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S. Alfonso Maria de Liguori
Riflessioni Devote sopra diversi punti...

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Introduzione

Dopo le prime edizioni, quest'opera di sant’Alfonso fu gradualmente abbandonata, forse perché, di fronte allo strepitoso successo delle principali opere alfonsiane, essa è stata considerata un'opera minore. Non l'ha pubblicata neppure l'edizione critica delle opere ascetiche alfonsiane, avviata dai Redentoristi nel 1933 e rimasta, purtroppo, incompleta.

Con questa edizione si vuol riparare all'ingiusto abbandono in cui è stata lasciata cadere. Essa infatti merita di essere collocata non tra le minori, ma tra le maggiori opere ascetiche del Santo. Se dovessimo presentarla con uno slogan, diremmo che essa è "una Imitazione di Cristo del Settecento". Il paragone non è fuori posto, perché lo stesso sant’Alfonso, scrivendo all’editore, la caratterizza così: "L’opuscolo è di pensieri devoti e scelti di devozione, simile ai pensieri e capi di Tommaso da Kempis" (1). Il paragone non è neppure esagerato, perché sant’Alfonso è un grande maestro di vita spirituale, come ha affermato l’attuale Papa nel discorso citato sopra. "Il vostro Fondatore - ha detto Giovanni Paolo II rivolto ai Redentoristi - nelle opere ascetiche si è dimostrato maestro di vita spirituale illuminato ed esperto" (2).

La presente opera di sant’Alfonso, che consta di 45 capitoli, è più breve e concisa dell’Imitazione di Cristo ma, al pari di questa, delinea con sicurezza i grandi temi della vita cristiana; ha un linguaggio preciso e severo, salutarmente provocatorio, ma anche suadente e caldo; è esigente nella richiesta di totalità, ma esaltante nel prospettare il cammino della santità, che conduce alla pace del cuore e alla vita eterna. In quest’opera sant’Alfonso è vero maestro di vita, esperto nella "scienza dei santi", che vuol comunicare a tutti: religiosi, preti e fedeli laici.

 

Data di pubblicazione e titolo

La nostra opera è stata pubblicata per la prima volta all’inizio del 1773 presso l’editore Paci di Napoli, insieme con altre due opere. Il titolo generale del libro era il seguente: Riflessioni divote sopra diversi soggetti spirituali, esposti alle anime divote. La prima delle tre "operette", come le chiama l’Autore, era Riflessioni sulla Passione di Gesù Cristo; la terza era Riflessioni sulla verità della Divina Rivelazione, di carattere apologetico. La seconda "operetta", di carattere ascetico come la prima, aveva per titolo: Riflessioni divote sopra diversi punti di spirito a pro delle anime che desiderano avanzarsi nel divino amore. Si tratta della nostra opera (3).

Essa era già in cantiere nel maggio 1772. Infatti Il 31 maggio di quell’anno sant’Alfonso scriveva al Remondini: "Se caccerò fuori qualche altra operetta, sarà solo di materie divote, come infatti ho cominciato già a stendere un libretto col titolo: Pensieri di eternità" (4). A pié di pagina della lettera gli Editori annotarono: "Questo opuscolo sembra non essere stato mai pubblicato". Ma si sbagliarono perché sant’Alfonso, come era solito fare, dopo l’edizione di Napoli mandò loro il libro stampato dal Paci, che essi pubblicarono a Bassano nel 1774. Solo che il titolo della seconda "operetta" non era più quello che sant’Alfonso si era proposto il 31 maggio del 1772.

Nel 1779 il Paci ristampò l’"operetta" con un titolo che ricorda il primo progetto dell’Autore: Considerazioni di salute eterna che c’inducono a staccarci dal mondo ed unirci a Dio. "Poiché le edizioni Paci sono attendibili e questa edizione fu curata dal Santo presso i fratelli Paci, crediamo che questo sia il titolo definitivo da lui dato all’opera, invece dell’altro primitivo: Riflessioni divote..." (5). Tuttavia l’opera si è imposta con il titolo primitivo che, per questo motivo, abbiamo mantenuto anche noi.

Contenuti e caratteristiche

Le Riflessioni devote, pubblicate da sant’Alfonso all’età di 77 anni, possono essere considerate "la conclusione di tutta la sua attività letteraria nel campo dell’ascetica" (6). Esse sono una sintesi stupenda della spiritualità alfonsiana.

I titoli ripropongono temi usuali all'autore. Non si tratta, però, di temi staccati o indipendenti l'uno dall'altro. Tra di essi c'è come una circolarità, un apparentamento, per via di richiami ora segreti e sottintesi, ora diretti ed espliciti. Ogni tema, insomma, resta aperto e chiede di essere agganciato, come perla, all'insieme della collana. Il pensiero suggerito dai vari titoli va letto nella totalità o interezza del messaggio. In altri termini la collocazione dei singoli elementi, o capitoli, si innesta sull'unità di fondo.

La compresenza dinamica dei vari temi fa perno su alcuni punti fermi del messaggio alfonsiano. Li rileviamo schematicamente.

Il pensiero dell'eternità si dirama in tematiche strettamente connesse: la vanità del mondo e dei suoi piaceri; la preziosità del tempo; il peccato; la morte, che sfocia nelle due possibilità di castigo o di premio, di sofferenza eterna o di gioia senza fine.

Di qui l'urgenza di attendere seriamente alla propria salvezza e di assumerne i mezzi: il desiderio e la risoluzione; la preghiera; la meditazione; l'amore alla vita ritirata; la solitudine del cuore; la fuga dalla tiepidezza; la purità d'intenzione; la sofferenza accolta; le aridità e desolazioni; l'uniformità alla divina volontà; il distacco.

Quest'ultimo termine riassume, a suo modo, tutta la dottrina spirituale di sant’Alfonso. Esso implica il duplice movimento correlativo di "svuotamento" e di "riempimento". Tutto il lavoro sta nel liberare il cuore dalla terra e nel riempirlo di cielo. Questo processo di liberazione e di pienezza ha il suo punto di partenza e di arrivo nell'amore di Dio: Dio al centro dell'uomo, della storia, della vita.

Le Riflessioni devote non sono un saggio o un trattato sulla vita spirituale, bensì meditazioni per la vita spirituale: hanno lo scopo di illuminare la mente, ma soprattutto di toccare il cuore e di smuovere la volontà. Dice il Santo: "Bisogna fare l’orazione per unirci a Dio. E ciò che unisce maggiormente a Dio non sono tanto i pensieri della mente, quanto piuttosto gli ‘affetti’, cioè gli atti della volontà: gli atti di umiltà, di fiducia, di distacco, di rassegnazione, e soprattutto di amore e di pentimento per le proprie colpe" (c. 15, I).

Di qui l’importanza delle preghiere che, in quasi tutte le opere ascetiche del Santo, concludono le meditazioni. Ciò avviene anche nelle Riflessioni devote; anzi qui in alcuni casi la preghiera si mescola più volte con la riflessione, in altri la meditazione assume la forma di preghiera (nei cc. 9, 22, 23, 45). Queste preghiere non vanno mai omesse, perché sono parte essenziale delle meditazioni, che hanno tutte lo scopo di condurre l’anima alla pienezza dell’amore divino.

Sant’Alfonso dissemina in questo libretto 12 strofe poetiche, di cui metà sono sue, metà di altri autori. E' il poeta che affianca il mistico lungo tutto il percorso delle Riflessioni. Si direbbe che sant’Alfonso, a somiglianza di san Giovanni della Croce, affidi alla poesia il compito di tradurre l'esperienza interiore e la tensione verso il traguardo finale.

Come abbiamo detto, sant’Alfonso ripropone qui temi già trattati nelle sue principali opere ascetiche. In questo libretto, però, ci sono accenti nuovi. Per esempio, nella meditazione sull’inferno (c. 29) l’Autore non si sofferma affatto sulle pene dei sensi, ma solo sulla "pena del danno". Alcuni capitoli, per esempio i cc. 11, 12, 17, 28, 32, 33, hanno un’impostazione nuova. Ma soprattutto in quest’opera sant’Alfonso attinge più abbondantemente dalla Parola di Dio e dalla sua esperienza personale, come osservava Dom Guéranger, il famoso benedettino dell'800: "Leggendola si sente che il Santo si confida con maggiore intimità. Egli parla della morte e dell'eternità, ma si tratta della morte del giusto, dell'eternità beata. Nessuno scritto di sant’Alfonso riflette, al pari di questo, l'immagine della sua anima" (7).

Nel nostro secolo il famoso teologo domenicano, padre R. Garrigou-Lagrange, scriveva: "Queste Riflessioni sono sufficienti, a nostro giudizio, a mettere in risalto l'altezza della dottrina che il santo suggerisce ad ogni anima veramente interiore, desiderosa di progredire nella perfezione. La nostra rivista non ha mai proposto ai suoi lettori vette così eccelse"(8). Più recentemente il p. Telleria, profondo conoscitore del santo, scriveva: "Nel descrivere, con mano tremula, le ansie di andare a vedere Dio, i godimenti dei beati, i sospiri di un esule che anela alla patria eterna, (sant’Alfonso) non faceva altro che evocare i sospiri del proprio cuore" (9).

Che il santo, parlando del paradiso, traesse vigore e freschezza dalla fonte interiore, ce lo conferma una preziosa testimonianza del suo cameriere Alessio Pollio, che fu con lui in contatto diretto negli anni dell'episcopato e nel ritiro di Pagani. Nel processo ordinario di Nocera, in data 20 giugno 1788 (a meno di un anno dalla morte del santo), egli attesta: "Era infiammatissimo dell'amore verso il Signore (...). Fra il giorno lo sentivo fare continue fervorosissime aspirazioni a Dio, e proferire ancora delle fervorose giaculatorie, dicendo: "Mio Dio, io ti amo; Dio mio, voi siete il mio amore" (...). Troppo acceso era il desiderio del Servo di Dio di morire per andare a godere Dio in Paradiso, ripetendo più volte: "Gesù Cristo mio, mi paiono mille anni di morire e venirti a vedere".

Le Riflessioni devote arrivano dunque alla pagina scritta partendo dal cuore. E' dal cuore che esse zampillano e continuano a nutrire le anime con la loro freschezza e il loro ardore.

Gilberto Silvestri

in ALFONSO M. DE LIGUORI

Riflessioni Devote,

Piemme 1998, pp. 13-20

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(1)Lettere, III, p. 439.

(2) Discorso del Santo Padre ai membri del Consiglio Generalizio dei Redentoristi (8. 2. 1992).

(3) Essa aveva il frontespizio e l’impaginazione propria: il che fa supporre che fosse venduta anche separatamente. Delle tre "operette" sant’Alfonso scrive a Remondini in Lettere, III, p. 439 e 483.

(4) Sant’Alfonso, Lettere, III, p. 409.

(5) D. Capone, in Introduzione Generale alle opere ascetiche di S. Alfonso. Roma 1960, p. 312, nota 1. Il libro, di 409 pagine, fa da introduzione all’Edizione critica delle opere ascetiche di sant’Alfonso, che era iniziata nel 1933 e che si è interrotta nel 1968, lasciando fuori quasi una metà delle opere, compresa la nostra.

(6)D. Capone, op. cit., p. 328. Dopo le Riflessioni devote S. Alfonso ha pubblicato altri scritti, ma si tratta di libretti ascetici molto brevi, oppure di opere apologetiche e dogmatiche.

(7) Dom Guéranger, Oeuvres complètes du Bienhereux Alphonse de Liguori, t. 1, Paris 1834.

(8) "Vie spirituelle" (giugno 1927). Etudes et documents, p. 215. Il Garrigou afferma, tra l'altro, che in quest'opera (vedere specialmente i cc. 11-15, 39) sant’Alfonso addita la contemplazione infusa, o passiva, come via normale alla santità per ogni anima. Cfr. Ivi, pp. 227-229; 232-235.

(9) R. Telleria, S. Alfonso Maria de Ligorio, t. II, Madrid 1951, p. 372.

 




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