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Sant'Alfonso Maria de Liguori
Pratica del confessore

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§ I - Avvisi al sacerdote assistente

Per 1. Procuri il sacerdote d'informarsi segretamente dal medico se l'infermità è mortale. Dico segretamente, poiché l'uso detestabile de' medici è di lusingare gl'infermi in loro presenza, per non tirarsi l'odio di essi o de' loro parenti: come se l'annunziare agl'infermi l'obbligo della confessione (che dovrebbero allora intimare, dichiarando il pericolo) fosse lo stesso che annunziare loro la morte.

Per 2. Procuri d'informarsi da' parenti, amici e dallo stesso infermo delle di lui condizioni naturali e difetti: a quali passioni è stato soggetto, e specialmente se ha roba


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o fama da restituire; se ha tenuto qualche odio o inimicizia cattiva, per rimediare a tutto; ma, se non v'è necessità, sfugga di ricordargli le persone odiate o amate disordinatamente. A' feriti, aggiustato ciò che s'appartiene al perdono, non dimandi all'infermo chi l'abbia offeso, o come sia succeduto il caso; e, se quegli ne parla, procuri di allontanare il discorso. E così, anche, senza necessità, allontani i discorsi di robe, di liti, di figli o d'altra cosa impertinente.

Per 3. Dopo dunque che avrà saputo essere il morbo pericoloso, a principio non parli di confessione all'infermo, ma l'interroghi dell'infermità e de' suoi patimenti. Indi l'esorti a rassegnarsi nella divina Volontà, ad unire le sue pene con quelle di Gesù infermo sulla croce e ad offerirle in soddisfazione de' suoi peccati. E quindi a poco a poco lo disponga alla confessione, con dimandargli da quanto tempo s'è confessato. L'animi a sperare in Dio, che voglia liberarlo da quell'infermità, ma con bel modo nello stesso tempo gli faccia intendere ch'ella è grave e l'avverta che non dia troppo credito a' medici ad a' parenti, che forse lo lusingano per non disturbarlo. Onde gli dica esser bene che prevenga, mentre sta colla mente più sana, a farsi una buona confessione, la quale gioverà anche alla sanità del corpo, è conveniente per la salute dell'anima. Narra il Belluacense4 che un certo moribondo in confessarsi si alzò da letto, e il Cantipratense che un cavaliere dopo tutti i rimedi riusciti inutili si confessò e guarì.


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Se però l'infermo dimandasse dilazioni e non fosse imminente il pericolo di morte o di letargo o di delirio, è bene che gliel'accordi; ma procuri che determini il tempo di farla, come la sera o la mattina seguente. Che se poi il pericolo è imminente, gli dica con s. Agostino, che Dio ha promesso il perdono al peccatore che si pente, ma non gli ha promesso il giorno di domani: Crastinum non promisit; fortasse dabit, fortasse non dabit5. Se poi l'infermo si ostinasse a non volersi confessare, non deve abbandonarlo fino all'ultimo, ma ammonirlo di quando in quando con motivi or di terrore or di confidenza; e lo faccia aiutare con orazioni private e pubbliche.

Per 4. Se 'l male è già avanzato, l'esorti anche ad aggiustare gl'interessi temporali, quando ciò6 è conveniente per la pace della famiglia, e tanto più s'è necessario per lo disgravio della di lui coscienza; ma avverta in ciò il sacerdote a sfuggir la nota d'interessato. Se poi l'infermo tiene fratelli o sorelle povere in grave necessità, è bene avvertirlo esser egli tenuto con obbligo grave a lasciar loro i suoi beni, almeno per quanto basta a sollevare i loro bisogni. Ma d'altra parte un tal obbligo grave non pare che vi sia verso gli altri congiunti più rimoti (vedasi nella nostra Morale 3, 946). Se poi l'infermo vuol lasciar suffragi per l'anima, l'esorti a non incaricarne gli eredi, poiché, secondo la sperienza, legati pii poco se ne soddisfano; ma


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che piuttosto assegni qualche corpo o somma per la soddisfazione di Messe o d'altra opera pia che vuol lasciare. Avverta di più ad astenersi (ordinariamente parlando) di consigliargli cosa che ridondi in pregiudizio altrui, non convenendo a' ministri di Gesù Cristo tirarsi sopra tali odiosità.

Per 5. Colle persone rozze, negli atti che lor propone a fare, parli sempre in lingua volgare7. Al contrario colle persone letterate usi di quando in quando qualche passo latino, ma questo sia breve e compuntivo. Avverte il Rituale8, che 'l sacerdote non sia molesto all'infermo, come fanno alcuni, i quali colle grida e col troppo parlare son cagione che gli ammalati s'inquietino, stando essi aggravati colla testa e tediosi. Narra di se stesso il p. Recupito della Compagnia di Gesù9 che, stando per morire, non intendeva ciò che gli si diceva, ma solamente udiva un romore che lo tormentava, sicché fu costretto a dimandare un poco di quiete.

Per 6. Oltre le immagini picciole del Crocifisso e di Maria ss. che farà tenere sul letto vicino all'infermo, gli faccia porre in vista un'immagine grande di detta b. Vergine; affinché quegli possa facilmente mirarla e raccomandarvisi, ed anche un'immagine grande, se può aversi, di Gesù appassionato10.


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Per 7. Faccia rimuovere dalla stanza dell'infermo tutti gli oggetti pericolosi, come armi, immagini poco oneste, e specialmente le persone che potessero essergli occasione di peccato, le quali non solo debbono allontanarsi, ma anche cacciarsi di casa. E quando l'infermo sta all'ultimo, procuri che nella sua stanza non vi sia altra gente se non quella ch'è assolutamente necessaria per assisterlo e proibisca l'entrarvi i congiunti più stretti che gli potessero recar passione.




4 Non è stato possibile rintracciare questi fatti né in Vincenzo di Beauvais (Belluacense) né in Tommaso di Chantimpré.



5 Non ha promesso un domani; forse lo darà, forse non lo darà. —Ecco le parole di s. Agostino: "Cras, inquit, bene vivam. Indulgentiam tibi Deus promisit; crastinum diem tibi nemo promisit". (Domani, dice, vivrò bene. Dio ti ha promesso il perdono: nessuno ti ha promesso il domani). Enarratio in Ps. 101, 10 (ML. 37, 1301).



6 Praxis, 233, ha: id enim—ciò infatti.



7 Praxis, 234: "italico imo vernaculo, semper loquatur sermone" (parli in italiano, anzi in dialetto).



8 Tit. 5, 4, 14.



9 Recupitus, De signis praedestinationis, tr. 2, de numero praedestinatorum, cap. 7, num. 29, in f. (edit. Neapol. 1643). (G. B.).



10 Il fedele che con pia intenzione usa un oggetto di pietà (crocifisso o croce, corona, scapolare, medaglia) benedetto ritualmente da qualsiasi sacerdote, acquista indulgenza parziale. Se poi l'oggetto di pietà è stato benedetto dal Sommo Pontefice o da un Vescovo, può ottenere anche l'indulgenza plenaria nella festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo, aggiungendo, con qualsiasi formula legittima, la professione di fede.. L'indulgenza annessa all'uso di oggetti di pietà, cessa soltanto quando tale oggetto cessi del tutto o sia venduto. Enchiridion, Norme sulle indulgenze, 19 e 10. 2; Altre concessioni, n. 35.






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