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S. Alfonso Maria de Liguori
Regole... Seminario di S. Agata

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II. - Circa il silenzio.

 

Per 1.o. Osserveranno silenzio così nella cappella come nella scuola, nella mensa, ne' corridori ed anche nella camerata fuori della ricreazione dopo pranzo e cena, particolarmente quando si fa lo studio camerale. Più esattamente poi osserveranno questo silenzio ne' luoghi abitati, quando escono dal seminario unitamente e quando calano in chiesa per assistere al prelato o a' divini uffizj. In chiesa non è loro permesso parlare con alcuno, o parente o di qualunque condizione egli sia, mentre ciò molto importa all'edificazione del publico ed al buon concetto del seminario. Inoltre, uscendo a spasso, niuno potrà parlare con gente fuora del seminario senza licenza del prefetto, il quale sia attento a negarla fuorché con qualche parente stretto o altra persona esemplare.

 

Per 2.o. In seminario niuno potrà parlare in segreto o da solo a solo co' compagni, né dar loro biglietti o doni. Maggior mancanza sarebbe poi il parlare con alcuno d'altra camerata.

 

Per 3.o. Alla virtù del silenzio non solo si appartiene il non parlare, ma anche il parlar bene, quando conviene parlare. Pertanto nella ricreazione ciascuno ||9|| procuri d'introdurre discorsi divoti, narrando qualch'esempio di santi o altra cosa di edificazione. Tali discorsi familiari alle volte giovano ed infervorano più che le prediche del pulpito.

 

Per 4.o. Ciascuno all'incontro si guardi dalle parole incivili come dal tu e dal chiamare i compagni con soprannome di disprezzo. Tanto più si astenga poi dalle parole ingiuriose o pungitive e da gare di nascita, di beni di fortuna, di talento, dalle quali poi facilmente si passa all'ingiurie.

 

Per 5.o. Ognuno sopporti con pazienza, senza rispondere, qualche parola di disprezzo, che gli venisse detta da' compagni. Chi si risente e non sa soffrire una parola di queste, segno di riuscire poco buono ecclesiastico. Che se mai taluno si vedesse poi troppo molestato


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dal compagno e non avesse la virtù di soffrirlo, potrà avisarne il rettore perché quegli ci rimedierà.

 

Per 6.o. Quando il seminarista potesse amichevolmente ammonire il compagno di qualche difetto, specialmente quando è replicato, e ne sperasse frutto, richiede la carità fraterna che lo faccia, o almeno ne avvisi il rettore o il prefetto. Ma quando sono difetti di scandalo alla comunità, sappia ognuno ch'egli sarà tenuto sotto obligo grave ed anche con qualche grave incomodo, trattandosi di scandali che ne' seminaristi possono apportare un danno comune, il quale può rendersi col tempo irremediabile. E perciò le mancanze che si vedon commetter da' giovani, sempre sarà meglio avisarle al prefetto o al rettore, ed anche al vescovo, se non vi rimedia il rettore ||10||. Del resto, il buon esempio che darà il seminarista, sarà la miglior correzzione che egli potrà fare a' suoi compagni.

 

Per 7.o. Avverta finalmente ognuno a non manifestar fuori le cose che avvengono in seminario, come le penitenze date agli altri, le contese, i disturbi o altri sconcerti accaduti, mentre col palesare una cosa di queste possono far perdere presso la gente di fuori il buon concetto che si avea del seminario.

 




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