attendano a vedere ed informarsi con chi conversano; e loro proibiscano di praticare con mali compagni e con persone di diverso sesso. Di più che non tengano i figli al loro letto, o troppo piccioli per lo timore di soffocarli, o troppo grandi, come se han già passati i sei anni, per non dar loro qualche scandalo. E tanto meno facciano dormire insieme figlioli e figliole.

Per 9. esorti continuamente i suoi figliani nelle tentazioni interne (specialmente di impurità) a discacciarle con invocare i nomi ss. di Gesù e di Maria. Questo è un gran rimedio contro le tentazioni.

Per 10. insista continuamente ad esortare che, se alcuno cade in peccato mortale, subito faccia un atto di contrizione per ricuperare la grazia perduta, col proposito di confessarsi quanto più presto può. E tolga loro l'inganno del demonio, che tanto Dio perdona un peccato, quanto due, potendo essere che 'l Signore al primo peccato li aspetti, ed al secondo li abbandoni.

Per 11. insegni gli atti che ciascuno deve far la mattina in alzarsi, di ringraziamento, offerta e preghiera con dire tre Ave a Maria ss. e con proporre d'evitare ogni peccato e specialmente quello dove più spesso ha soluto cadere, pregando la divina Madre che ne lo liberi; ed esorti tutte le madri che ciò lo facciano praticare ogni mattina da' loro figli. Predichi di più che i genitori sono obbligati a far frequentare i sagramenti da' figli, poiché, non frequentandoli, facilmente caderanno in disgrazia di Dio, ed a questo danno debbono i padri provvedere. Dica anche ch'essi peccano se senza giusta causa impediscono i matrimoni


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a' figli, o li costringono ad accasarsi contro la loro volontà (6, 849, v. Conveniunt); come al contrario peccano i figli che fan matrimoni contro il giusto volere de' loro genitori (6, 849).

Per 12. essendo vero, come di sopra s'è detto, che 'l parroco è tenuto non solo ad impedire il male, ma anche a promovere il bene, esorti il popolo alla visita quotidiana del ss. Sagramento ed a qualche immagine di Maria santissima. Questa visita potrà farla egli in comune col suo popolo nella sera, destinando l'ora al popolo più comoda, come già si pratica in molti paesi. E dica che quelli che non possono venire alla chiesa, se la facciano almeno dalla casa. Sopra tutto insinui la frequenza della pia associazione agli uomini e della comunione a tutti, col dovuto apparecchio e ringraziamento, per mezzo degli atti di fede, d'amore, di offerta e petizione, insegnando il modo pratico di fare questi atti.

Per 13. procuri spesso di affezionare la gente alla divozione di Maria ss. insinuando quanto sia grande la potenza e la misericordia di questa divina Madre in aiutare i suoi divoti. Perciò insinui a dire il rosario in comune ogni giorno colla famiglia, a fare il digiuno il sabato e le novene nelle festività della Madonna, ch'egli avviserà al popolo dall'altare, ogni volta che verranno le suddette novene.

Ben sarebbe che nel sabato egli facesse un sermoncino con raccontare qualche esempio della beatissima Vergine, ed una volta l'anno facesse una novena solenne della Madonna col sermone ed esposizione del Venerabile; e per ciò potrebbe avvalersi tra gli altri del libro che ho stampato, intitolato Glorie di Maria, dove troverà raccolta


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la materia e gli esempi. Beato quel parroco che tiene infervorati i suoi figliani nella divozione di Maria, poiché quelli coll'aiuto di Maria viveranno bene ed egli avrà una grande avvocata in punto di morte.

Per ultimo insinui sovra tutto l'uso di raccomandarsi spesso a Dio, con domandargli la santa perseveranza per amore di Gesù e di Maria; dichiarando spesso che le divine grazie, e specialmente il dono della perseveranza, non si ottengono se non si cercano. Petite et accipietis32. E pubblichi spesso quella gran promessa di Gesù Cristo, che quanto domanderemo al Padre in nome di lui, tutto il Padre ci donerà: Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis33 (Jo, 16, 23). Insinui anche molto l'uso dell'orazione mentale e procuri di farla in chiesa col popolo ogni giorno, o almeno in tutte le feste, insegnando anche il modo di farla in casa; e perciò qui si aggiunge la seguente istruzione, dove si parla della necessità e del modo pratico di far l'orazione mentale.




12 Cfr. can. 528.



12A Cfr. D - S 430 e 875; Pio XI, Mortalium animos, 6 gen. 1928 (AAS 20, 13 ss.); Vat II, Ad Gentes, n. 7 (Ench. Vat., 1, 1104). (A. M.).

13 C. La-Croix, Theologia moralis, Ravennae-Venetiis, Pezzana, 1761, 2, 174; 3, 767.



14 Anche con qualsiasi suo incomodo.



15 Cfr. can. 804.



16 Cfr. cann. 829 851, 890, 914, e 528. 2.



17 Cfr. Cann. 844. 2, 867. 2, 821, 822, 890, 891.



18 Peccano in modo gravissimo coloro che sono soliti ungere l'infermo quando ormai, perduta ogni speranza di guarigione, incomincia a mancare di vita e di sensi —Per la disciplina vigente si vedano i cann. 998-1003. Quanto al soggetto dell'unzione degli infermi stabilisce il nuovo Codice: Can. 1004. L'unzione degli infermi può essere amministrata al fedele che, raggiunto l'uso di ragione, per malattia o vecchiaia comincia a trovarsi in pericolo. Questo sacramento può essere ripetuto se l'infermo, dopo essersi ristabilito, sia ricaduto nuovamente in una grave malattia o se, nel decorso della medesima, il pericolo sia divenuto più grave. —Can. 1005. Nel dubbio se l'infermo abbia già raggiunto l'uso di ragione, se sia gravemente ammalato o se sia morto, questo sacramento sia amministrato. —Cann. 1006 - 1007. Si conferisca il sacramento a quegli infermi che, mentre erano nel possesso delle proprie facoltà mentali, lo abbiano chiesto, almeno implicitamente; non si conferisca invece a coloro che perseverano ostinatamente in un peccato grave manifesto.



19 A. Barbosa, De officio et potestate parochi. Venetiis. Milochus 1676, pp. 94 et 227; P. Segneri, Il parroco istruito, in Opere cit. 11, p. 86. Questi due autori, più che affermare tale obbligo lo presuppongono.

20 Cfr. cann. 233 e 235. 1.



21 Cfr. can. 241.



22 Can. 770—I parroci in tempi determinati, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, organizzino quelle predicazioni, che denominano esercizi spirituali e sacre missioni, o altre forme adattate alle necessità.



23 Cfr. cann. 775, 777, 779.



24 Cfr. Benedictus XV, ep. encycl. Humani generis, 15 iunii 1917, in AAS 9, 1917, p. 305; S. C. CONSIST. Normae pro sacra praedicatione, 29 iunii 1917, in AAS 9, 1917, p. 328.



25 Non su discorsi persuasivi di umana sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza.



26 Lettere spirituali, Brescia, Gromi, 1728, p. 18.



27 Gaspar Sanchez, Conciones in Dominicis et feriis Quadrag. fer. 4 post Dom. Pass., conc. 4, discurs. 2, in f. (edit. Venet. 1605) aliquid simile habet (G. B.).



28 Lettre à Monseigneur l'Archeuêque de Bourges, 5 oct. 1604 in Oeuvres, 12, pp. 304-305.



29 Anche gli arcipreti, i pievani e tutti coloro che hanno chiese parrocchiali od altre con cura d'anime, nutrano di salutari insegnamenti, secondo la propria e la loro capacità, almeno nei giorni festivi, personalmente o, se legittimamente impediti, per mezzo di altre persone adatte. Cfr. cann. 1248, 762, 767 e 769.



30 Vedere nota 2 al n. 60.



31 C. Vega (seu alius Auctor), Casos raros de la confession, Valencia, Nogues, 1653.



32 Domandate e riceverete.



33 In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.






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