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S. Alfonso Maria de Liguori
Pratica di amar Gesù Cristo

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CAPO IV.

Quanto noi siamo obbligati ad amar Gesù Cristo.

Gesù Cristo come Dio merita per sé da noi tutto l'amore; ma egli, coll'amore che ci ha dimostrato, ha voluto metterci per così dire in necessità di amarlo almeno per gratitudine di quanto ha fatto e patito per noi. Egli ci ha amati assai per esser assai da noi amato. Ad quid amat Deus, nisi ut ametur? scrisse S. Bernardo.1 E prima lo disse Mosè: Et nunc, Israel, quid Dominus


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Deus petit a te, nisi ut timeas Dominum Deum tuum... et diligas eum? (Deut. X, 12). Perciò il primo precetto ch'egli ci diede fu questo: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo (Deut. VI, 5).

E dice S. Paolo che l'amore è la pienezza della legge: Plenitudo legis est dilectio (Rom. XIII, 10). Plenitudo, dice il testo greco complexio legis, il compimemto della legge è l'amore. Ma chi mai, a vista d'un Dio crocifisso che muore per amor nostro, potrà resistere a non amarlo? Troppo gridano quelle spine, quei chiodi, quella croce, quelle piaghe e quel sangue, cercando da noi che amiamo chi ci ha tanto amato. È troppo poco un cuore per amar questo Dio così innamorato di noi. Per compensar l'amore di Gesù Cristo, bisognerebbe che un altro Dio morisse per suo amore. “Ah perché, esclamava S. Francesco di Sales, non ci gettiamo sovra di Gesù crocifisso per morir sulla croce con colui che ha voluto morirvi per amore di noi?”2 Ben ci fa sapere l'Apostolo che Gesù Cristo a questo fine ha voluto morire per tutti noi, acciocché tutti non viviamo più a noi, ma solo a quel Dio che per noi è morto: Pro nobis mortuus est Christus, ut et qui vivunt iam non sibi vivunt sed ei qui pro ipsis mortuus est (II Cor. V, 15).

Qui fa quello che raccomanda l'Ecclesiastico: Gratiam fideiussoris ne obliviscaris, dedit enim pro te animam suam (Eccli. XXIX, 20). Non ti dimenticare del tuo mallevadore che, per soddisfare i tuoi peccati, ha voluto pagare colla sua morte la pena da te dovuta. - Oh quanto gradisce Gesù Cristo che noi spesso ci ricordiamo della sua Passione! e quanto gli rincresce che noi trascuriamo di pensarci! Se uno patisse per un suo amico ingiurie, percosse e carceri, quanto si affliggerebbe in saper che l'amico niente poi se ne ricorda, e neppure vuol


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sentirne parlare! All'incontro quanto gradirebbe il saper che l'amico sempre ne parla con tenerezza, e sempre ne lo ringrazia! Così Gesù Cristo molto si compiace che noi ci ricordiamo con riconoscenza d'amore de' suoi dolori e della morte che per noi sofferse.

Gesù Cristo è stato il desiderio di tutti gli antichi padri, egli è stato il desiderio di tutte le genti, quando ancora non era venuto in questa terra. Or quanto più egli dee esser l'unico nostro desiderio ed unico nostro amore, ora che il vediamo già venuto, e sappiamo quanto ha fatto ed ha patito per noi, sino a morir crocifisso per nostro amore?

A questo fine egli istituì il sagramento dell'Eucaristia nel giorno antecedente alla sua morte, e ci raccomandò che sempreché ci fossimo cibati delle sue carni sagrosante, ci fossimo ricordati della sua morte: Accipite et manducate: hoc est corpus meum..: hoc facite in meam commemorationem etc. Quotiescumque enim manducabitis panem hunc... mortem Domini annuntiabitis (I Cor. XI, 24 et 26).Quindi poi la S. Chiesa prega: Deus qui nobis sub Sacramento mirabili Passionis tuae memoriam reliquisti etc. Ed inoltre canta: O sacrum convivium, in quo Christus sumitur, recolitur memoria Passionis eius etc.3 Da ciò argomentiamo quanto gradisce Gesù Cristo coloro che spesso pensano alla sua Passione, giacché a posta si è lasciato sagramentato sugli altari, affinché noi avessimo continua e grata memoria di quel che ha patito per noi, e così sempre crescesse in noi l'amore verso di lui. S. Francesco di Sales chiamava il monte Calvario, il monte degli amanti.4 Non è possibile ricordarsi di quel monte e non amar Gesù Cristo che volle ivi morire per nostro amore.

Oh Dio, e perché gli uomini non amano questo Dio che tanto ha fatto per essere amato dagli uomini! Prima dell'Incarnazione del Verbo potea dubitare l'uomo se Dio lo amasse con vero amore; ma dopo la venuta del Figlio di Dio, e dopo esser egli morto per amore degli uomini, come mai possiamo più dubitarne? Uomo, dice S. Tommaso da Villanova, guarda quella croce, quei dolori e quella morte acerba che per te ha


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sofferta Gesù Cristo: dopo tali e tanti testimoni del suo amore non puoi aver più dubbio ch'egli t'ama e t'ama assai: Testis crux, testes dolores, testis amara mors quam pro te sustinuit.5 E S. Bernardo dice che grida la croce ed ogni piaga del nostro Redentore per farci intendere l'amore che ci porta.6

In questo gran mistero della Redenzione umana bisogna considerare il pensiero e la premura ch'ebbe Gesù Cristo di trovar diverse maniere per farsi da noi amare. Se voleva egli morire per salvarci, bastava che morisse insieme cogli altri bambini uccisi da Erode; ma no, volle prima di morire fare per 33 anni una vita piena di stenti e di pene, ed in questa sua vita, per tirarci ad amarlo, volle a noi comparire in tante sembianze diverse. Prima si fe' vedere nato da povero bambino in una stalla, poi da garzoncello in una bottega, e finalmente da reo giustiziato su d'una croce. Ma prima di morire in croce volle prendere altre diverse sembianze compassionevoli, e tutte per farsi amare: volle farsi vedere nell'orto agonizzante e tutto bagnato di sudore di sangue: di poi nel pretorio di Pilato lacerato da' flagelli: di poi trattato da re di scena con una canna in mano, uno straccio purpureo sulle spalle ed una corona di spine sulla testa: indi in mezzo alla via pubblica strascinato alla morte colla croce sulle spalle: e finalmente sul Calvario appeso a tre uncini di ferro. Merita o no di essere da noi amato un Dio che ha voluto soffrir tante pene e praticar tanti modi per cattivarsi il nostro amore? Diceva il P. Giovanni Rigoleu: “Io non farei altro che piangere d'amore per un Dio condotto dall'amore a morire per la salute degli uomini.7

Magna res amor, dice s. Bernardo (Ser. 83 in Cant.).8 Gran cosa, preziosa cosa è l'amore. Parlando Salomone della


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divina sapienza, ch'è la santa carità, la chiamo tesoro infinito, poiché chi ha la carità è fatto partecipe dell'amicizia di Dio: Infinitus enim thesaurus est hominibus, quo qui usi sunt participes

facti sunt amicitiae Dei (Sap. VII, 14). Dice S. Tommaso l'Angelico (Tr. de virt. a. 3) che la carità non solo è la regina di tutte le virtù, ma è quella che dove regna trae seco tutte le altre virtù come in suo corteggio, e tutte le indrizza a più unirci con Dio;9 ma la carità propriamente è quella

che con Dio ci unisce, come dice S. Bernardo: Caritas est virtus coniungens nos Deo.10 E ben più volte sta espresso nelle sagre Scritture che Dio ama chi l'ama: Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, 17). Si quis diligit me... Pater meus diliget eum, et ad eum veniemus, et mansionem apud eum faciemus (Io. XIV, 23). Qui manet in caritate in Deo manet et Deus in eo (Io. IV, 16). Ecco la bella unione che opera la carità: unisce l'anima con Dio. - Inoltre l'amore forza di fare e patire ogni

gran cosa per Dio. Fortis ut mors dilectio (Cant. VIII, 6). Scrive S. Agostino: Nihil tam durum, quod non amoris igne vincatur (Lib. de Mor. Eccl. c. 22):11 non vi è cosa così difficile che

non si superi col fervor dell'amore; perocché, dice il santo, in ciò che si ama, o non si sente la fatica o la stessa fatica è


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amata: In eo quod amatur aut non laboratur aut labor amatur.12

Udiamo quel che dice S. Giovanni Grisostomo di quel che fa il divino amore in quell'anime ove regna; “Quando l'amore di Dio si è impadronito di un'anima, produce in essa un'insaziabile brama di operar per l'amato; tanto che, per molte e grandi opere che faccia, e per molto tempo che spenda in suo servigio, tutto le sembra nulla, e sempre si affligge di far poco per Dio; e se le fosse lecito di morire e distruggersi per lui, ne resterebbe contenta. Ond'è ch'ella si tien sempre per inutile in tutto ciò che fa; poiché insegnandole l'amore quel che Dio merita, a quel chiaro lume vede tutti i difetti delle sue azioni, e così cava da tutto confusione e pena, conoscendo esser molto basso il suo operare per un Signoregrande.”13

Oh quanto s'inganna, dice S. Francesco di Sales, chi ripone la santità in altro che in amare Dio! “Altri, scrive il santo, pongono la perfezione nell'austerità, altri nelle limosine, altri nell'orazione, altri nella frequenza de' sagramenti. Io per me non conosco altra perfezione che quella di amare Iddio di tutto cuore; poiché tutte le altre virtù senza l'amore non sono che una massa di pietre. E se non godiamo perfettamente questo santo amore, il difetto viene da noi, perché non finiamo di darci tutti a Dio.”14

Disse un giorno il Signore a S. Teresa: “Ogni cosa che non gusto a me è vanità15 Oh intendessero tutti questa verità! - Porro unum est necessarium. Non è già necessario l'esser


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ricchi in questa terra, il farci stimare dagli altri, il fare una vita comoda, l'avere dignità, l'aver fama di dotto; solo è necessario l'amare Dio e far la sua volontà. A questo solo fine egli ci ha creati e ci conserva la vita, e solamente così noi possiamo esser ammessi al paradiso. - Pone me ut signaculum super cor tuum, ut signaculum super brachium tuum (Cant. VIII, 6). Così dice il Signore ad ogni anima sua sposa: mettimi come segno sovra il tuo cuore e sovra il tuo braccio, affinché a me indrizzi tutti i tuoi desideri e tutte le tue azioni; sovra il tuo cuore, acciocché non v'entri altro amore fuori del mio: sovra il tuo braccio, acciocché in tutto quel che fai non abbi altro fine che me. - Oh come ben corre alla perfezione chi in ogni sua operazione non guarda che Gesù crocifisso, e non pretende altro che dargli gusto!

Questa dunque ha da essere tutta la nostra cura, di acquistare un vero amore verso Gesù Cristo.

I maestri di spirito descrivono i segni del vero amore. L'amore, dicono, è timoroso, e 'l suo timore non è altro che di dar disgusto a Dio. È generoso, poiché, fidato in Dio, non si sgomenta d'imprendere ogni gran cosa di sua gloria. È forte, mentre vince tutti gli appetiti malvagi, anche in mezzo alle tentazioni più violente ed alle desolazioni più tenebrose. È ubbidiente, perché subito cerca di eseguir le voci divine. È puro, poiché ama Iddio solo, e solo perché merita d'esser amato. È ardente, perché vorrebbe accender tutti e vederli consumati di divino amore. È inebriante, che fa vivere l'anima quasi fuori di sé, come più non vedesse, non sentisse, né avesse più sensi per le cose terrene, intenta solo ad amare Dio. È unitivo, che unisce strettamente la volontà della creatura colla volontà del suo Creatore. È sospirante, perché riempie l'anima di desideri di lasciar questa terra per volare ad unirsi perfettamente con Dio nella patria beata, affin di amarlo ivi con tutte le forze.

Ma niuno meglio insegna quali siano i caratteri e la pratica della vera carità, che il gran predicatore della carità S. Paolo. Egli nella sua prima lettera a' Corinti al Capo XIII dice primieramente che senza la carità l'uomo è nulla, e nulla gli giova: Et si habuero omnem fidem, ita ut montes transferam, caritatem autem non habuero, nihil sum. Et si distribuero in cibos pauperum omnes facultates meas, et si tradidero corpus meum, ita ut ardeam, caritatem autem non habuero, nihil mihi


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prodest. Sicché se uno avesse una tal fede che giungesse a smuovere i monti, come fece S. Gregorio Taumaturgo,16 ma non avesse la carità, egli niente vale. Se dispensasse tutti i suoi beni a' poveri, se anche soffrisse volontariamente il martirio, ma senza la carità, in modo che ciò facesse per altro fine che per piacere a Dio, niente gli giova.- Indi S. Paolo ci addita i contrassegni della vera carità, ed insieme c'insegna la pratica di quelle virtù che sono figlie della carità; e siegue a dire così: Caritas patiens est, benigna est: caritas non aemulatur, non agit perperam, non inflatur, non est ambitiosa, non quaerit quae sua sunt, non irritatur, non cogitat malum, non gaudet super iniquitate, congaudet autem veritati: omnia suffert, omnia credit, omnia sperat, omnia sustinet.

Anderemo dunque nel presente libro considerando queste sante pratiche, così per vedere se veramente in noi regna l'amore che dobbiamo a Gesù Cristo, come anche per intendere in quali virtù dobbiamo principalmente esercitarci per conservare in noi ed aumentare questo santo amore.




1 «Magna res amor... Solus est amor, ex omnibus animae motibus, sensibus atque affectibus, in quo potest creatura, etsi non ex aequo, respondere Auctori, vel de simili mutuam rependere vicem. Verbi gratia, si mihi irascatur Deus, num illi ego similiter reirascar?... Ita, si me arguat, non redarguetur a me... Nec, si me iudicabit, iudicabo eum... et salvans me, non quaerit ipse a me salvari... Si dominatur, me oportet servire; si imperat, me oportet parere, et non vicissim a Domino vel servilium exigere vel obsequium. Nunc iam videas de amore quam aliter sit. Nam, cum amat Deus, non aliud vult quam amari: quippe non ad aliud amat nisi ut ametur, sciens ipso amore biatos qui se amaverint. Magna res amor.» S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 83, n. 4. ML 183-1183.



2 «Voyons-le, Théotime, ce divin Rédempteur, étendu sur la croix, comme sur son bûcher d' honneur, où il meurt d' amour pour nous... Hé, que ne nous jetons-nous en esprit sur lui, pour mourir sur la croix avec lui, qui pour l' amour de nous, a bien voulu mourir!» S. FRANÇOIS DE SALES, Traité de l' amour de Dieu, liv. 7, ch. 8.



3 In officio Corporis Domini, antiphona ad Magnificat, in II Vesperis.



4 « Théotime, le mont Calvaire est le mont des amants.» S. Fr. DE SALES, Traité de l' amour de Dieu, liv. 12, ch. 13.



5 «Quod si de hoc amore dubitas, et qua te Deus tuus dilectione prosequatur ignoras: Testimonia eius credibili: facta sunt nimis (Ps. XCII, 5). Testis crux, testes clavi, testes dolores, testes sanguinis inundantes fluvii, testis amara mors et acerbissima quam pro te sustinuit.» S. THOMAS A VILLANOVA. In Dominicam XVII post Pentecosten, concio 3, n. 7.



6 Vedi Appendice, 25.



7 «Dans sa derniére maladie, il avoua au même Pére (Huby) que, s' il ne se fût contraint, il n' eût fait que pleurer d' amour pour un Dieu que l' amour a fait mourir pour le salut des hommes.» Vie du P. Jean Rigoleu (+ 1658), A. I., Lyon, 1739, 4e éd., pag. 62.



8 «Et quidem soli Deo honor et gloria: sed horum neutrum acceptabit Deus, si melle amoris condita non fuerint. Is per se sufficit, is per se placet, et propter se. Ipse meritum, ipse praemium est sibi. Amor praeter se non requirit causam, non fructum; fructus eius, usus eius: amo quia amo, amo ut amem. Magna res amor, si tamen ad suum recurrat principium, si suae origini redditus, si, refusus suo fonti, semper ex eo sumat unde iugiter fluat.» S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 83, n. 4. ML 183-1183. - «Magna res amor; sed sunt in eo gradus. Sponsa in summo stat... Sponsi amor, imo Sponsus Amor solam amoris vicem requirit et fidem.» Ibid., n. 5, col. 1083, 1084.



9 S. THOMAS, Sum. Th., I-II, qu. 62, de virtutibus theologicis, art. 4, c. - II-II, qu. 23, art. 6, 7, 8. - Vedi Appendice, 26.



10 «Homo et Deus... unus... spiritus certa et absoluta veritate dicuntur, si sibi glutino amoris inhaereant.» S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 71, n. 8. ML 183-1125. - «Si carnale matrimonium constituit duos in carne una, cur non magis spiritualis copula duos coniunget in uno spiritu? Denique qui adhaeret Domino unus spiritus est (I Cor. VI, 17). IDEM, In Cantica, sermo 8, n. 9. ML 183-814.



11 «Amor namque ille de quo loquimur, quem tota sanctitate infiammatum esse oportet in Deum, in non appetendis istis temperans, in amittendis fortis vocatur... Mortem non modo contemnet, verum etiam desiderabit. Sed restat cum dolore magna conflictio. Nihil est tamen tam durum atque ferreum, quod non amoris igne vincatur. Quo cum se anima rapiet in Deum, super omnem carnificinam libera et admiranda volitabit, penis pulcherrimis et integerrimis quibus ad Dei amplexum amor castus innititur.» S. AUGUSTINUS, De moribus Ecclesiae catholicae et de moribus Manichaeorum lib. duo. lib. 1, cap. 22, nn. 40 et 41. ML 32-1328, 1329.



12 «Nullo modo enim sunt onerosi labores amantium, sed etiam ipsi delectant, sicut venantium, aucupantium, piscantium, vindemiantium, negotiantium, ludo aliquo sese oblectantium. Interest ergo quid ametur. Nam in eo quod amatur, aut non laboratur, aut et labor amatur. Et vide quam pudendum et dolendum sit, si delectat labor ut fera capiatur, ut cupa et saeculus impleatur, ut pila iaciatur, et non delectat ut Deus acquiratur.» S. AUGUSTINUS, De bono viduitatis liber. cap. 21, n. 26. ML 40-448.



13 S. Io. CHRYSOSTOMUS, In Genesim hom. 55, n. 2 et 3: MG 54-481, 482; hom. 34, n. 5 et 6: MG 53-319, 320, 321. - Vedi Appendice, 27.



14 Esprit de S. François de Sales,  tre partie, ch. 25; 7éme partie, ch. 4. Introduction à la vie dévote. 1re partie ch. 1. - Vedi Appendice, 28.



15 « Dijome: «Ay, hija, qué pocos me aman con verdad! que si me amasen no les encubriria yo mis secretos,  Sabes qué es amarme con verdad? Entender que todo es mentira lo que no es agradable a mi. Con claridad veràs esto que ahora no entiendes en lo que aprovecha a tu alma.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 40. Obras, I, Burgos, 1915.



16 Vedi Appendice, 29.






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