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S. Alfonso Maria de Liguori
Selva di materie predicabili

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§. 5. Compendio degli avvertimenti particolari per le prediche di missione.

 

Già di sopra si sono avvertite più cose da osservarsi nelle prediche di missione, ma giova qui in breve unitamente notare gli avvertimenti più speciali, acciocché il predicatore missionario li abbia tutti uniti avanti gli occhi. Oltreché qui noteransi diverse altre cose che s'appartengono solamente al modo di predicare nelle missioni.

 

Circa la sostanza, le prediche di missione debbono essere meno fornite di sentenze latine. Si osservino le prediche di missione del v.p. Paolo Segneri, gran maestro nell'arte di predicare, e si vedrà come in quelle pochi sono i passi latini e molte sono le riflessioni pratiche e le moralità. Le scritture sieno poche, ma bene spiegate e ponderate: sarà meglio addurre un solo testo ben ponderato con cavarne le moralità proprie, che molti passi aggruppati insieme, i quali serviranno più alla vanità del predicatore che al profitto del popolo. E così anche le sentenze de' santi padri sieno poche e brevi e spiritose, cioè che spieghino le cose con qualche sapore ed enfasi speciale. Le similitudini sieno descritte alla semplice e popolare, ma non sieno tanto basse che sconvengano al pulpito. Gli esempi sieno pochi, sicché non passino il numero di due o tre in tutta la predica, e non sieno molti lunghi, risecandone le circostanze meno importanti. Le moralità poi sieno forti e ben discusse, avvertendo che in esse, come si disse di sopra, consiste la maggior parte del frutto della missione, e non si faccia in ogni predica un'infilzata di molte moralità mentovate così alla sfuggita, v. gr. contro gli odj, furti, disonestà, mormorazioni ecc. Meglio è nelle prediche prendere a combattere a piede fermo e distesamente uno o due vizj de' più comuni per volta, come sono la bestemmia, l'odio, il furto, e particolarmente la disonestà, ch'è il vizio più comune, e perciò bisogna combatterlo più volte nelle prediche: ma si avverta con modo speciale nelle prediche a parlar con modestia, trattando del vizio turpe. Di più si avverta nelle moralità a non toccar mai persone particolari; poiché


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i particolari dal sentirsi toccar nella predica con qualche specificazione, per cui possan giudicare gli uditori che di loro di parli, non solo non se ne approfittano, ma ne cavano danno, perché se ne sdegnano e più si ostinano nel male. Si avverta ancora a non toccar mai né pretireligiosi, neppure in generale.

 

Circa poi l'elocuzione del modo di predicare nelle missioni già se n'è trattato di sovra parlando della dignità dell'elocuzione, nell'istruzione quarta al num. 4. Già si addusse quel che ne scrive il celebre Ludovico Muratori, cioè che predicando a qualche uditorio in cui vi sono molti non letterati, in tutte le prediche bisogna parlare con istile semplice e familiare; ma parlando poi a' popoli di ville, bisogna usare lo stile il più popolare che si può (purché non si dia nel goffo), acciocché quei poveri villani restino capacitati e mossi a modo loro. Inoltre il modo di predicar nelle missioni, a differenza delle prediche quaresimali e domenicali, ha da essere più sciolto e spezzato: poiché i periodi debbon esser concisi in tal maniera che chi non avesse inteso o capito il primo, capisca il secondo che si sta dicendo; e chi venisse a mezzo della predica, capisca subito ciò che dice il predicatore. Il che difficilmente all'incontro può ottenersi da' rozzi quando si predica legato; poiché allora chi non avrà inteso il primo periodo, non intenderà né il secondo né il terzo.

 

Inoltre si noti quel che ben anche avverte il Muratori, che per ottenere una continua attenzione dal popolo giova molto il parlare spesso interrogando, servendosi della figura detta antifora o sia subiezione, descritta di sovra alla pag. 245. n. 3., per cui dallo stesso dicitore s'interroga insieme e si risponde; v. gr.: Ditemi: perché tanti dopo la missione ricadono? Perché non levano l'occasione. O pure: Che viene a dire quel che dice lo Spirito santo: Desideria occidunt pigrum1? Per ciò s'intendono quei malabituati che sempre desiderano di mutar vita e non ne pigliano mai la via. E simili. O pure ammirando; v. gr.: Oh quanto è tenero quel che disse Gesù Cristo: Eum qui venit ad me non eiiciam foras2! Giova ancora a fare star attenti gli uditori l'esigere spesso la loro attenzione, dicendo v. gr.: State attenti a questo che ora vi dico: O pure: Sentite questa bella riflessione che fa un dotto autore ecc. Ciò nulladimeno non si ha da fare sempre colla stessa forma né così spesso che apporti noia all'uditorio. Inoltre per muovere gli affetti giova molto il fare qualche invocazione anche per mezzo alla predica, v. gr.: O Dio! e quanti miserabili per quest'inganno si dannano! O pure: Signore, come puoi sopportare questi traditori, che ti promettono e poi subito ecc. O pure: O ss. Vergine, impetra luce a questi poveri ciechi ecc.: O Dio buono, voi ci venite appresso per salvarci, e noi fuggiamo da voi per dannarci! Giova anche alle volte il replicar posatamente qualche forte massima, v. gr.: Bisogna morire, bisogna morire; non ci è rimedio. O pure qualche esclamazione di peso, v. gr.: O peccato maledetto! O gran momento della morte, o eternamente felice o eternamente infelice!

 

Inoltre, circa la modulazione della voce, si avverta a sfuggire il tuono


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unisono e gonfio, a modo di panegiristi. Parlo di coloro che predicano le lodi proprie, non del santo; poiché anche i panegirici, come scrive il Muratori, debbono esser fatti in modo che se ne ricavi frutto, non vento. Giova qualche volta, come di sovra si disse, fare il terzo tuono, parlandosi di cose di spavento o di commiserazione. Si avverta di più a non parlar sempre con voce violenta, come fanno alcuni missionarj; col che si mettono a pericolo o di rompersi una vena nel petto o almeno di perder la voce; ed all'incontro col tal modo infastidiscono gli uditori senza frutto. Ciò che muove e concilia l'attenzione del popolo è il parlare con voce ora forte, ora bassa (ma senza fare sbalzi eccedenti e subitanei), ora il fare una esclamazione più lunga, ora il fare una fermata e poi dar di piglio con un sospiro e cose simili. Queste varietà di voci mantengono l'uditorio sempre attento.

 

Sopra tutto gioverà qui avvertire più cose circa l'atto di dolore ch'è la parte più importante delle prediche di missione. Poco sarà il profitto della predica se gli uditori restano persuasi, ma non restano compunti e risoluti di mutar vita, e questo è quello che s'intende di procurare nel far l'atto di dolore. Primieramente, avanti di fare inginocchiare il popolo, cerchi il predicatore d'intenerirli quanto può, inducendoli ad inginocchiarsi da se stessi. Almeno dopo che sarà inginocchiato il popolo, prima di dimostrare il crocifisso, faccia dire a tutti: Signore, perdono, Signore, misericordia! Indi, facendo venire prima le torce e dopo il crocifisso, lor faccia fare più atti di dolore, cioè due o tre; e ciascuno col suo distinto e diverso motivo, acciocché gli uditori si compungano e piangano non a caso, ma con motivo e con ragione. Altrimenti, se il predicatore dirà solamente, come fanno alcuni: Piangete tutti, pentitevi, cercate perdono a Dio, senza dar loro i motivi, la gentebene griderà, piangerà in sentir gridare e piangere gli altri, ma senza saper perché; onde vi sarà un grande schiamazzo, ma poco frutto. E perciò si avverta a far sedare le grida prima di proporre il motivo, acciocché gli ascoltanti lo sentano e lo capiscano; altrimenti se il predicatore parlerà in mezzo a quel fracasso, si sfiaterà inutilmente. Si proponga dunque il motivo quando la gente è quietata; e poi si esorti al pentimento od al pianto. Per esempio: Peccatore mio, dimanda a Gesù Cristo e digli: Signore, perché m'hai aspettato sinora e m'hai sopportato dopo tante offese che ti ho fatte? Senti come ti risponde: T'ho aspettato e sopportato per perdonarti; pentiti, e ti perdono ecc. Di simili motivi qui appresso ne noteremo alcuni per comodità de' predicatori. Dopo che si è proposto il motivo, s'inculchi il pentimento: Via su allegramente, cerca perdono a Dio; alza la voce e di' piangendo piangendo: Signore, t'ho offeso; me ne pento, me ne dispiace ecc.

 

Giova molto ancora all'ultimo di far fare al popolo un atto di dolore più formale e più esteso, facendolo rispondere alle parole che a passo a passo anderà suggerendo il predicatore. E prima gli farà fare un atto d'amore verso il crocifisso, anche premettendo qualche breve motivo: poi un atto di speranza del perdono, fidando nel sangue di Gesù Cristo: poi l'atto d'attrizione e dopo di contrizione,


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ma prima di proferir quest'atto di dolore, dica al popolo che quest'atto lo facciano per la confessione che vogliono fare; mentre, come dicono probabilmente molti autori, l'atto di pentimento, come materia del sacramento, dee esser fatto coll'intenzione diretta all'assoluzione da riceversi. Poi si faccia fare il proposito di non offendere più Dio e di volersi in quella stessa sera o nel dimani confessare, e di dire tutti i peccati e non lasciarne alcuno per rossore. E qui avverta inoltre il predicatore, da che comincia le prediche, così in fine d'ogni predica come dentro le prediche stesse, ad esortare sempre gli uditori che sentano quella predica con intenzione di confessarsi subito nella stessa sera o nella mattina seguente; perché se ciò non si comincia ad esortare da principio in questo modo, facilmente avviene che la gente si riduce tutta all'ultimo a confessarsi, e la missione riuscirà con confusione e poco profitto. Di più, nel far fare il proposito, qualche volta insinui in fine dell'atto di dolore il proposito particolare di certi peccati più usuali, come di non bestemmiare, di restituire la roba d'altri, di perdonare, di non offendere più la castità, e specialmente di fuggir l'occasione, avvertendo più volte nelle prediche che chi non toglie l'occasione prossima non può essere assoluto; il che s'intende anche de' padri e madri che fanno entrare in casa gli sposi delle loro figlie. E giova che il predicatore prema e torni a premere su questo punto del proposito, dicendo per esempio: Presto, risolviti ora di fare quella cosa che vuole Dio da te. Presto; che? vuoi che Dio t'abbandoni, se non ti risolvi?

 

Prima poi di finir la predica faccia sempre ricorrere il popolo a Maria ss. con farle domandar qualche grazia particolare, come la santa perseveranza, la buona morte, l'amore a Dio ecc. Per ultimo in darsi la benedizione al popolo col crocifisso, gli suggerisca ciò che ha da dire in ricevere la benedizione, per esempio: Dio mio, non ti voglio perdere più. O pure: Signore, se t'ho da offendere ancora, fammi prima morire. O pure: Signore, non permettere ch'io m'abbia da separare più da te. Basta quanto t'ho offeso, non ti voglio offendere più. Dio mio, per lo passato t'ho offeso, per l'avvenire ti voglio amare. Il predicatore, terminata la predica, si astenga d'imporre al popolo che dicano Ave Maria per le persone che l'han richieste (queste le faccia dire prima di cominciar la predica), perché altrimenti con dire quelle Ave Maria si raffredda la compunzione avuta. Meglio sarà dire alle donne che se ne vadano piangendo alla casa, pensando alla predica intesa; agli uomini poi si dirà che restino per andare appresso i padri che usciranno per li sentimenti o pure che restino a far la disciplina.

 

Motivi diversi per l'atto di dolore.

 

Peccatore mio, discaccia stasera il timore. Che paura hai? tu da tanti anni fuggi da Dio, e Dio non ha lasciato di venirti appresso; e stasera, che tu vuoi mutar vita e ti penti d'averlo offeso, ti vuole discacciare Dio? Presto pentiti, piangi ecc. 2. Dice s. Agostino: ecco, quel povero pastore perde un vitello e piange; perde una pecorella e piange: e tu hai perduto Dio, quel sommo bene, e non piangi? 3. Fratello mio, Dio ti va trovando per far pace con te; e tu non


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vuoi far pace con Dio? Presto su ec. 4. Hai timore che Gesù Cristo ti discacci? No, senti come Gesù Cristo dice nell'evangelio: Eum qui venit ad me non eiiciam foras1. Io non so discacciare chi viene a me pentito. Hai inteso? Presto ecc. 5. Oh quanto si consola Dio quando vede un peccatore che piange i peccati suoi! Fratello mio, quanti disgusti hai dati a Dio! Dagli questo gusto stasera, digli di cuore: Signor mio, mi pento di averti offeso. 6. Dimmi, peccatore: si meritava d'esser trattato Gesù Cristo come tu l'hai trattato? Ma Gesù Cristo non vuole che tu ti disperi; cercagli perdono ecc. 7. Hai desiderio tu d'essere perdonato da Dio? Sappi che Dio ha più desiderio di perdonare te. 8. Vedi qua Gesù Cristo, vedi quanto gli costa l'anima tua. Vedi quanto ha fatto per te. E tu hai perduto Gesù Cristo per niente! 9. Tu hai voltate le spalle a Dio, e Dio ha voltate le spalle a te. Ma senti come ti dice stasera Gesù Cristo: Convertimini ad me... et convertar ad vos2. Lascia il peccato, voltati a me, ed io t'abbraccio. 10. Peccatore, da quanti anni fuggi da Dio che ti viene appresso? Senti quel che ti dice stasera: Pecorella mia, ferma, ferma, non fuggire più da me, che ti voglio bene e ti voglio salva. 11. Ti parla stasera il Signore, quasi piangendo la tua ruina: Quare moriemini, domus Israel3? Figlio, ti dice, perché ti vuoi dannare e andare ad ardere ecc.? Ma tu dici: che ho da fare? i peccati son fatti. E perciò soggiunge il Signore: Revertimini et vivite4: Ritorna a me, pentiti, ed io ti perdono. 12. Ecco Gesù Cristo che sta colle braccia aperte e ti dice: Figlio, cercami perdono, perché ti voglio perdonare. 13. Peccatore, avresti desiderio di sentire ancora tu le parole che Gesù Cristo disse alla Maddalena: Mulier, remittuntur tibi peccata tua? Ma se le vuoi sentire, buttati tu pure, come la Maddalena, piangendo ai piedi suoi ecc. 14. Consolati, peccator mio, che non hai che fare con qualche uomo di terra, ma con Dio. Se avessi che fare con qualche persona che tu avessi offesa quanto hai offeso Dio, io ti direi che poca speranza ci è di perdono. Ma hai che fare con Dio ch'è d'infinita misericordia, l'avessi tu offeso per cinquant'anni continui con mille peccati mortali al giorno, basta che tu gli dica stasera: Signore, mi pento ecc.: e Dio ti risponde: Ed io ti perdono di tutti i disgusti che m'hai dato. Di questi motivi se ne possono formar molti altri simili. Si son posti i notati di sopra per esempio.

 

Queste son le regole per predicare; ma la prima regola è quella che diede il p.m. Avila ad un sacerdote, a cui dimandando questi qualche buona regola per predicare bene, rispose: «Se volete predicar bene, amate assai Gesù Cristo». Il predicar bene consiste nel conseguir l'intento della predica, cioè che gli ascoltanti si convertano a Dio e mettano in esecuzione quel che loro dice il predicatore; e questo è quel che ottengono i predicatori che assai amano Dio. Si narra nelle cronache teresiane5 di un certo padre scalzo teresiano, chiamato fra Giuliano di s. Paolo, che, predicando egli, con tutto che poco avesse studiato, le genti correano a folla ad ascoltarlo e si convertivano, cavando tutti gran frutto dalle sue


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prediche. Una persona dimandò a quel popolo che cosa trovassero di buono in quel predicatore, che tutti andavano a sentirlo? Risposero: «Noi andiamo a sentirlo perché è santo; egli piange alla messa, poco mangia, poco dorme, va sempre cogli occhi bassi, fa sempre orazione, non parla che cose di Dio e del nostro bene: e perciò facciamo quello che ci dice». Dunque avea ragione il padre Avila di dire che la prima e più importante regola di ben predicare è l'amare Dio.

 

Nota delle prediche che sogliono farsi nelle nostre missioni.

 

Oltre la predica del peccato mortale (dimostrando precisamente la sua malizia, per essere disprezzo di Dio) ed oltre le tre prediche de' novissimi, cioè morte, giudizio ed inferno, che si debbono sempre fare, non si lasci di fare la predica della confessione (prima di cominciare i novissimi), nella quale si dimostri specialmente la gravezza del sacrilegio e la ruina che apporta ad un'anima il peccato di tacere le colpe nella confessione. Di più non si lasci la predica della Madonna (che si farà immediatamente dopo la predica dell'inferno), parlando principalmente della confidenza che dobbiamo avere nella protezione di questa divina madre, a lei ricorrendo per superar le tentazioni e per fare buona morte. Di più non si lasci la predica della preghiera, cioè della necessità assoluta che abbiamo di raccomandarci sempre a Dio per ottener la perseveranza nel bene e la salute eterna; ed in questa predica s'insinui al popolo il modo pratico di raccomandarsi a Dio nel levarsi la mattina e nell'andare a letto la sera, nel sentir la messa, nel far la comunione, la visita al Venerabile ed a Maria Vergine, specialmente allorché ci assaltan le tentazioni. Questa predica si faccia in ogni missione; giacché senza la preghiera non può ottenersi la perseveranza. E quando in qualche missione piccola vi fosse poco tempo, almeno nell'ultima predica della benedizione si parli a lungo della preghiera. Le altre prediche poi sono arbitrarie secondo lo spirito del predicatore, e possono essere della misericordia di Dio, dei castighi spirituali e temporali del peccato, della divina chiamata, dell'importanza della salute, della vanità de' beni e mali temporali a confronto de' beni e mali eterni, del numero de' peccati o sia dell'abbandono di Dio (questa predica anche è di gran profitto per la perseveranza de' peccatori che si convertono), dell'impenitenza finale, dello scandalo e della perseveranza, che si farà nell'ultima predica della benedizione.

 




1 Prov. 21. 25.



2 Io. 6. 37.



1 Io. 6. 37.



2 Zachar. 1. 3.



3 Ezechiel. 18. 31.



4 Ibid.



5 Lib. 4. c. 17. n. 12.






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