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S. Alfonso Maria de Liguori
Riflessioni Devote sopra diversi punti...

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§. 18. Solo il salvarsi è necessario.

 

Porro unum est necessarium. Non è necessario che in questo mondo siamo onorati di dignità, che siamo provveduti di ricchezze, di buona sanità e di piaceri terreni; ma è necessario che ci salviamo, mentre non vi è via di mezzo: se non saremo salvi dovremo essere dannati. Dopo questa breve vita o saremo sempre felici nel cielo o sempre infelici nell'inferno.

 

Ah mio Dio! che ne sarà di me? mi salverò o mi perderò? l'una o l'altra sorte necessariamente ha da toccarmi. Spero di salvarmi, ma chi me ne assicura? So che tante volte mi ho meritato l'inferno. Gesù mio salvatore, la vostra morte è la speranza mia.

 

Quanti mondani che sono stati un tempo colmi di ricchezze e di onori, esaltati a grandi posti ed anche a' troni,


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ed ora si trovano all'inferno, dove tutte le lor fortune fatte in questo mondo ad altro loro non servono, che per maggior pena e disperazione! Ecco ciò di che ne avvisa il Signore: Nolite thesaurizare vobis thesauros in terra... thesaurizate autem vobis thesauros in coelo, ubi neque aerugo neque tinea demolitur1. Tutti gli acquisti de' beni terreni colla morte si perdono; ma gli acquisti de' beni spirituali son tesori senza paragone più grandi e sono eterni.

 

Iddio ci fa sapere che vuol salvi tutti: Vult omnes homines salvos fieri; ed a tutti l'aiuto per salvarsi. Misero chi si perde! tutta la colpa è sua. Perditio tua ex te, Israel, tantummodo in me auxilium tuum2. E questa sarà la maggior pena de' poveri dannati, il pensiero che si son perduti per loro propria colpa.

 

Vindicta carnis impii, ignis et vermis3. Il fuoco ed il verme (cioè il rimorso della coscienza) saranno i carnefici del dannato in vendetta de' suoi peccati: ma il verme lo tormenterà in eterno assai più del fuoco. Qual pena in questa terra la perdita di qualche cosa di valore, di un diamante, d'un orologio, d'una borsa di danari, fatta per propria trascuraggine? non si mangia, non si dorme, pensando ad una tal perdita, quantunque vi sia la speranza di ripararla per altra via. Or quale sarà il tormento d'un dannato in pensare che per sua colpa ha perduto Dio e il paradiso senza speranza di poterli più ricuperare!

 

Ergo erravimus. Ecco quale sarà il pianto eterno dei miseri dannati: dunque abbiamo errato, perdendoci volontariamente; ed al nostro errore non vi è più rimedio. In tutte le disgrazie che accadono a molti in questa vita ben col tempo si trova rimedio, o colla mutazione di stato, o pure colla s. rassegnazione alla divina volontà. Ma niuno di questi rimedj avrà luogo per noi giunti che saremo all'eternità, se avremo errata la via del cielo.

 

Pertanto ci esorta l'apostolo s. Paolo a procurarci la salute eterna con un continuo timore di perderla: Cum metu et tremore vestram salutem operamini4. Questo timore ci farà camminare sempre con cautela, fuggire le occasioni cattive, ci farà continuamente raccomandare a Dio, e così ci salveremo. Preghiamo il Signore che ci faccia star fisso nella mente il pensiero, che da quell'ultima aperta di bocca che faremo nella nostra morte dipende l'essere o in eterno beati o in eterno miseri senza speranza di rimedio.

 

Mio Dio, io ho disprezzata la vostra grazia più volte, non meriterei pietà; ma il profeta mi fa sentire che voi usate bontà con chi vi cerca: Bonus est Dominus animae quaerenti illum5. Per lo passato io son fuggito da voi, ma ora non cerco, non bramo e non amo altro che voi; per pietà non mi disprezzate, ricordatevi del sangue che per me avete sparso; questo sangue e la vostra intercessione, o madre di Dio Maria, sono tutte le speranze mie.

 




1 Matth. 6. 19. et 20.



2 Os. 13. 9.



3 Eccli. 7. 19.



4 Phil. 2. 12.



5 Thr. 3. 25.






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