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S. Alfonso Maria de Liguori
Ragguaglio...ritrovamento sagre particole

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Introduzione

Ragguaglio di un portentoso miracolo
appartenente al SS. Sacramento dell'altare

 

Nel 1773 sant'Alfonso, che contava 76 anni, pubblicò a Napoli in appendice delle "Riflessioni sulla verità della divina rivelazione" un opuscolo di indole storica : "Ragguaglio di un portentoso miracolo appartenente al SS. Sacramento dell'altare". Appose tale titolo sul frontespizio del volume e il seguente più descrittivo all'apertura del testo : "Ragguaglio dato alle stampe dall'autore del miracoloso ritrovamento delle sagre Particole rapite nella parrocchia di una terra della diocesi di Napoli nello scorso anno 1772 ".

Alcuni bibliografi, come C. Romano (1) e M. De Meulemeester (2), non avendo esaminato con accuratezza gli esemplari apparsi nel '700 a Napoli e a Venezia, sono caduti in errore credendo che la seconda intestazione sia l'unica adoperata da sant'Alfonso, modificata arbitrariamente "nelle edizioni posteriori". I due titoli sono invece autentici; non c'è stato alcun cambiamento: il più breve della copertina e quello più lungo che precede il testo risalgono al 1773 come il medesimo autore li aveva formulati.

Per un caso raro del vasto catalogo delle sue pubblicazioni sant'Alfonso ci addita l'origine del "Ragguaglio", risparmiandoci le indagini relative.

Nel 1772 era intento al governo della diocesi di Sant'Agata dei Goti (Benevento) : a causa delle disagiate condizioni di salute, consigliato dai medici, si era ritirato in Arienzo di clima più mite, dove alternava iniziative pastorali e stesura di opere ascetiche, dommatiche e polemiche. Pur confinato in quel minuscolo centro della provincia sannitica aveva gli occhi aperti sulle vicende principali del Regno e, secondo le possibilità, dell'Europa. Con agilità di mente e freschezza sorprendente seguiva il movimento delle idee, pronto a intervenire in difesa della fede e della morale cattolica, aggredite dall'illuminismo dilagante, che pretendeva accaparrarsi il monopolio della ragione in ogni settore della vita spirituale.

Verso il termine di marzo o in aprile del 1772 alcuni amici, che frequentavano l'ambiente regio di Caserta, gli riferirono sbalorditi il furto delle Ostie sante perpetrato nell'antecedente gennaio in San Pietro a Patierno e il singolare ritrovamento successivo avvenuto in un campo tra Capodichino e Casoria. Le prime informazioni, quantunque miste ad alterazioni, come del resto capita anche nel progrediti tempi correnti, commossero il santo così sensibile per il culto eucaristico. Il nucleo della cronaca doveva rispondere alla realtà, ma i dettagli abbastanza confusi sino a che punto erano veri? Ecco il problema.

Sant'Alfonso non era un credulone; dotato di prudenza non prestava con facilità il proprio assenso ai fenomeni prodigiosi che si raccontavano sulle piazze. La senilità non aveva infiacchito la perspicacia di lui. Con l'equilibrio che lo distingueva, prima di accogliere o di rigettare le versioni propalate, volle compiere una inchiesta personale. Espose nel preludio del "Ragguaglio" i passi fatti per appurare la verità dell'evento, del quale si discorreva nei paesi vicini e lontani di Terra di Lavoro: "Essendo stato io informato da più persone dell'accennato prodigio, che ora sono distintamente, benché in breve, a narrare, procurai di averne prove bastanti a poterlo pubblicare colla stampa; onde mi riuscì prima di averne una piena Relazione del fatto scritta da un sacerdote dello stesso paese, che fu uno de' testimoni del miracolo avvenuto; ma non contento di ciò ho voluto leggerne co' propri occhi il processo autentico che giuridicamente ne ha formato la curia arcivescovile di Napoli per ordine dell'Em.mo presente arcivescovo signor Cardinale Sersale (3). Il processo ben voluminoso di 364 pagine, essendosi con molta diligenza da ministri della curia preso l'esame del fatto da molti testimoni, sacerdoti e secolari, che tutti concordemente l'han deposto con giuramento".

Siamo in cospetto di un triplice stadio di mezzi di comunicazione: prima le informazioni orali, poi la Relazione scritta del rev. Lintner (4) e infine le testimonianze giurate. Tale successione graduale mostra a sufficienza l'impegno e il metodo lodevole, con cui sant'Alfonso si documentò nell'accingersi ad elaborare la sua operetta, sebbene mosso da scopo divulgativo e forse apologetico. L'argomento esigeva simili accorgimenti. Di passaggio sottolineiamo l'esattezza mentale e il rigore scientifico del dottore zelantissinio. Si fa presto ad accusarlo di fretta nello scrivere e magari di trascuraggine nella revisione delle bozze per la penuria del tempo a sua disposizione. I fatti smentiscono rotondamente l'ab. Gioberti (5) e i suoi epigoni abituati a misurare gl'ingegni meridionali con un pizzico di compatimento e d'ironia e a dir male del mistico Settecento napoletano, ritenendone la pietà acritica e pionieristica!

La Relazione del rev. Lintner non è stata rintracciata nell'archivio vescovile di Sant'Agata dei Goti; è possibile che sia andata smarrita.

 

I - Svolgimento del processo.

Apriamo il codice cartaceo (cm. 28X20) intitolato: "1772. Processus super miraculosa luminum apparitione in districtu Casalis S. Petri ad Paternum huius neapolitanae archidioecesis" (6).

Il preambolo è costituito da un documento civile sul reato. Nella notte fonda del 27 gennaio 1772, probabilmente tra scrosci di pioggia e raffiche di tramontana, alcuni malviventi penetrarono nella chiesa parrocchiale di San Pietro a Patierno (7), casale dì Napoli, che allora numerava circa 2539 anime, come registrava nel 1795 Alfano (8). Secondo la perizia eseguita l'indomani per comando del principe di Marsiconuovo, reggente della gran corte della vicaria, erano state rubate "due pissidi, una colla sola coppa di argento e piede di ramocetro (9) indorato e l'altra per intiero d'argento con molte sacre Particole in ciascheduna di esse situate, le quali si conservavano dentro di esso tabernacolo: otto tovaglie in diversi altari, una corona e una spada di argento, che erano in guarnigione (10) della SS. Vergine Addolorata: ascendente tutto detto furto a circa docati cinquanta" (Doc. 1).

Le investigazioni tempestive per scovare i ladri riuscirono infruttuose; la refurtiva non fu ricuperata.

Erano trascorse ormai tre settimane; l'eco del sacrilego furto si andava lentamente smorzando; anche i più zelanti non ci pensavano più.

All'improvviso, sull'imbrunire del 19 febbraio, il diciottenne Giuseppe Orefice, mondezzaro cioè addetto alla nettezza urbana e analfabeta, attraversando la strada regia, presso la tenuta del duca delle Grottolelle fu colpito da uno spettacolo mai visto: tra gli alberi vagavano molteplici lumi e parevano altrettante stelline. Che era successo? ... Affrettò il passo col cuore in gola e giunto a casa svelò accanto al focolare la visione al genitore, che incredulo lo trattò da pauroso e rimbambito.

Il 21 il fratello di lui Giovannino di undici anni batteva la identica via a fianco del babbo: ad un tratto il fanciullo, scorti gli splendori, esclamò ingenuamente "Babbo, ecco là i lumi, de' quali ieri l'altro vi parlò Giuseppe, e voi non voleste credergli". L'uomo sbirciò oltre la siepe raccapricciato senza fiatare, badando solo a camminare più lesto.

Il mondezzaro, ch'era un buon cristiano, non sapendo darsi una spiegazione plausibile dell'accaduto, ne avvisò il proprio confessore, il rev. Girolamo Guarino, che con un suo fratello anche sacerdote si portò sul posto per rendersi conto del fenomeno insolito, di cui circolavano notizie smozzicate nel borgo. Sparsasi la voce, la gente del paese e delle contrade limitrofe andava, veniva commossa o curiosa. I prodigi si rinnovavano : tra altre persone ne furono testimoni l'agente dell'imperatore dell'Austria, il boemo Ferdinando Haam e un caporale di Roma che con una pattuglia del reggimento di cavalleria borbonica si trovava in perlustrazione della zona.

Frattanto con la scorta dei lumi si cominciò a scavare e sotto il terreno umido vennero rintracciate le Particole nascostevi dal ladri (11), ancora intatte. Lo stupore fu generale. Il parroco don Andrea Guarino le fece raccogliere in un calice, che fu collocato tra candele accese sopra un tavolino. Il pellegrinaggio s'infittì per constatare il prodigio. Il sacerdote Lintner col sig. Giuseppe Guarino giudicò spediente di recarsi alla curia arcivescovile per esporre l'evento al Vicario Generale Mons. Francesco Stabile, vescovo di Venafro (12). Questi consultatosi ordinò che il calice venisse trasportato alla chiesa parrocchiale con solennità al suono delle campane e con canti liturgici.

Il 28 febbraio il predetto Vicario Generale, accompagnato dal canonico Bernardino Verde, avvocato fiscale, dal canonico Pietro Errico, promotore fiscale e dal cancelliere rev. Cristoforo Acampora raggiunse San Pietro a Patierno per verificare le Particole riposte nel ciborio dopo il rinvenimento. Nella occasione fu ventilata la proposta circa la opportunità di un regolare processo canonico.

Il 2 marzo il rev.mo parroco Andrea Guarino avanzò l'istanza presso l'Em.mo Cardinale arcivescovo, perché "si prenda giuridica informazione di detto miracoloso avvenimento... E ciò per maggior conferma del domma cattolico circa la reale presenza di Giesù Cristo nell'Eucaristia, e per accrescere vieppiù nel cuore de' fedeli la venerazione e divozione verso sì gran Sacramento" (13).

Costituito con il consenso del Cardinale il tribunale ecclesiastico, presieduto dal Vicario Generale, venne esibita subito la "Notula testium", di cui diamo i nomi (Doc. II) in italiano:

1. Giuseppe Orefice di Casoria (il menzionato mondezzaro);

2. Tommaso Piccino di anni 18 "scalpinello", che viveva nelle case del duca delle Grottolelle;

3. Carlo Marotta di anni 18, bracciante;

4. Giovannino Orefice;

5. Magnifico Ferdinando Haam;

6. Pasquale Balocco della diocesi di Penne, di anni 27, soldato del reggimento di cavalleria borbonica del quartiere del Ponte della Maddalena;

7. Giuseppe Lanzano di Afragola, di anni 23, soldato analfabeta dei dragoni;

9. Angelo di Costanzo di Acerra, di anni 29, fabbricatore;

10. Rev. Girolamo Guarino di anni 39, vivente a San Pietro;

11. Rev. Diego Guarino di anni 31, anch'egl di San Pietro;

12. Ma,nifico Vincenzo del Giudice di anni 32, benestante;

13. Rev. Giuseppe Lintner di anni 45, sacerdote del Casale di San Pietro;

14. Palmerio Noviello di Serino, di anni 23, birro di piazza (una specie di Vigile urbano);

15. Carmine Esposito, bracciante, di anni 32, analfabeta;

16. Giuseppe Piscopo di Arzano, di anni 54, molinaro (mugnaio);

17. Magnifico Carmine Guarino, benestante.

Nel complesso un bel campionario di testimoni selezionati: persone colte e analfabete, ecclesiastici e soldati, signori e operai, uomini maturi e giovinotti, indigeni e forestieri, un sol ragazzo, nessuna donna. Ad uno ad uno citati, vennero interrogati e ascoltati in parecchie sessioni : il notalo Acampora ammucchiò fogli su fogli per raccogliere le singole deposizioni debitamente firmate, almeno con la crocetta.

Nel numero scegliamo come saggio la testimonianza di un estero, un po' prevenuto in quanto ai miracoli, non suscettibile di essere influenzato; d'altronde era un uomo navigato, furbo a sua parte come diplomatico, e per giunta slavo. Ferdinando Haam nato a Praga in Boemia, che allora apparteneva all'Austria, risiedeva a Napoli da 10 anni: era segretario del Banco del popolo e cancelliere per la spedizione delle lettere ufficiali dell'Ambasciata della sua patria; contava 38 anni. Comparve davanti ai giudici il 16 marzo 1772 per deporre, emesso prima il rituale giuramento. Sant'Alfonso s'indugiò nel leggerne il testo e ne allegò un tratto nella sua operetta, corredandolo con impeccabile citazione critica (Doc. III).

Soggiungo alla deposizione del boemo quella del militare Ponzani dello Stato Pontificio, arruolatosi nell'esercito borbonico: spirito avventuriero, come sembra, un po' spavaldo e forse poco incline alla religione; per l'oggettività del racconto meritava di non essere trascurato (Doc. IV).

Le altre quindici testimonianze destano parimenti interesse; tra esse spiccano quelle dei sacerdoti Girolamo e Diego Guarino e Lintner. Tutte sono conformi nella sostanza : qua e là emergono particolari che precisano la varietà del prodigio dei lumi. Rileviamo che nel copioso incartamento non si riscontra una sola contraddizione, come potrebbe supporre qualcuno.

I giudici competenti sì studiarono nella evoluzione del processo di far chiarire dai testinioni le difficoltà affiorate in modo che non ne risultassero lacune, che avrebbero potuto nuocere alla verità integrale. Sant'Alfonso non esagerò nel suo "Ragguaglio" nel mettere l'accento all'inizio e al termine, sopra la "molta diligenza" adibita dal tribunale ecclesiastico.

 

II - Giudizi dei teologi, e scienziati.

Il processo istruttorio con l'audizione dei 17 testimoni venne ultimato il 1 aprile 1772: era stato chiamato a presiedere le laboriose sessioni l'Ecc.mo vescovo di Venafro Mons. Francesco Saverio Stabile: i giudici con molta alacrità ed oculatezza portarono a termine la fatica nel giro di un mese.

Sant'Alfonso, informatone dal testimone rev. Lintner supplicò l'Em.mo Sersale, perché si benignasse di mandargli gli atti processuali per prenderne visione diretta. E questi che stimava il Liguori spedì in Arienzo il grosso plico di 182 fogli, che il santo scorse rapidamente, prendendo appunti di almeno 14 testi, di cui cita i nomi. A proposito della testimonianza del boemo Haam riferisce anche la pag. 66, che risponde esattamente al manoscritto originale.

Nel restituirlo espresse a Sua Eminenza il proprio parere positivo sia dal lato teologico che dal lato delle procedure adoperate. Più tardi concludeva il "Ragguaglio " con questo giudizio misurato:

"Se taluno però volesse mettere in dubbio anche quello da me narrato e provato con tanta esattezza dalla curia arcivescovile di Napoli, ben egli può accertarsene facilmente con andare al nominato paese di San Pietro a Patierno, poco distante dalla città, dove troverà molti secolari ed ecclesiastici, i quali gli attesteranno che i prodigi riferiti li han veduti co' propri occhi.
Del resto dicano altri ciò che vogliono, il fatto narrato io lo tengo per più che certo, e perciò ho voluto farlo palese al pubblico colla stampa. È vero che il miracolo descritto non merita altra fede che puramente umana; nondimeno tra i fatti di fede umana non so se possa esservene un altro che meriti più credenza del narrato, attese le informazioni con tanta diligenza prese dalla curia di Napoli, e le testimonianze non già di femminelle credule, ma di 17 maschi, secolari e sacerdoti, che hanno deposto giudizialmente con giuramento quel che han veduto cogli occhi propri. Tutte queste circostanze, che formano tanti caratteri di verità, rendono il fatto più che moralmente certo. Onde spero che tutti coloro che lo leggeranno, non vorranno esser duri a crederlo, ma si adopreranno a pubblicarlo per gloria del SS. Sacramento dell'altare".

Opiniamo che le parole chiare e ferme di sant'Alfonso dovettero determinare il Card. Sersale a non archiviare il processo come un documento qualunque; nella primavera del 1773 elesse tre teologi, perché studiata la delicata materia pronunziassero indipendentemente il loro giudizio per iscritto. Sono il can. Vincenzo Iorio, il p. Le Metre e il p. Fatigati. Tralasciato il parere favorevole del canonico, riportiamo quello del lazzarista Le Metre (Doc. V) assai minuzioso e l'altro del p. Fatigati, superiore generale della Sacra Famiglia o dei Cinesi, noto per la santità nella Napoli di Ferdinando IV (Doc. VI).

L'Em.mo Sersale, spirito rigido di non facile contentatura, ricevuti i pareri dei teologi, temporeggiò nell'emanare una decisione sul prodigio eucaristico, che doveva servire ad orientare i fedeli. In San Pietro era aspettata con ansietà, perché non mancavano le reazioni: gli avversari, che alimentavano la controversia, avanzavano dubbi e sospetti; anzi vi era chi negava ogni cosa con cipiglio raziocinante e partendo da una posizione illuministica attribuiva le vicende a fanatisino religioso o a suggestione collettiva.

Il parroco don Andrea Guarino, ch'era stato in qualche maniera l'anima del processo, faceva pressioni per arrivare a una netta dichiarazione da parte della curia arcivescovile. Il "Ragguaglio " di sant'Alfonso si diffondeva, smontando prevenzioni e consolidando le coscienze titubanti. Ci riesce strano che non sia stato inserito negli atti del processo né ricordato.

Il cardinale, sempre indeciso, tentò un ultimo passo per assicurarsi meglio: il 31 gennaio 1774 nominò una commissione di periti fisici della regia università: il Vairo, Cotugno, che è rimasto famoso nella storia della medicina, e il somasco della Torre "primari in hac civitate philosophiae professores". La questione per tal via si spostava dal campo teologico a quello della scienza. Il trinomio menzionato si imponeva con la cultura persino ai più scettici partenopei del '700.

Dopo matura analisi delle testimonianze allegate nel processo i tre professori sottomisero collegialmente all'Em.mo Sersale le loro conclusioni positive, che non lasciavano adito ad ulteriori tentennamenti. Il testo conciso è del tenore seguente:

In adempimento de' comandi dell'Eminenza Vostra abbiamo diligentemente osservato il processo compilato per verificare il miracoloso ritrovamento di alcune consecrate Particole nella terra di San Pietro a Paterno, e propriamente nel territorio del sig. duca delle Grottolelle, ed esaminate particolarmente le prodigiose circostanze, che accompagnarono quell'avvenimento, uniformemente dichiariamo che quelle circostanze, secondoché sono narrate da' testirnori, del buon senso e della buona fede de' quali non si dee ragionevolmente dubitare, non anno potuto essere un prodotto delle ordinarie leggi della natura. E segnatamente la straordinaria apparizione de' lumi, variata in tante maniere, e l'intatta conservazione delle dissepolte Particole non possono spiegarsi co' principii fisici, e superano le forze degli agenti naturali: quindi è che debbono essere considerate come miracolose.

Tal è il nostro sentimento.

Napoli, 6 luglio 1774. Giuseppe Melchiorre Vairo

Domenico Cotunnio

D. Giovanni M. della Torre (Proc., fol. 188).

Dinanzi alla concordanza dei voti dei tre teologi e dei tre periti fisici il Cardinale s'indusse a togliere le proprie riserve e autorizzò il tribunale ecclesiastico ad emettere la sentenza finale, motivandola. Nella mattina del 29 agosto avvenne la proclamazione ufficiale: cito il brano che c'interessa in versione italiana:

"Invocato umilmente il nome di Cristo. Mediante questa nostra sentenza definitiva, che noi curia pro tribunali sedente e avendo avanti agli occhi solo Dio, promulghiamo con i presenti scritti, diciamo, decretiamo e dichiariamo che la menzionata apparizione dei lumi e la intatta conservazione delle dette sacre Particole per tanti giorni sotto il terreno, è stato ed è un autentico e spettabilissimo miracolo operato da Dio ottimo massimo per illustrare più e più la verità del domma cattolico ed accrescere maggiormente il culto verso la reale e vera presenza di Cristo Signore nel santissimo sacramento della Eucaristia; e ciò può essere proposto e predicato pubblicamente al fedeli.
E perché non si estingua mai il ricordo di un prodigio tanto insigne, sia eretto un perenne monumento nel luogo suddetto del miracolo e le predette sacre Particole, sistemate in qualche teca argentea da chiudersi e sigillarsi giuridicamente da noi, vengano custodite ;in luogo decoroso.

Cosi diciamo, decretiamo e definitivamente dichiariamo "non solum isto sed et omni alio meliori modo".

Cosi ho pronunziato io Giovanni Giacomo Onorati, vescovo di Teano, Vicario Gererale. Lunedi 29 agosto 1774, nel mattino, alle ore 16" (cioè verso le ore 11 antimeridiane) (Doc. VII) (14).

La sentenza ricolmò di letizia i cattolici napoletani, più particolarmente gli abitanti di San Pietro a Patierno, che videro coronate le loro aspirazioni.

Il 14 settembre l'Ecc.mo Vicario Generale, accompagnato dall'avvocato fiscale, dal promotore e dal cancelliere, recatosi alla chiesa parrocchiale racchiuse le Particole in due caraffine di cristallo incastonate in una teca di argento: poi sigillò la teca con cera di Spagna alla presenza del parroco, dei sacerdoti Lintner, Girolamo e Diego Guarino, di chierici e numerosa gente.

Così felicemente 193 anni or sono si conchiudeva il processo intorno alle sacre Particole ritrovate. Il documento - una rarità senza dubbio - è assai prezioso: oltre il significato intrinseco ha un valore apologetico, che sottolineo velocemente. Le 364 pagine delle deposizioni e le 24 aggiunte in secondo momento, contenenti i voti dei teologi e dei periti con la sentenza definitiva, mostrano sufficientemente il comportamento dei napoletani, che non fu incontrollato, esplosivo e superstizioso. Rivelano al contrario una fede matura, una devozione dignitosa e una religione sentita. Non si trattò di una inconsulta manifestazione di sentimenti superficiali in una cornice coreografica, come si è abituati a credere per preconcetto ed a ripetere con articoli banali. Le prove scritte valgono più che le impressioni postume appoggiate unicamente su vedute personali

I cittadini di San Pietro a Patierno, che attualmente sono diverse migliaia, riconoscenti hanno posto il 23 ottobre 1967 nella loro chiesa parrocchiale una lapide marmorea in onore di sant'Alfonso, che per primo, da teologo e da scrittore, basandosi sul processo, divulgò la importanza del miracolo eucaristico anche al di là dei confini del Regno di Napoli con le edizioni venete del "Ragguaglio" (15).

[segue la trascrizione di 8 documenti originali del processo]

 

Appendice bibliografica

Il rev. Diego Guarino, uno dei protagonisti del prodigio e del processo del 1772, già sulla sessantina compose un opuscolo intitolato : "Il multiforme miracolo eucaristico di S. Pietro a Patierno ", che uscì a Napoli nel 1806. Nel 1842 apparve parimenti a Napoli una versione latina : "De mirifica sacrorum azymorum inventione quae de parochiali ecelesia S. Petri ad Paternum sublata a furibus erant et humi defossa Commentarius Didaci Guarini in seminario olim dioecesano neapolitano humaniorum litterarum praeceptoris" (pp. 24). Forse la traduzione venne curata non senza la intesa del ven. Giovanni Guarino (1770-1847), parroco del borgo e ardente apostolo della Eucaristia sulle orme di sant'Alfonso (21).

Il testo italiano del Guarino fu riprodotto in seguito dal parroco locale Mattia D'Anna col titolo: "Descrizione della miracolosa invenzione delle Particole consecrate " (Napoli 1877, pp. 77) Nel 1957 fu allestita a Pompei un'altra ristampa (pp. 34); nel 1967 l'ultima (Napoli, pp. 32) dall'attuale parroco Prof. Michele Chianese, che ha organizzato il I Congresso Eucaristico Vicariale della X Forania (22-29 ottobre 1967), alle cui solenni manifestazioni religiose ha partecipato il Cardinale arcivescovo di Napoli, incoraggiando i numerosi fedeli accorsi con la sua parola calda.

L'Em.mo Corrado Ursi, valorizzando il processo canonico del 1772 intorno alle sacre Particole ritrovate, ha proclamato con sentimento pastorale la chiesa parrocchiale di S. Pietro a Patierno "Santuario Eucaristico Diocesano" (22).

Cf. Oreste Gregorio in

Un processo curiale inedito del '700,
fonte di un opuscolo di S. Alfonso

in Spicilegium Historicum 15 (1967) pp. 320-339

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(1) C. ROMANO, Delle opere di sant'Alfonso, Roma 1896, 220: " nelle edizioni più recenti si legge : Ragguaglio di un portentoso miracolo ", ecc.

(2) M. DE MEULEMEESTER, Bibliographie de st. Alphonse de Liguori, Louvain 1933, 156 : " dans les éditions postérieures où il parait quelquefois avec le titre modifié : Ragguaglio di un portentoso miracolo ", ecc. Tale indicazione è stata seguita anche da altri sino al tempo corrente.

(3) Cfr Hierarchia Catholica, VI, Patavii 1958: l'Em.mo Antonino Sersale nato nel 1702 fu arcivescovo di Napoli dal 1754 al 1775, nel qual anno morì.

(4) R. TELLERIA, S. Alfonso M. de Ligorio, II, Madrid 1951, 429 nota che il santo si informò oralmente dal rev. Lintner: "se informó primero directamente de labios del sacerdote don José Lindtner". Non ci risulta da alcun documento che il predetto sacerdote si sia recato in Arienzo per conferire con sant'Alfonso.

(5) Cfr V. GIOBERTI, Il gesuita moderno, III, Torino 1848, 87.

(6) Archivio storico diocesano (Napoli), Miscellanea Parrocchic. A, 34. Sono molto grato al rev.mo archivista Franco Strazzullo, che con attenta cortesia ha facilitato le mie ricerche intorno al processo del 1772.

(7) Nei documenti s'incontra la duplice dizione "Patierno" e "Paterno".

(8) G. M. ALFANO, Istorica descrizione del Regno di Napoli in 10 Provincie, Napoli 1795, 31 : "San Pietro a Patierno, casale, diocesi e pertinenza di Napoli, d'aria buona, fa di popolazione 2539 ".

(9) Ramocetro è lega di rame e zinco (cfr R. ANDREOLI, Vocabolario napoletano-italiano, Torino 18S7, 538).

(10) Guarnigione nel senso di fregio o adornamento (cfr R. ANDREOLI, Op. cit., 32).

(11) R. TELLERIA, op. cit., 429 accennando al miracolo dice che furono trovate "una docenas de liostias consacradas". Sant'Alfonso parla nel "Ragguaglio " di "un gruppo di quasi 40 Particole" scoperte in primo momento e di " un gruppo di molte Particole " trovate successivamente. Secondo le deposizioni giuridiche vennero rintracciate almeno una cinquantina di Particole e non una dozzina.

(12) Cfr Herarchia catholica, ed. cit., 436: Francesco Saverio Stabile nato a Martina Franca (Taranto) nel 1706, sacerdote nel 1730, fu nominato vescovo di Venafro nel 1754; morì nel 1798. Era anche Vicario Generale dell'archidiocesi di Napoli con mansioni particolari: egli approvò il "Ragguaglio " del santo per la stampa (5 sept. 1773).

(13) L'istanza è nel Processus, al fol. 5.

(14) Cfr Hierarchia catholica, ed. cit., 399 : Giov. Giac. Onorati, nato nel 1721 a Rocchetta S. Antonio (Avellino), fu ordinato sacerdote nel 1745; laureatosi nel 1759 "in utroque iure" fu eletto vescovo di Teano (Caserta) nel 1768; nel 1777 fu trasferito alla diocesi di Troia (Foggia).

[…]

(21) La causa di beatificazione del piissimo parroco G. Guarino è a buon punto: nel 1930 fu aperto il Processo Apostolico sulle virtù.

(22) Il can. Alfonso Iodice nel 1900 eresse sul luogo del prodigio eucaristico un umile cippo per ricordare ai posteri il grande avvenimento del 1772.




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