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S. Alfonso Maria de Liguori
Selva di materie predicabili

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CAP. IV. Gravezza e castigo del peccato del sacerdote.

 

Il peccato del sacerdote è molto grave perché pecca a vista della luce: peccando ben sa quello che fa. Per questa ragione, dice s. Tomaso4, che il peccato de' fedeli è più grave di quello degl'infedeli appunto propter notitiam veritatis. Ma altra poi è la luce d'un fedele secolare da quella d'un sacerdote. Il sacerdote è talmente istrutto nella divina legge ch'esso l'insegna agli altri: Labiasacerdotis custodient scientiam; et legem requirent ex ore eius5. E perciò dice s. Ambrogio che il peccato di chi sa la legge è troppo grande, non avendo alcuna scusa d'ignoranza: Scienti legem et non facienti peccatum est grande. I poveri secolari peccano, ma peccano in mezzo alle tenebre del mondo, lontani dai sacramenti, poco istruiti nelle materie di spirito, occupati negli affari del secolo: poco essi conoscono Dio e perciò poco vedono ciò che fanno quando peccano; Sagittant in obscuro, per parlare colle parole di Davide. Ma i sacerdoti sono sì pieni di luce ch'essi stessi sono già que' luminari da cui vengono illuminati i popoli: Vos estis lux mundi6. Eglino sono già ben istruiti da tanti libri che han letti, da tante prediche che hanno intese, da tante considerazioni che han fatte, da tanti avvertimenti che hanno avuti dai superiori; in somma a' sacerdoti è dato l'essere appieno informati de' misteri divini: Vobis datum est nosse mysterium regni dei7. Onde essi ben intendono il merito che ha Dio d'essere servito ed amato, e la malizia del peccato mortale ch'è un nemicoopposto a Dio, che se Dio fosse capace d'esser distrutto, un solo peccato mortale lo distruggerebbe, come dice s. Bernardo: Peccatum est destructivum divinae bonitatis. Ed altrove: Peccatum, quantum in se est, Deum perimit. Sicché, come dice s. Gio. Grisostomo, il peccatore, quantum


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ad voluntatem suam, occidit Deum. Poiché scrive il p. Medina che il peccato mortale è di tanto disonore e disgusto di Dio che, se Dio fosse capace di mestizia, il peccato lo farebbe morire di puro dolore: Peccatum mortale, si possibile esset, destrueret ipsum Deum, eo quod causa esset tristitiae in Deo infinitae. Tutto ciò ben l'intende il sacerdote, e ben intende all'incontro l'obbligo ch'egli ha, come sacerdote cosi favorito da Dio, di servirlo ed amarlo. Quanto più egli dunque, dice s. Gregorio, vede l'enormità dell'ingiuria che fa a Dio peccando, tanto maggiore è la gravezza del suo peccato: Quo melius videt, eo gravius peccat.

 

Ogni peccato del sacerdote è peccato di malizia; simile al peccato degli angeli, che peccarono a vista della luce. Angelus Domini factus est, dice s. Bernardo parlando del sacerdote; onde soggiunge: Peccans in clero, peccat in coelo. Pecca in mezzo alla luce: onde il suo peccato, come si è detto, è peccato di malizia, poiché non può allegare ignoranza, mentre sa che male sia un peccato mortale; né può allegare debolezza, perché sa i mezzi per rendersi forte, se vuole, ma se non vuole la colpa è sua: Noluit intelligere ut bene ageret1. Il peccato di malizia, insegna s. Tomaso2, è quello che scienter eligitur; all'incontro dice altrove3: Omne peccatum ex malitia est contra Spiritum sanctum. E già sappiamo da s. Matteo che il peccato contro lo Spirito santo non remittetur ei neque in hoc saeculo neque in futuro4.Viene a dire che una tal colpa molto difficilmente sarà perdonata per ragione dell'accecazione che porta seco il peccato commesso per malizia.

 

Il nostro Salvatore sulla croce pregò per li suoi persecutori dicendo: Pater, dimitte illis; non enim sciunt quid faciunt5. Ma questa preghiera non valse a favore de' mali sacerdoti: più presto li condannò, perché i sacerdoti sciunt quid faciunt. Piangea Geremia: Quomodo obscuratum est aurum, mutatus est color optimus6? Quest'oro oscurato, dice Ugone cardinale, è appunto il sacerdote peccatore che dovea risplendere d'amor divino, ma peccando è diventato nero ed orribile che mette orrore anche all'inferno e si è renduto più degli altri odioso a Dio. Dice s. Gio. Grisostomo che il Signore da niuno si tiene tanto offeso quanto da coloro che risplendono colla dignità di sacerdoti e l'oltraggiano: Nulla re Deus magis offenditur quam quando peccatores sacerdotii dignitate praefulgeant7.

Cresce la malizia del peccato del sacerdote per l'ingratitudine che usa con Dio, il quale tanto l'ha esaltato. Insegna s. Tommaso8, che il peccato tanto cresce di peso quanto è maggiore l'ingratitudine di chi lo commette. In noi stessi, dice s. Basilio, avviene che per niun'altra offesa tanto ci sdegniamo quanto per quella che ci vien fatta da' nostri amici e famigliari: Naturaliter magis indignamur his qui nobis familiarissimi sunt, cum in nos peccaverint9. I sacerdoti appunto son chiamati da s. Cirillo Dei intimi familiares. Iddio come può fare più grande un uomo che con farlo sacerdote? Enumera honores, dignitates, dice s. Efrem, omnium apex


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est sacerdos. Qual maggior onore e nobiltà può dargli che farlo suo vicario, suo coadiutore, santificatore delle anime e dispensatore de' suoi sacramenti? Dispensatores regiae domus sono chiamati da s. Prospero i sacerdoti. Il signore l'ha scelto di mezzo a tanti uomini per suo ministro da offerirgli in sacrificio il suo medesimo Figlio: Ipsum elegit ab omni vivente offerre sacrificium1. Gli ha data dunque potestà sul corpo di Gesù Cristo: gli ha date in mano le chiavi del paradiso: l'ha innalzato sopra tutti i re della terra e sopra tutti gli angeli del cielo: in somma l'ha fatto un Dio terreno. Quid debui ultra (par che Dio qui parli solamente del sacerdote) facere vineae meae, et non feci2? E poi qual ingratitudine orrenda è il vedere che questo sacerdote così amato da Dio l'offenda nella sua medesima casa! Quid est quod dilectus meus in domo mea fecit scelera multa3? Onde piange s. Gregorio: Heu, Domine Deus, quia ipsi (parla de' sacerdoti) sunt in persecutione tua primi qui videntur in ecclesia tua regere principatum!

 

Appunto de' mali sacerdoti pare ancora che si lagnasse Iddio allorché chiamò il cielo e la terra a vedere l'ingratitudine che gli usavano i suoi figli: Audite, coeli, et auribus percipe, terra... Filios enutrivi et exaltavi: ipsi autem spreverunt me4. E chi sono mai quei figli, se non i sacerdoti, che essendo stati da Dio sublimati a tanta altezza e nutriti alla sua mensa colle sue medesime carni, hanno poi l'animo di disprezzare il suo amore e la sua grazia? Di ciò anche si lagnò per bocca di Davide dicendo: Quoniam si inimicus meus maledixisset mihi, sustinuissem utique5. Se un mio nemico, un idolatra, un eretico, un mondano mi offendesse, pur lo sopporterei; ma come posso sopportare di vedermi offeso da te, sacerdote, che sei il mio amico, il mio commensale? Tu vero, homo unanimis, dux meus et notus meus, qui simul mecum dulces capiebas cibos6. Piange ancora di ciò Geremia ed esclama: Qui vescebantur voluptuosa... qui nutriebantur in croceis, amplexati sunt stercora7. Che miseria! che orrore! dice il profeta: chi cibavasi di cibo celeste e vestiva di porpora (il che vien significato dalla parola croceis, come spiegano gl'interpreti dal testo ebreo che dice: Qui in purpura educati fuerunt; e appunto il sacerdote si dice onorato colla porpora per la dignità regale che tiene: Vos... genus electum regale sacerdotium8, vederlo poi coperto di veste sordida di peccati, cibarsi di sozzure e di sterco!

 

Ma vediamo ora il castigo che tocca al sacerdote peccatore, castigo corrispondente alla gravezza del suo peccato. Pro mensura peccati erit et plagarum modus9. S. Gio. Grisostomo per dannato quel sacerdote che in tempo del sacerdozio commette un solo peccato mortale: Si privatim pecces, nihil tale passurus es; si in sacerdotio peccas, periisti10. E in verità troppo son terribili le minacce che proferì il Signore per bocca di Geremia contro i sacerdoti che peccano: Propheta namque et sacerdos polluti sunt; et in domo mea inveni malum eorum, ait Dominus. Idcirco via eorum erit quasi lubricum in tenebris: impellentur enim et corruent in ea11. Quale speranza di vita dareste voi


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a colui che camminasse sopra di un precipizio per una via sdrucciolosa e non vi fosse luce per vedere dove potesse mettere il piede, ed all'incontro vi fossero altri che di quando in quando gli dessero forti spinte per farlo precipitare? Questo è lo stato infelice in cui riducesi un sacerdote che commette un peccato mortale.

 

Lubricum in tenebris: peccando il sacerdote perde la luce e resta cieco. Melius erat illis, dice s. Pietro, non cognoscere viam iustitiae, quam post agnitionem retrorsum converti1. Quanto meglio sarebbe al sacerdote che pecca l'essere un povero villano ignorante che non avesse saputo mai niente! Perché dopo tante cognizioni avute dai libri, da' sacri oratori e dai suoi direttori e dopo tante illuminazioni ricevute da Dio, peccando il misero e mettendosi sotto i piedi tutte quelle grazie che Dio gli ha fatte, tutta la luce che ha avuta servirà per farlo restare più accecato e perduto nella sua ruina. Maior scientia maioris poenae fit materia, dice s. Gio. Grisostomo2. E soggiunge: Propterea sacerdos eadem cum subditis peccata committens, non eadem, sed multo acerbiora patietur. Farà egli lo stesso peccato che fanno molti secolari, ma molto più grande sarà il suo castigo, restando egli molto più cieco che tutti gli altri secolari. Gli toccherà appunto il castigo annunziato dal profeta: Ut videntes non videant et audientes non intelligant3.

 

E ciò si vede coll'esperienza, dice lo stesso Grisostomo: Saecularis homo post peccatum facile ad poenitentiam venit. Un secolare che pecca, se sente una missione o qualche predica forte, dove ascolta qualche verità eterna della malizia del peccato, della certezza della morte, del rigore del divin giudizio, delle pene dell'inferno, facilmente si ravvede e torna a Dio; poiché, dice il santo, quelle verità gli giungono quasi nuove e l'atterriscono: Quia quasi novum aliquid audiens expavescit. Ma ad un sacerdote che si è posta sotto i piedi la grazia di Dio e tutti i lumi e cognizioni avute, che più fanno le verità eterne e le minacce delle divine scritture? Omnia enim quae sunt in scripturis, siegue a parlare il s. dottore, ante oculos eius inveterata, vilia aestimantur; nam quicquid sibi terribile est usu vilescit4. Onde conclude che non v'è cosa più impossibile che lo sperare emenda da chi sa tutto e pecca: Nihil autem impossibilius illum corrigere, quia omnia scit.

 

È troppo grande, dice s. Girolamo, la dignità de' sacerdoti; ma troppo grande è ancora la loro rovina, se in tale stato voltano a Dio le spalle: Grandis dignitas sacerdotum, sed grandis eorum ruina si peccant5. Quanto è maggiore l'altezza a cui li ha sollevati Iddio, dice s. Bernardo, tanto maggiore sarà il loro precipizio: Ab altiori fit casus gravior. Chi cade al piano difficilmente si farà gran male: ma chi cade da alto non si dice che cade, ma che precipita, e perciò la caduta sarà mortale: Et ut levius est de plano corruere, sic gravius est qui de sublimi ceciderit dignitate; quia ruina quae de alto est graviori casu colliditur6. Rallegriamoci, dice s. Girolamo, noi sacerdoti di vederci innalzati a tanta altezza, ma tanto più temiamo di cadere: Laetemur ad ascensum,


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sed timeamus ad lapsum1. Appunto al sacerdote par che parli il Signore per Ezechiele allorché dice: Posui te in monte sancto Dei... et peccasti: et eieci te de monte Dei et perdidi te2. Sacerdoti, dice Dio, io vi ho posti su del monte mio santo e vi ho fatti luminari del mondo: Vos estis lux mundi. Non potest civitas abscondi supra montem posita3. Con ragione dunque scrive s. Lorenzo Giustiniani che quanto più è grande la grazia che Dio ha fatta a' sacerdoti, tanto è più degno di castigo il loro peccato; e quanto più alto è lo stato a cui li ha sollevati, tanto più sarà mortale la loro caduta: Quo gratia est cumulatior et status sublimior, eo casus est gravior et damnabilior culpa. Chi cade in un fiume tanto più va sotto quanto più alto è stato il luogo donde è caduto: Altius mergitur qui de alto cadit4. Sacerdote mio, intendi che avendoti Dio sublimato allo stato sacerdotale, t'ha sollevato sino al cielo, rendendoti uomo non più terreno, ma celeste; se pecchi cadi dal cielo. Onde pensa quanto dannosa sarà la tua caduta: Quid altius coelo? de coelo cadet in coelestibus qui delinquit5. La tua caduta, dice s. Bernardo, sarà simile a quella d'un folgore che impetuosamente precipita: Tanquam fulgur in impetu vehementer deiicieris. Viene a dire che la tua perdita sarà irreparabile: Corruent in ea; avverandosi sopra di te infelice quel che il Signore minacciò a Cafarnao: Et tu Capharnaum, usque ad coelum exaltata, usque ad infernum demergeris6.

 

Tanto merita un sacerdote che pecca per la somma ingratitudine che usa con Dio. Egli è tenuto ad essergli più grato per li maggiori beneficj che ne ha ricevuti: Cum augentur dona, rationes etiam crescunt donorum7. L'ingrato merita d'esser privato di tutti i beni ricevuti, come dice un dotto autore: Ingratus meretur beneficii subtractionem. Gesù Cristo disse: Omnia habenti dabitur, et abundabit: ei autem qui non habet, et quod videtur habere auferetur ab eo8. Chi è grato con Dio più abbonderà delle sue grazie; ma un sacerdote, che dopo tanti lumi, tante comunioni fatte, gli volta le spalle, disprezzando tutti i favori da Dio ricevuti, e rinunzia alla sua grazia, giustamente sarà privato di tutto. Il Signore con tutti è liberale, ma non cogl'ingrati: Ingratitudo, dice s. Bernardo, exsiccat fontem divinae pietatis.

 

Quindi nasce quel che dice s. Girolamo9: Nulla certe in mundo tam crudelis bestia quam malus sacerdos; nam corrigi se non patitur. E s. Gio. Grisostomo o sia l'autore dell'opera imperfetta10: Laici delinquentes facile emendantur; clerici, si mali fuerint, inemendabiles sunt. A' sacerdoti che peccano specialmente s'appartiene, come già l'intende s. Pier Damiani11, ciò che dice l'apostolo: Impossibile est... eos qui semel sunt illuminati, gustaverunt etiam donum coeleste et participes facti sunt Spiritus sancti, et prolapsi sunt, rursus renovari ad poenitentiam12. Chi più del sacerdote è stato illuminato, ha gustato i doni del cielo ed è stato partecipe dello Spirito santo? Dice s. Tommaso che gli angeli ribelli peccando restarono ostinati perché peccarono a vista della luce; e così appunto scrive s. Bernardo,


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il sacerdote sarà trattato da Dio: Sacerdos angelus Domini factus est: tanquam angelus, aut eligitur aut reprobatur1. Rivelò il Signore a s. Brigida: Ego conspicio paganos et iudaeos, sed nullos video deteriores quam sacerdotes; sunt ipsi in eodem peccato quo cecidit Lucifer. E qui si noti quel che dice Innocenzo III.: Multa sunt laicis venialia quae clericis sunt mortalia2.

 

Ai sacerdoti ancora s'appartiene ciò che dice s. Paolo in altro luogo: Terra... saepe venientem super se bibens imbrem, ... proferens autem spinas ac tribulos, reproba est et maledicto proxima, cuius consummatio in combustionem3. Che pioggia di grazie ha ricevuto continuamente il sacerdote da Dio! E poi in vece di frutti rende triboli e spine? Misero! sta vicino ad essere riprovato ed a ricevere la finale maledizione per andare a finire dopo tanti doni avuti da Dio ad ardere nel fuoco dell'inferno. Ma che timore ha più del fuoco dell'inferno un sacerdote che ha voltate le spalle a Dio? I sacerdoti che peccano perdono la luce, come abbiamo detto, e perdono anche il timore di Dio; ecco il medesimo Signore che ce lo fa sapere: Si Dominus ego sum, ubi est timor meus? dicit Dominus exercituum ad vos, o sacerdotes, qui despicitis nomen meum4. Dice s. Bernardo che i sacerdoti cadendo dall'alto, restano talmente sommersi nella loro malizia che si scordano di Dio e non si scuotono più ad alcuna minaccia divina, talmente che neppure li spaventa più il pericolo della loro dannazione: Alto quippe demersi oblivionis somno, ad nullum dominicae comminationis tonitru expergiscuntur ut suum periculum expavescant5.

 

Ma che maraviglia può avere alcuno di ciò, giacché il sacerdote peccando cade dall'alto in una fossa profonda, dove non ha più luce e perciò disprezza tutto? avvenendo in lui quel che disse il Savio: Impius, cum in profundum venerit peccatorum, contemnit6. Impius; quest'empio è il sacerdote che pecca per malizia: in profundum; il sacerdote per un solo peccato mortale altius mergitur, già arriva al fondo delle miserie e resta cieco: contemnit; e perciò disprezza castighi, ammonizioni, presenza di Gesù Cristo che gli sta vicino sull'altare, disprezza tutto e non si arrossisce di rendersi peggio di Giuda traditore di Gesù Cristo, come appunto disse il Signore e se ne lagnò con s. Brigida: Tales sacerdotes non sunt mei sacerdotes sed veri proditores7. Proditores; sì, veri traditori, giacché si servono della celebrazione della messa per maggiormente ingiuriare Gesù C. col sacrilegio. Ma quale finalmente sarà l'infelice termine d'un tal sacerdote? Eccolo: In terra sanctorum iniqua gessit, et non videbit gloriam Domini8. Il termine sarà in somma l'abbandono di Dio e poi l'inferno. Ma, padre, dirà alcuno, con questo parlare troppo ci atterrite; che? volete farci disperare? Rispondo con s. Agostino: Territus terreo. Dunque, dirà un sacerdote che per disgrazia si trova aver offeso Dio nel sacerdozio, dunque per me non v'è speranza di perdono? No, io non posso dir questo; v'è speranza, se vi è pentimento ed orrore del mal commesso. Ringrazii dunque sommamente il Signore questo


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sacerdote, se vedesi ancor assistito dalla grazia, ma bisogna che presto si dia a Dio che lo chiama: Audiamus illum, dice s. Agostino, dum rogat, ne nos non audiat dum iudicat. Da ogg'innanzi, sacerdoti miei, sappiamo stimare la nostra nobiltà, e trovandoci ministri d'un Dio, vergogniamoci di farci schiavi del peccato e del demonio: Nobilem, scrive s. Pier Damiano, necesse est esse sacerdotem, ut qui minister est Domini erubescat servum esse peccati.

 

Non siamo stolti come i secolari che pensano solo al presente. Statutum est hominibus semel mori; post hoc autem iudicium1. Tutti abbiamo da comparire in questo giudizio: Omnes nos manifestari oportet ante tribunal Christi, ut referat unusquisque propria corporis prout gessit2. Ci sarà detto: Redde rationem villicationis tuae3; cioè del tuo sacerdozio: come l'hai esercitato? a che fine te ne sei servito? Sacerdote mio, se ora aveste da esser giudicato, ne sareste contento? o puro direste: Cum quaesierit, quid respondebo illi4? Quando il Signore castiga qualche popolo, il castigo comincia da' sacerdoti, perché essi sono la prima causa dei peccati del popolo o per lo mal esempio o per la negligenza di attendere a coltivarlo. Onde allora dice il Signore: Tempus est ut incipiat iudicium a domo Dei5. In quella strage che si descrive da Ezechiele6, volle Dio che i sacerdoti fossero i primi castigati: A sanctuario meo incipite; spiega Origene: Id est a sacerdotibus7. Iudicium durissimum fiet his qui praesunt8. Omni cui multum datum est, multum quaeretur ab eo9. L'autore dell'opera imperfetta dice: Laicus in die iudicii stolam sacerdotalem accipiet. Sacerdos autem peccator spoliabitur sacerdotii dignitate et erit inter infideles et hypocritas10. Audite hoc, sacerdotes... quia vobis iudicium est11.

 

E siccome il giudizio de' sacerdoti è più rigoroso, così anche la loro dannazione sarà più misera: Duplici contritione contere eos12. Grandis dignitas sacerdotum, sed grandis ruina si peccent13. E s. Gio. Grisostomo: Sacerdos, si pariter cum subditis peccat, non eadem, sed multo acerbiora patietur. Fu rivelato a s. Brigida che i sacerdoti peccatori prae omnibus diabolis profundius submergentur in infernum14. Oh che festa fanno i demonj quando un sacerdote va all'inferno! Tutto l'inferno si mette a romore per andare incontro al sacerdote che viene: Infernus subter conturbatus est in occursum adventus sui. Omnes principes terrae surrexerunt de soliis suis15. Tutti i principi di quella terra di miserie si alzano per dare il primo luogo di tormenti al sacerdote dannato. Universi, siegue a dire Isaia, respondebunt et dicent tibi: Et tu vulneratus es sicut et nos, nostri similis effectus es16. O sacerdote, tu un tempo ci hai dominati, tu hai fatto scendere il Verbo incarnato tante volte sugli altari, tu hai liberate tante anime dall'inferno; ed ora sei fatto simile a noi, infelice e tormentato come noi. Detracta est ad inferos superbia tua17. La tua superbia, per cui hai disprezzato Iddio e il tuo prossimo, qui finalmente ti ha condotto. Concidit cadaver


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tuum; subter te sternetur tinea, et operimentum tuum erunt vermes1. Via su, come re, ti tocca lo strato regale e la veste di porpora; eccoti il fuoco ed i vermi che ti roderanno per sempre il corpo e l'anima. Oh come allora i demonj derideranno tutte le messe, i sacramenti e le funzioni sacre del sacerdote dannato! Et deriserunt sabbata eius2.

 

Attenti, sacerdoti miei, perché i demonj tentano più un sacerdote che cento secolari; poiché un sacerdote che si danna ne porta molti seco all'inferno. Il Grisostomo dice: Qui pastorem de medio tulerit, totum gregem dissipabit3. Ed un autore4 ben dice: Plus duces quam milites appetuntur in pugna. Nella guerra i nemici cercano prima di tutti di uccidere i capi. S. Girolamo5 soggiunge: Non quaerit diabolus homines infideles et eos qui foris sunt (fuori del santuario); de ecclesia Christi rapere festinat, escae eius secundum Habacuc electae sunt. Al demonio riescono cibi più gustosi le anime degli ecclesiastici.

(Questo che siegue può servire per dar motivi di compunzione nell'atto di dolore.)

Sacerdote mio, par che ti dica il Signore quel che disse al popolo ebreo: Quid feci tibi aut in quo contristavi te? responde mihi. Dimmi: che male t'ho fatto, anzi che bene io non t'ho fatto? Eduxi te de terra Aegypti; io t'ho cavato fuori dal mondo, ti ho scelto da mezzo a tanti secolari per farti mio sacerdote, mio ministro, mio familiare: et tu parasti crucem Salvatori tuo; e tu per quel misero interesse, per quel vil piacere m'hai posto di nuovo in croce: Ego te pavi manna per desertum; io nel deserto di questa terra ti ho pasciuto ogni mattina colla manna celeste, cioè colle mie divine carni e col mio sangue: et tu me caecidisti alapis et flagellis, con quelle parole, con quegli atti immodesti. Quid ultra debui facere tibi, et non feci? Ego plantavi te vineam speciosissimam, et tu facta es mihi nimis amara; io ti ho destinato per vigna di mia delizia, piantando in te tanti lumi e tante grazie, che mi rendessero frutti dolci e cari: e tu non mi hai renduto che frutti di amarezza. Ego dedi tibi sceptrum regale; io ti ho fatto re, anzi più grande di tutti i re della terra: et tu dedisti capiti meo spineam coronam con quei mali pensieri acconsentiti. Ego te exaltavi, io t'ho sollevato sino ad esser mio vicario ed aver le chiavi del cielo, ad essere insomma un Dio della terra: et tu me suspendisti in patibulo crucis, e tu hai disprezzato tutto, le mie grazie e la mia amicizia, mettendomi di nuovo in croce ec.

 




4 2. 2. quaest. 10. art. 3.



5 Malach. 2. 7.



6 Matth. 5. 14.



7 Lucae 8. 10.



1 Ps. 35. 4.



2 1. 2. q. 78. art. 1.



3 De malo q. 5. a. 4.



4 12. 32.



5 Lucae 23. 34.



6 Thr. 4. 1.



7 Hom. 41. in Matth.



8 2. 2. quaest. 74. a. 10.



9 Ap. Glos. in 1 Petr. 4.



1 Eccl. 45. 20.



2 Isa. 5. 4.



3 Ier. 11. 15.



4 Isa. 1. 2.



5 Ps. 54. 13.



6 Ib. v. 14. et 15.



7 Thren. 4. 5.



8 1. Petr. 2. 9.



9 Deut. 25. 2.



10 Hom. 3. in Act. ap.



11 23. 11. et 12.



1 2. Petr. 2. 21.



2 Hom. 7. in Matth.



3 Luc. 8. 10.



4 Hom. 40 in c. 21. Matth.



5 L. 18. in c. 44. Ezech.



6 S. Ambros. de dign. sacerd. c. 3.



1 Loco supra cit.



2 28. 14. et seq.



3 Matth. 5. 14.



4 Petr. Blessen.



5 S. Petr. Chrysol. serm. 26



6 Lucae 10. 15.



7 S. Greg. hom. 9. in evang.



8 Matth. 25. 29.



9 Epist. ad Damas.



10 Hom. 43. in Matth.



11 Lib. 4. ep. 14.



12 Heb. 6. 4. et 6.



1 Declam. in verb. Ecce nos etc.



2 Serm. 1. cons. pont.



3 Heb. 6. 7. et 8.



4 Malach. 1. 6.



5 Serm. 77. in Cant.



6 Prov. 18. 3.



7 Rev. l. 1. c. 45.



8 Isa. 26. 10.



1 Hebr. 9. 27.



2 2 Cor. 5. 10.



3 Lucae 16. 2.



4 Iob. 31. 14.



5 1. Petr. 4. 17.



6 C. 9.



7 Tract. 7. in Matth.



8 Sap. 6. 6.



9 Luc. 12. 48.



10 Hom. 40. in Matth.



11 Osee 5. 1.



12 Ier. 17. 18.



13 Conc. paris. 6. an. 828.



14 Rev. l. 4. c. 135.



15 Isa. 14. 9.



16 Ibid. 10.



17 Ib. 11.



1 Ibid. 16.



2 Thren. 1. 7.



3 Vide hom. l. 1. in 1. ad Tim.



4 De sing. cler. inter op. s. Cypr.



5 Epist. 22.






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